Capitolo 15:

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Dopo ore passate tra fotografie d'infanzia e filmati di recite scolastiche a Eriel sembrò il caso di porre una domanda di relativa importanza.
"Mikail" Lo richiamò il moro, la sua voce era flebile, quasi un sussurro comparato al suo solito tono squillante.
Il biondo si voltò a guardarlo, gli occhi azzurri si soffermarono su quelli verdi di Eriel.
Il giovane moro lo guardava in modo interrogativo.
"Perché non ci sono tue foto da piccolo? Intendo... piccolo piccolo. Quelle che mi hai mostrato iniziano tutte dopo i sei anni" Le spalle del biondo ebbero un tremito.
Il suo sguardo gioioso si fece improvvisamente serio e un'ombra malevola gli oscurò il viso perfetto.
Mikail si leccò le labbra secche, sfregando insieme le grandi mani pallide e calde.
Sollevò lo sguardo sull'amato e, quando sul suo viso lesse curiosità non poté fare a meno che rispondere. Prese un grosso respiro e, avvicinandosi di poco al corpo dell'altro prese le mani di Eriel nelle sue grandi ma, incredibilmente fredde.
"C'è una cosa che devo dirti..." Iniziò Mikail con tono tremante. Un brivido corse lungo la schiena del moro, mai aveva udito il tono dell'attore farsi così insicuro.
"Una cosa che spiegherà perché sono stato costretto a mettere in atto questa messa in scena" Continuò Mikail, stringendo le mani del compagno con più forza, come se tentasse di rassicurarlo senza tuttavia riuscirci. Eriel annuì facendosi attento, accavallò le gambe e guardò Mikail dritto negli occhi. Il biondo non sembrava felice di intavolare quell'argomento.
"Vedi..." Iniziò titubante. 
Eriel gli strinse le mani e sorrise incoraggiante.
"Io sono stato adottato quando aveva cinque anni" Disse Mikail lentamente, scandendo ogni parola, non volendo rischiare fraintendimenti.
Eriel sospirò.
L'aveva intuito da giorni, più precisamente da quando Ian gli aveva mostrato alcune delle foto di famiglia. "L'avevo intuito..." Disse il moro, sorridendogli con fare gentile e non colpevolizzante.
Il biondo batté un paio di volte le palpebre poi sorrise, ricordandosi di avere per le mani un giovane di incredibile talento e dall'intelligenza innata.
"Quindi è per questo che non volevi che i paparazzi scavassero nel tuo passato?" Mikail annuì ma, poi scosse negativamente la testa.
Eriel sollevò le sopracciglia ed inclinò il capo, non comprendendo quei segni contrastanti.
"Non solo per quello. Essere adottati non è certo motivo di imbarazzo" Disse Mikail, quello era uno dei messaggi che voleva dare alle famiglie e ai più giovani.
Mai provare imbarazzo o fastidio di essere stati adottati.
Il biondo scosse il capo e prese un grosso respiro, iniziando a raccontare. "Hai mai sentito parlare di Christopher Smirnov?" Domandò l'attore con tono estremamente serio e basso, quasi non volesse che qualcuno lo sentisse pronunciare quel nome.
Eriel scosse la testa. Mai sentito nominare. Forse era un bene o forse un male.
"Lui è... il mio vero padre. E diciamo che... non è una brava persona" Disse Mikail, abbassando lo sguardo per qualche istante, stringendo con più forza le mani di Eriel nelle proprio che, rimase silenziosamente in ascolto.
"Ho vissuto con lui e la mia vera madre fino al compimento di cinque anni" Iniziò il biondo, senza però accennare ad alcun tipo di particolare sugli anni passati con i suoi veri genitori.
"Poi venni smistato in un orfanotrofio... gli uomini..." E si interruppe, come se avesse paura di continuare quel discorso.
Eriel deglutì e si leccò le labbra, comprendendo quanto dovesse essere difficile confessargli quegli avvenimenti così dolorosi.
"Gli uomini dei servizi sociali mi trovarono in casa dei miei, accanto al corpo senza vita di mia madre..." Un groppo gli si formò in gola e gli occhi si riempirono di lacrime.
Eriel si morse le labbra e lo abbracciò, concentrando tutta la propria forza nelle braccia sottili.
Desiderava che Mikail lo sentisse, che sentisse che era lì con lui e che non lo avrebbe mai lasciato, mai.
"Mi dispiace tanto" Sussurro Eriel, correndo con una mano ad accarezzargli i capelli biondi. "Fermati, non devi continuare. Posso aspettare che tu sia pronto a raccontarmi tutto" Disse il moro, non volendo affrettare i tempi e rischiare di riaprire vecchie e dolorose ferite. Mikail deglutì un paio di volte ed allontanò Eriel da sé.
