Il tanga del peccato (I)

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Con la storia di Biagio, le nostre visite alla clinica e l'arrivo di Marlyn, io e Marco perdiamo fin troppi giorni di scuola. Quando torno in classe, trovo Stefano alla finestra, nella classica posa alla hippy-comunista: sigaretta tra le dita, gomito buttato sul davanzale.

Ma non è la pessima postura ad attirare la mia attenzione, né il sorrisetto imbarazzato con cui mi saluta o il Drum ormai svaporato. È un cerotto appiccicato sul naso a cavarmi il fiato, una striscia bianca tanto grande da coprire metà delle guance.

«Che ti è successo?» gli chiedo. Un tarlo di sospetto gracchia un nome scontato: Marco.

Ma lui non dà corda al mio sospetto, lo riduce a un ronzio fin troppo insistente nelle curve del cervello. Mette invece in fila un paio di parole a caso, giusto per farmi stare zitta:

«Mi conosci, Nina» mi dice. «Avevo troppo sonno per fare le scale e allora ho preferito rotolare fino all'ultimo gradino».

Fulmineo cambia argomento, un'azione che insospettirebbe perfino una talpa miope e sorda. Mi chiede di Biagio, se questo pomeriggio mi va di andare a trovarlo insieme, se di recente ho visto Yuri o parlato con Monica, dopo averla consolata alla clinica.

I suoi discorsi alla rinfusa sono nebbia buttata negli occhi, un tentativo di confondermi, ma l'esperienza ha munito le palpebre di tergicristalli, mi ha resa incapace di zittire quel sospetto.

Fosse solo la benda che orna il naso di Stefano, non mi allarmerei. Penserei a un caso. Ma poi c'è la mano di Marco, morsa da quel cucciolone di Marlyn, che non apre bocca nemmeno se gli tiri la coda. La somma di due casi genera una coincidenza. Se poi si considera il contesto generale, lo sfondo sul quale recitano i personaggi, ci sono tutte le carte in regola per ritenere la coincidenza un indizio.

Per il resto della giornata, cerco di trovare la chiave del mistero, ma è tutto inutile: l'unico lasso di tempo, in cui Marco avrebbe potuto spaccare il naso a Stefano, coincide con la spesa che io e Anna abbiamo fatto al negozio di animali.

"È impossibile" ridacchia il grillo, annoiato dalla lezione di fisica. "Marco avrebbe dovuto pianificare la rissa, lasciare a casa Marlyn, correre da Stefano in periferia, spaccargli la faccia, precipitarsi in centro e sistemarsi la garza. Lo ritieni fattibile?"

Mi sento tanto Jessica Fletcher, la Signora in Giallo, con le mie mille supposizioni. Mi serve una prova e so dove trovarla: la mano di Marco. Il pomeriggio sono a casa Zuccato per studiare matematica e con il grande sollievo di Rita, allarmata dalla mia assenza nell'ultimo periodo, mi fermo per pranzo.

Quando Marco corre in bagno per lavarsi le mani, lo seguo. Dovrà pure togliersi la benda, e io so cosa sto cercando: i segni lasciati dai denti di Marlyn.

Fallimento: Marco evita di lavare la mano ferita. Così, a pranzo, indago con Massimo in merito alle vaccinazioni necessarie in seguito al morso di un cane.

«Sei un fenomeno, Nina!» mi arruffa i capelli, ridendo come un matto e, come se volesse scagionare il figlio, cambia discorso.

Quando sono le quattro di pomeriggio, passo al terzo piano.

«Dovremmo controllare la mano» esclamo, interrompendo la seduta di matematica. «Bisognerebbe cambiare la benda. Ti aiuto.»

Tolgo la clip che tiene ferma la garza, ma subito Marco si irrigidisce.

«Vuoi che ti attacchi la rabbia, Nanà?»

«Quanto sei egoista! E io che volevo condividere con te anche la malattia!»

Una scusa dopo l'altra, una battuta dopo uno scherzo, Marco diventa improvvisamente sveglio e acuto, comprende le mie intenzioni e trova sempre il modo per sgattaiolare via, quando passo all'azione. Concludo che non sarei un buon detective: Sherlock non mi chiederebbe mai di diventare il suo Watson.

Binomio - 1Where stories live. Discover now