Il ballo degli scarafaggi (II)

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Dopo il successo con la tesina di Sinistri, un altro evento favorevole saluta l'ingresso nel mese di marzo. Come diagnosticato dai migliori medici di Viacampo, il mio ginocchio è finalmente guarito, libero di salutare quel guscio variopinto che le guerre di biscotti hanno imbrattato di ogni sporcizia.

Quando il dottore taglia il gesso, il fiato si fa caldo: la lama penetra nella materia rigida, taglia la scritta del binomio, mozza la testa di Marco nella vignetta della Casa Rossa, il logo della Brooklyn nel mezzo. Trasformata in una fontana di lacrime, devo supplicare le infermiere di lasciarmi portare a casa quel blocco polveroso e sminuzzato.

«Allora, sei di nuovo funzionante?» mi chiede al telefono Marco quella stessa sera.

«Certo» gli rispondo e tiro su con il naso un soffio di rammarico nel vedere il cadavere del gesso.

Colpa dei mesi di inattività, la gamba è diventata sottile come la zampa di un pollo. Mi rincuora sapere che nei mesi che mi separano da maggio, quando sarà tempo di pantaloncini corti e bikini, riuscirò ad allenare i muscoli e, con della buona fisioterapia, a cavarmela con una piccola cicatrice sul ginocchio.

«Ce la fai a camminare?» mi chiede Marco al cellulare.

«Ma certo!»

«Anche stasera?»

Che ha in mente, quello zuccone? Stacco la cornetta dall'orecchio e osservo il calendario, per assicurarmi di non avere scordato un evento importante. Marco, per non vendere i suoi progetti, è così gentile da sbattermi il telefono in faccia e da presentarsi un'ora dopo, senza invito, a bordo di Floyd.

«Per la cronaca so camminare benissimo» lo rimprovero. «E la prossima volta che riagganci senza salutare, vedrai che so anche tirare dei calci micidiali.»

Lui è così su di giri che sembra avere bevuto un intruglio di Red Bull, caffeina e integratori al ginseng, le spalle che si muovono inarrestabili sotto la felpa da basket.

«Ah, Nanà! Potrai picchiarmi tutte le volte che vorrai, ma adesso acqua in bocca con tua madre che dobbiamo sgattaiolare via!»

L'acqua in bocca è di dovere, visto che sto per salire su un motorino destinato a una sola persona e con un casco senza laccetto, unica cintura di sicurezza le braccia allacciate al petto di Marco.

«Dove andiamo?» gli chiedo.

«A riprenderci la normalità, Nanà! Reggiti forte!»

Ne capisco il senso solo quando intravedo i gradini dello Yeti. È dal ritorno di Marco dall'Irlanda che non ci metto piede e l'idea di imbattermi in Alex non mi rallegra, ma proprio quando medito di opporre resistenza, un sottile ciarlare richiama la mia attenzione.

«È arrivata Nina! Siete pronti?»

La voce scivolata da sotto la porta appartiene a Biagio.

«Marco, se state organizzando uno scherzo...»

«Ma taci, Nanà!»

Socchiudo il portone per essere accolta da un silenzio tombale e quando supero il corridoio dagli sgabelli alti, prima del palchetto dove mi incontravo con Ivan, una pioggia di coriandoli riempie il chiaroscuro della volta a botte.

«Evviva, Nina» grida Biagio. «Nina ha di nuovo due gambe!»

Un coriandolo cade nell'occhio destro, una lacrima lo incolla all'iride e devo strofinare per tirarlo via. Sparsi per la stanzetta, ci sono i miei amici più cari, ad applaudire e ridere.

«Nina ha sempre avuto due gambe, idiota» dice Yuri, seduto sul bancone dello Yeti con la classica birra rossa.

«Sì, ma una non funzionava» sbotta Biagio.

Binomio - 1Where stories live. Discover now