"No, devi sapere. Devi sapere chi è mio padre..." Ringhiò Mikail, un lampo gli attraversò lo sguardo. Eriel gli strinse con forza una mano.
"Mio... mio padre le aveva sparato un colpo di pistola in testa..." Continuò Mikail, stringendo la mano del più giovane nelle propria.
Eriel sobbalzò, non aspettandosi una simile stretta.
"Io dormivo. Se fossi stato sveglio avrei potuto fare qualcosa!" Disse lui in un sibilo rabbioso.
Eriel gli strinse un braccio e lo costrinse a guardarlo. Il suo sguardo era serio, impassibile.
"O avrebbe potuto uccidere anche te! Avevi cinque anni Mikail... non colpevolizzarti per qualcosa che non avresti potuto cambiare" Disse Eriel, carezzandogli il bicipe gonfio e coperto di vene.
Il biondo sorrise amaramente e, chinandosi in avanti poggiò la testa contro la spalla di Eriel, lui lo strinse a sé, cercando di confortarlo.
"Quando mi svegliai, dopo aver sentito lo sparo andai in camera dei miei genitori, mia madre era nel letto..." E si interruppe chiudendo gli occhi, come se il ricordo del viso distorto di sua madre gli fosse tornato alla mente, chiaro e luminoso come un fulmine nella notte.
"Aveva gli occhi spalancati in preda al terrore, la bocca spalancata, come se avesse urlato per il dolore e... un foro in mezzo alla fronte... il cuscino...Dio! Era pieno di sangue..." Sussurrò Mikail, stringendo le mani a pugno, immaginando ancora di stringere il guanciale rosso della madre. Eriel gli accarezzò le spalle, i capelli e le guance.
"Mio padre..." Disse con astio quella parola, arrivando a mordersi il labbro inferiore a sangue, gli occhi rossi per il pianto.
"Era scappato. Aveva preso un borsone e vi aveva buttato dentro abiti, gioielli e soldi" Continuò Mikail, raccontando tutto con maggiore lucidità.
"Sono rimasto al fianco di mia madre per due settimane intere. Non mangiai nulla, non bevvi nulla... mi allontanavo solamente per andare al bagno" Eriel lo ascoltava silenziosamente, aveva un groppo in gola, sentiva che presto sarebbe scoppiato a piangere ma, cerco di trattenersi, in quel momento era Mikail quello che aveva bisogno di conforto.
"Dopo due settimane qualcuno bussò alla mia porta" Un sorriso gli illuminò il viso.
"Mi ricordo ancora la sua voce, liquida e dolce come il miele. Una donna bionda entrò in casa e chiamò a gran voce il nome mio e di mia madre, io non volevo allontanarmi da lei, eppure venni attirato da quella voce... corsi al piano di sotto e mi butti tra quelle braccia magre, ma che però mi strinsero con forza" Una lacrima sfuggì ad Eriel e gli rigò il viso.
Il giovane batté velocemente le palpebre, cercando di cacciare le lacrime e deglutì, rendendo muto il singhiozzo che avrebbe voluto lasciare le sue labbra.
"Ti ho mentito riguardo Irina. Ha lavorato come modella ma quello, quello era un lavoretto, un hobby. In realtà, ciò che la rendeva veramente fiera era essere un assistente sociale..." Rivelò Mikail, sorridendo con gioia per la prima volta da quando aveva iniziato quel lungo racconto.
Eriel accarezzò le braccia forti di lui e sorrise a propria volta. Sapeva che Irina era forte, lo aveva capito la prima volta che l'aveva vista.
"La presi per mano e la portai al piano superiore e, le mostrai il corpo di mia madre. Lei chiamò un ambulanza, anche se ormai era tutto inutile, forse voleva darmi ancora qualche piccola speranza, farmi credere che mia madre stava solo dormendo e che quel buco che aveva in fronte poteva essere curato..." Eriel baciò la fronte di Mikail, qualche ciuffo biondo ricadde sopra la pelle imperlata di sudore.
"Irina mi portò all'orfanotrofio, ma non vi rimasi molto, qualche tempo dopo tornò con Igor e delle carte per l'adozione. Mi ricordo che Igor mi prese in braccio e mi tenne stretto finché non arrivammo a casa..." Continuò Mikail, ricordando ancora quella sensazione, le braccia robuste di suo padre, il suo vero padre, che lo stringevano e lo guidavano.
"Fu allora che conobbi Jonathan e Marika" Mikail sorrise a quel ricordo e finalmente si scostò da Eriel. "Marika correva in giro per casa con il pannolino, era buffa, mi fece ridere subito appena la vidi. Non ridevo da settimane e lei riuscì a sottrarmi un sorriso. Jonathan che al tempo aveva sette anni credo... credo mi squadrò per un mese intero. Quando eravamo a cena, mentre guardavamo la televisione e persino quando io andavo all'asilo e quando ero lontano da lui, che andava a scuola, sentivo sempre i suoi occhi fissi sulla schiena... arrivai a pensare che mi odiasse" Disse Mikail con un sorriso. Eriel sorrise a propria volta, non riuscendo nemmeno ad immaginare che Jonathan potesse anche lontanamente aver provato odio Mikail.
