Il ballo degli scarafaggi (III)

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Nei giorni successivi, polverizzo quello sguardo di Celeste etichettandolo come una distorsione di percezione, un equivoco enfatizzato dai fiumi dell'alcol. Se c'è un dettaglio di quella serata che invece non riesco a fondere nella fucina del dimenticatoio, è il pensiero delle labbra di Marco incollate alla mie. Ci siamo detti che non cambiava niente, che era giusto, che era solo un bacio e allora perché, ogni volta che lo vedo, la bocca trilla del desiderio di riprovare?

In più pomeriggi, quando facciamo le versioni o merenda, mi incanto a studiare i mille movimenti delle sue labbra, come tira gli angoli quando ride, quanto siano graziose anche se sporche della schiuma di un cappuccino. E arrivo alla conclusione che sono un tranello diabolico, peggio delle ciliegie e del cioccolato.

La tentazione diventa un richiamo infernale quando non siamo soli. A casa mia posso accarezzargli la bocca con la scusa di un granello di zucchero o uno sbuffo di panna, oppure per fingere di tirargli un buffetto, ma come fare ora che i nostri amici hanno triplicato le uscite collettive?

Una bella doccia fredda per placare i bollenti ardori!

Devo sfoderare la mia efficientissima forza di resistenza per non cedere, soprattutto nelle serate in cui l'alcol regna sovrano. Ci sono degli attimi in cui Marco mi prende per mano, come alla festa dei miei diciassette anni, 28 marzo, quando organizzo una grigliata in spiaggia.

Mi porta dietro al salice piangente, la pianta dove un anno prima stendevamo la tenda e la coperta a scacchi, e mi guarda, come se mi volesse mangiare, ma si trattiene perché ha paura. Appoggia la fronte alla mia, uno sfioramento di nasi, due respiri che si fondono e la sua voce che scivola nella mia bocca:

«Buon compleanno, Nanà».

Le sue labbra cantano la formula magica e io sono attratta da loro come la Bella Addormentata dall'ago di un fuso. Ma se Marco è il principe azzurro, un altro bacio che male farebbe?

Scosto la nuca dal tronco, le fronde del salice che ci cadono attorno come una tenda naturale. La mano di Marco mi piega il mento, lo porta in avanti e...

«Nina! Dai che apriamo i regali!»

Valentina. E se non è lei è Biagio, o Marina ancora fissata con Giacomo e in cerca di una confidente; perfino Yuri, lui che ha intuito cosa sta succedendo, ma metterci i bastoni tra le ruote lo diverte.

«Ragazzi, venite a vedere!» strilla Pietro. Lo storico amico comunista di Stefano lascia i ferri da barbecue, attira la nostra attenzione. «Biagio è caduto nel lago con la bici!»

Marco sbuffa, io esplicito un "coglione". E per il resto della serata lo prendiamo in giro, attorno al focolare, perché quello sciocco nell'impennare la bicicletta è volato dritto nel lago. Solo Monica piange a dirotto perché il suo Biagio gronda acqua più del Titanic bucato da un iceberg.

«E che palle che sei!» tuona lui, stufo di averla sempre attaccata al braccio. «Facciamo che vai a rompere a qualcun altro e chiudiamola qui!»

«Serata movimentata» commenta Valentina, assaporando un goccio di birra.

Meno movimentata è la vita di tutti i giorni. Aprile mi punisce per le mie nottate brave provocandomi grandi fitte e gonfiamenti alla gamba. Il fisioterapista mi rimprovera per non averla allenata gradualmente, aumenta gli appuntamenti per la riabilitazione e mi costringe ad andare a scuola in bicicletta.

«Prendendotela con calma, niente gare di velocità o sforzi, serve solo per tonificare il muscolo.»

Il risultato? Sveglia mezz'ora prima e via a pedalare verso il reame della cultura! L'obbligo della bicicletta ha un unico risvolto positivo: Nicola parte alla mia stessa ora e ci incrociamo sempre al semaforo per fare il tragitto insieme.

Binomio - 1Where stories live. Discover now