6 - Il sacchetto dimenticato

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Quel pomeriggio Cloe aveva fatto un lungo bagno e poi una buca profondissima, scavando nella sabbia. Ci aveva creato intorno, con l'aiuto di papà, una sorta di fossato a spirale, da utilizzare come percorso per far scivolare la palla fin dentro la buca ed entrarci per recuperarla. Si era divertita così per un'ora buona, nel bagnasciuga, mentre i genitori leggevano tranquilli un catalogo turistico del territorio. Mancava poco al tramonto quando la chiamarono per salire in albergo.

- Ma guarda, hai la sabbia fin dentro il costume... Appena arriviamo in camera vai dritta in doccia - disse la mamma, più a sé stessa che alla figlia, mentre la strofinava con l'asciugamano.

Raccattarono tutte le cose, compreso ciò che restava della spazzatura del pranzo, che poi avrebbero gettato in un cestino, come papà aveva insegnato il giorno prima alla figlia. Quando però si furono incamminati verso la duna, Cloe vide qualcosa di indefinito svolazzare in lontananza per la spiaggia. Non si chiese che cosa fosse, lo trovò divertente e rise mentre la mamma, ignara, la faceva proseguire verso l'hotel, tenendola stretta per mano. Poi la bambina ripensò all'involucro di plastica che aveva trovato in mare il giorno prima. Sarebbe stato forse meglio afferrare quella cosa svolazzante prima che facesse la stessa fine, ma ormai la famiglia stava già discendendo la duna, verso la strada.

Quella sera cenarono prima del solito, perciò Cloe dopo la doccia ebbe solo tempo di fare un piccolo disegno della sua buca a spirale. Fecero poi tutti insieme una passeggiata tra le vie rumorose e movimentate del paese. C'era gente di tutte le età, musica di ogni tipo, odori di ogni cibo, negozi che vendevano qualsiasi cosa, luci, colori e giostre. Cloe si era fermata a guardare le catenelle che giravano a vuoto.

- Di tutte le giostre che ci sono ti piace quella dove non c'è nessuno? - chiese la mamma.

- Se fossero quelle grandi mi farei io un giro con lei - disse il papà.

- Già è un peccato... -

Rientrata in camera dopo un gustoso gelato, a Cloe tornò subito in mente la conchiglia. Chiese alla mamma di tenerla sul comodino e, appena spensero le luci, prima di dormire, Cloe la prese e la portò all'orecchio.

"Una voragine mi prende

e la mia utilità si spegne.

Sono fragile e abbandonato

al mio animo oscuro e dannato.

Deriso e incompreso dalla gente

che di Madre Natura non cura niente.

Nessuno vede, nessuno sente

Ma tutti parlano, parlano per niente.

La colpa è un frastuono

di cui la mia anima risuona.

È il duro tormento

per l'insano comportamento

che mio non è ma che mio sento."

La filastrocca, già sentita la sera precedente, risuonò di nuovo come una cantilena nelle orecchie della bambina, che cadde in un dormiveglia ricco di immaginazione.

Così il buio della camera s'illuminò dei raggi del sole e si riempì di colori, suoni e vento. Cloe si ritrovò, come per magia, sospesa dentro l'ormai familiare bolla generata dalla conchiglia, nel mezzo di una spiaggia affollata.

"Una famiglia numerosa si stava radunando sotto l'ombrellone per un pranzo al sacco leggero ma succulento. Un sacchetto di plastica, gonfio e pesante, venne tirato fuori da una grande borsa frigo e posato con cura sul telo mare, insieme a bicchieri, piattini e posate. La difficoltà, in quel momento di sistemazione, era certamente tenere la sabbia fuori dal banchetto e il vento non aiutava, ma dopo qualche minuto erano tutti pronti a darsi allegramente il 'buon appetito'. Aprirono il sacchetto e lo svuotarono in un attimo di tutti i gustosi panini e calzoni che lo riempivano - Cloe ne sentiva l'odore invitante di prosciutto e pizza - cospargendo il telo mare di involucri di pellicola e carta stagnola accartocciati. Poi, soddisfatta, la famiglia passò all'insalata di riso e, infine, alla frutta, dimenticandosi del sacchetto di plastica aperto e di tutte le scartoffie lasciate a terra. Un soffio di vento fece con quei rifiuti ciò che aveva fatto poco prima con la sabbia: li smosse, li sollevò e li fece viaggiare rasoterra tra le gambe della famigliola nell'area intorno all'ombrellone. Ma con il sacchetto, l'aria ebbe un effetto non poco diverso da quello di una mongolfiera: lo gonfiò, entrando nell'apertura tra i manici, e lo sospinse lontano."

La bolla di Cloe venne portata dal vento nella stessa direzione e seguì quindi tutta la traiettoria del sacchetto.