"Poi un giorno dei bambini più grandi mi presero di mira. Ero magrolino, quasi scheletrico, un bersaglio facile per loro, mi rubarono i colori e mi tirarono i capelli..." Iniziò Mikail, ricordando quel momento come fosse oro.
"Jonathan... ricordo che corse subito in mia difesa, in quel momento stava andando in palestra con la sua classe e, per raggiungere la palestra bisognava passare davanti all'asilo..." Asilo e elementari si trovavano nello stesso edificio, la palestra era al piano terra, l'asilo al primo piano e le elementari al secondo.
"Quando mi vide in un angolino con quelli che mi prendevano in giro scattò, corse dentro l'asilo e tirò un pugno in faccia ai due bambini che mi stavano picchiando.
Venne rincorso dalla maestra che gli fece una bella ramanzina, ovviamente furono chiamati sia Irina che Igor, ma a lui non era né interessato né minimamente preoccupato e, quando la maestra gli domandò perché avesse agito in quella maniera disse semplicemente che aveva difeso suo fratellino dai bulli..." Mikail sorrise con le lacrime agli occhi e, contagiò subito Eriel.
"Quella frase mi fece capire che Jonathan non mi odiava, anzi, mi teneva d'occhio per evitare che finissi nei guai. Da quel giorno divenne il mio eroe" Continuò Mikail, lasciando che Eriel gli stringesse una mano. "Quando quel giorno tornammo a casa i corsi subito ad abbracciare il mio fratellone. Irina ed Igor non sembravano arrabbiati con Jonathan, anzi sembravano fieri di lui, certo gli spiegarono che non era necessario usare la violenza!" Eriel rise.
Trovò Jonathan incredibilmente tenero, aveva assunto il suo ruolo di fratello maggiore alla perfezione.
"Nessuno osò mai più darmi fastidio, né alle elementari, né alle medie e nemmeno alle superiori" Eriel alzò le sopracciglia divertito. 
Mikail gli aveva mostrato una foto di Jonathan alle superiori, nessuno avrebbe dato fastidio a Mikail sapendo che in seguito avrebbe dovuto vedersela con la montagna di muscoli che era suo fratello.
Il viso del biondi si oscurò di colpo e dopo aver preso un grosso respiro riprese a parlare.
"Irina ed Igor solo dieci anni dopo mi dissero la situazione in cui si trovava mio padre. Era un ricercato di fama mondiale, era ricercato in Russia, Stati Uniti e Europa. A lui si doveva la morte di duecento persone, la rapina a dieci banche e alla vendita di stupefacenti..." Disse Mikail rabbrividendo.
"Anni fa è stato arrestato, ma dopo un singolo anno di prigione è evaso. A quanto pare alcuni suoi complici lo hanno aiutato a fuggire, due di questi rimasero uccisi durante la fuga e, quattro poliziotti furono feriti, due non superarono la notte" Eriel ebbe un capogiro, solo pensare che un uomo del genere fosse libero di circolare liberamente lo disgustava. "Non sono riusciti a trovarlo?" Chiese Eriel.
Mikail scosse il capo e si lasciò cadere contro il moro.
"Lo stanno ancora cercando, sembra che negli ultimi anni abbia guadagnato un seguito di teppisti idioti, che gli coprono le spalle in ogni occasione" Eriel storse il naso. Teppisti idioti era esattamente il nome che gli avrebbe affibbiato Eriel.
"Non ha mai provato a contattarti?" Mikail con grande sconforto da parte di Eriel annuì.
"Qualche mese fa. Mi ha proposto di entrare a far parte della sua cricca e mi chiedeva scusa per le divergenze che aveva avuto in passato..." Divergenze, pensò Eriel, certo sparare in testa a sua moglie poteva essere definita divergenza.
"Mi chiese di presentarmi in un determinato posto ad una determinata ora, ovviamente non lo feci e avvertii la polizia, ma quando arrivarono sul posto dell'incontro era già troppo tardi, il bastardo se l'era data a gambe..." Eriel posò la testa contro la spalla di Mikail.
"Quindi... per questo la finta" Mikail annuì, anche se quella non era una domanda.
"Ora non si può più definire così" Eriel gli sorrise e Mikail si chinò verso di lui e gli lasciò un bacio sulla labbra. "Portiamo gli album di sotto, gli altri si chiederanno dove siamo finiti" Disse il biondo, asciugandosi il viso con la manica del maglione.
Eriel annuì e raccolse gli album e, insieme si diressero alla porta. 

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