Cap. 15- Il vello dell'ignoto

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NOLAN

L'ospedale di Denver già dal parcheggio mostrava una di quelle serate terrificanti dove gli infermieri vagano con sostanze immonde addosso e pezzi di nastro attaccati ai pantaloni come quei fantasmi giapponesi con le articolazioni dei polsi spezzate, bisognosi di pause o di caffeina e andare a oltranza.
Nolan conosceva parecchi di loro in quanto sbirro e tanti anche da prima, perché era stato rinchiuso nel contenimento poche ore dopo il suo arrivo per la prima volta in quella città.

Vecchie storie.

Adesso si sentiva pronto ad affrontare il medico di turno che poteva aiutarlo, ma prima doveva trovare il suo aggancio, un dottore dell'ospedale che in realtà era un licantropo.

La legge dei Trattati con le razze preternaturali prevedeva che non ci fossero werewolves in nessun luogo ospedaliero ad eccezione dei soli laboratori. Perché la licantropia era conosciuta come sindrome CLS e dunque contagiosa tramite fluidi corporei. Quali, quando e in che entità era tutto ancora elemento di studio, per cui a scanso di equivoci e soprattutto per il terrore delle mamme e diffuso dai membri ostili alle razze dell'HARA si era stabilito che nemmeno potessero insegnare nelle scuole.

Ragione per la quale ora erano soltanto Covert coloro che appartenevano a professioni mediche pur essendo licantropi e spesso, anche se erano di altre razze. In questo caso dovevano restare nascosti il più possibile.

L'ospedale era un posto popolato da creature in bianco sorrette solo da sostanze nervine e rancore verso il mondo, oltre ai sanitari dottoresse cazzute e abili chirurghe insieme a medici di prim'ordine, tutti rigorosamente bravi a disdegnare ogni cosa fosse umanità ed empatia, tranne un paio e di quel paio faceva parte anche un Covert, un Nascosto. Uno della sua stessa razza.

«Dottor Harrison! Cercavo proprio lei per quell'operazione per cambiare sesso!»
Trascinò il ginecologo biondo, benvestito e molto elegante, urlando quella frase in corsia mentre lo vedeva camminare con un tablet e un caffè in mano. Nello sgabuzzino il dottor Stephen Harrison lo fulminò con un'occhiata dei suoi occhi adulti, maturi, sempre affidabili.
«Non avevi una scusa più credibile, Nolan?»
«Ma scusa non era credibile?»
«Lasciamo perdere» sospirò il Beta del branco, uno dei due beta «Sarai qui per un motivo che ignoro, perché da quando l'Alpha ha iniziato a inviare le foto del suo pene sul gruppo del Branco chiedendoci pareri ho preferito tenerlo spento il telefonino»
«Sì, mi devi aiutare a trovare una persona. Potevo venire qui in veste di poliziotto ma ho preferito parlarci a tu per tu, è per quel casino successo l'altro giorno»
«Vado e torno. Non venire più a trovarmi facendo tanto rumore, sai come funziona, tu licantropo overt...devi starmi alla larga.» Con quell'affermazione se ne andò.

Un quarto d'ora dopo stava andando verso la stanza dove si trovava secondo Stephen il ragazzo, Dan. Non gli aveva preso regali, non aveva idea di cosa avrebbe potuto fargli piacere, si era soltanto preparato il discorso.
Come temeva, o sperava, Merida era lì. Fasciata in un abitino rosa corto al ginocchio e chiuso da una cintura nera sottile, orecchini a cerchio e braccialetti circolari metallici, lucidi e tintinnanti, stava accarezzando la guancia del ragazzo. Dan era privo dei capelli, rasato e se possibile più pallido della prima notte in cui lo aveva visto Nolan, aveva addosso il camice da ospedale dentro il quale spariva e attraverso la "V" dello scollo si vedeva lo sterno.
Ma lo riconobbe subito

«Agente...io...» cercò di sollevarsi in piedi ma la fatica glielo impedì e Nolan gli andò vicino
«Ho sentito come sono andate le cose, ho saputo di tua madre e mi dispiace. Sono certo che avrà delle attenuanti e è già uscita su cauzione, tutto questo non sarebbe dovuto succedere.»
«Credo fosse una farsa.»
«Che cosa?»
«Io non credo che potessero davvero rianimarmi come vampiro, agente» sussurrò Dan con voce roca e iniziò a sussultare sotto ai colpi di tosse, mentre Merida gli porgeva un bicchiere d'acqua, dopo si voltò e gli corse incontro rabbiosa «Nolan. Lo stai turbando! Non vedi che è già abbastanza scosso così? Lasciaci in pace, lascialo...»

Dan le fece un gesto per fermarla e lei obbedì.

I gesti di una persona che sta davvero morendo acquisiscono qualche cosa, quasi un'aura di rispetto. Paradossalmente è più difficile possederlo in vita, mentre quando si ha una qualche comunione ormai, o una maledizione, a legare così strettamente alla morte le persone tendono a rispettare di più chi è talmente toccato da una sorte per molti inaccettabile o inconcepibile.
Oltre a chiedersi che cosa determini un simile destino e al timore che tutti hanno per il fatto di morire, nonostante non esista al mondo nessuno capace davvero di impedirlo, c'entra qualcosa come un manto invisibile. Il vello dell'ignoto che quegli occhi cerchiati di occhiaie trasmettono.
«Gli stregoni hanno creato il cerchio per annientare i vampiri all'interno, non per aiutarli. Con il vostro intervento non avete interrotto un rituale di potere per aiutarmi, ma a questo scopo, molto più semplicemente. Mi stupisce che non ci sia arrivato nessun'altro»
Il Roano corrugò la fronte «Cos'è adesso leggi nel pensiero dei warlock?»

Dan si permise di ridacchiare, prima di un accesso di tosse che gli scosse la cassa toracica, così magro da vedersi le costole davanti allo sterno «No, signore, li ho solo sentiti parlare fra loro.»
Tornò a posare la nuca sudata sul cuscino. Merida lo accompagnò fuori

«Scusami per come ho reagito...io...» si tormentava le dita nervosamente producendo quel tintinnio in mezzo ai suoni dei macchinari e dei carrelli che percorrevano il corridoio «In realtà volevo ringraziarti. Lo so che questo non cambia le cose ma non volevo che finisse così, senza salutarlo e nel mezzo di una strage. Ti volevo dire che è prezioso quello che hai fatto anche se è regalargli solo qualche giorno e alla fine...qualche ora con me.»

«Ed io che speravo già in una storia di tragico destino fra noi, invece tu sei innamorata di lui, non è vero? Comunque tranquilla, sono fidanzato, non mi lascerai a struggermi dal dolore»

Merida lo guardò negli occhi «No, è solo un amico. Ma nemmeno tu mi piaci. Credo che il tuo radar da sbirro sia rotto.» imprecò 

Come siamo irritabili!

Fece un ghigno.

«Dio santo...Sono quasi pentita di averti ringraziato...» lo guardò male per una frazione di secondo. Poi si sorrisero amaramente e si lasciarono con la consapevolezza di ciò che li attendeva, ciascuno per la sua strada.

E adesso mi aspetta il vampiro...

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⏰ Last updated: Jul 17, 2020 ⏰

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BLOOD TOXIECITY- IN PAUSAWhere stories live. Discover now