"Il rifiuto volò per diversi metri, fino a raggiungere la riva e cadere a pelo dell'acqua. Il mare quel giorno era leggermente agitato e la risacca delle onde trascinò il sacchetto sempre più in fondo, portandolo in breve tempo a fluttuare in mare aperto, poco lontano dal piccolo porto di pedalò e pescherecci. Da quelle parti i gabbiani trovavano cibo in abbondanza e si raggruppavano spesso tra di loro, così un piccolo stormo iniziò a sorvolare il mare per scandagliarlo a colpo d'occhio. Alla flebile luce della sera, i riflessi sull'acqua creavano un effetto argenteo particolarmente affascinante ma che confondeva molto la vista degli uccelli. Un gabbiano notò qualcosa di leggermente biancastro appena sotto la superficie, chiuse le ali e si tuffò in picchiata, lo catturò con il becco e poi volò fino al molo. Lì, tentò per diversi minuti di sminuzzare e deglutire la sua preda ma l'unico risultato fu rischiare di soffocarsi. L'ingenuo gabbiano capì allora che quello non poteva essere un pesce, lo sputò e lo guardò meglio: era trasparente e, riverso a terra, era chiaro che non aveva né corpo, né peso, né sostanza da mettere nello stomaco. Era, infatti, il sacchetto di plastica che era stato lasciato al vento. Il gabbiano lo disdegnò con uno sguardo, si voltò verso il mare e caricò un salto per riprendere il volo ma, nello sbattere le ali, spinse inavvertitamente di nuovo in acqua il sacchetto che ora, tutto bucherellato dal becco del volatile, finì ben più a fondo rispetto a prima."

Cloe aveva assistito a tutto. Aveva visto la distanza che le onde avevano fatto percorrere al sacchetto fino al porto, il gabbiano che lo prendeva, il cambio di luce e atmosfera, fino al calare del sole. Dall'azzurro, al rosso, all'argento, fino al blu indaco della sera e poi al buio della notte, rischiarata solo da una grande luna. Era stato stupefacente.

"Nella notte, le onde cullarono il sacchetto di plastica, ormai immerso, e lo condussero in chissà quale direzione, finché un pesce di medie dimensioni, non finì a scontrarvisi con il muso e, nel buio, senza capire dove fosse incappato, vi rimase intrappolato. Il povero pesce ansimò per diverse ore: le sue piccole branchie erano coperte dalla trappola invisibile in cui era finito e non riusciva a respirare bene. Cercò di liberarsi, muovendosi freneticamente, ma la coda gli permetteva di nuotare solo in avanti e, con le pinne mezze imbrigliate, non riusciva a ruotarsi in altre direzioni. La sua unica speranza era che le onde e le correnti, al momento troppo calme, si agitassero almeno un po'."

Cloe, immersa nell'inquietudine delle acque buie della notte, nel vederlo, soffriva per lui. Avrebbe desiderato tanto aiutarlo ma la bolla questa volta non scoppiava e non le permetteva di avvicinarsi. Ora capiva le parole della filastrocca, si sentiva esattamente come quel povero sacchetto dimenticato e impotente.

"Nel frattempo il mare si era riempito di luce e colori che il pesce intravedeva attraverso la membrana semi-trasparente della trappola, ansimando come non mai. Cominciava però a percepire più movimento nell'acqua. Forse c'era una speranza.

E la salvezza, fortunatamente arrivò. Una forza esterna sfilò il sacchetto dalla testa del povero pesce, che poté tornare a respirare e a vedere il mare nitidamente con i suoi occhi, esperti del proprio habitat ma ancora troppo ingenui per convivere con le sconosciute cose introdotte dagli estranei esseri di terra che negli ultimi tempi terrorizzavano i mari.

Non tutti però erano cattivi, doveva riconoscerlo. Infatti quel giorno, il pesce si accorse di essere stato liberato proprio da uno di loro, tutto nero e blu, con due occhi enormi, un corno sulla testa che emetteva bolle e due strane pinne."

Cloe identificò quella creatura salvatrice che per il pesce era tanto strana, come un sub. Fu sollevata nel vederlo gettare il rifiuto in un grande sacco che aveva a bordo della barca da cui si era tuffato e assicurarsi che da lì non ne uscisse più.

A quel punto, tutto sfumò. Il buio si fece strada davanti agli occhi della bambina e si espanse fino ad avvolgerla, mentre la bolla scoppiava, facendola riadagiare sul comodo letto della propria camera d'albergo.

"Sii come quel sub, Cloe. Potresti cambiare il mondo. Buona notte!"

Con questa frase e la filastrocca del sacchetto dimenticato che le risuonava in testa, la bambina, si addormentò.

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