29. 𝐔𝐧'𝐨𝐜𝐜𝐚𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐟𝐮𝐠𝐠𝐢𝐫𝐞 (Queenie)

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Era il primo giorno dell'anno 1928, o almeno così dicevano i calendari.
Queenie Goldstein aveva perso la cognizione del tempo già da chissà quanto. Apparentemente non sembrava, ma i giorni passavano anche nell'appartamento numero 9 di Largo da Lapa, o come lo chiamava lei, "la sua prigione personale".

Era così che Queenie si sentiva da tempo. Rinchiusa dentro quattro mura che parevano tanto fragili quanto impenetrabili, a giocare una partita a carte con se stessa, cercando risposte invisibili alle sue domande quando sulla città e sulla casa calava il silenzio.

Da un po' cercava disperatamente un piano, un'idea che la aiutasse a fuggire da quel luogo in cui era stufa di rimanere. Ogni ora era più noiosa della precedente e come se non bastasse la ragazza aveva anche perso la sua unica compagnia: Credence. O Aurelius, ormai non ci capiva più niente.
Il ragazzo passava sempre più tempo con Gellert Grindelwald, lasciandola sola insieme ai suoi pensieri.

Che cosa mi rimane?

Se lo chiedeva spesso. Non trovava risposte concrete, solo speranze forse vane.
Sperava che sua sorella Tina non l'avesse dimenticata, che non la odiasse per ciò che aveva fatto e per averla abbandonata. Si sentiva uno schifo solo a pensarci.
Soprattutto sperava di non perdere Jacob. Tutte le sue azioni dell'ultimo anno, l'unirsi ai seguaci di Grindelwald....le aveva compiute solo per lui.

Ma ora si era resa conto che l'amore è un po' come una corda sul punto di rompersi tesa tra due persone: siamo noi a decidere se tagliarla o no. Quella corda tiene legati due cuori e nonostante siano distanti, li fa battere all'unisono.

Non aveva intenzione di prendere la forbice e spezzare il legame che la univa a Jacob e a sua sorella. Non lo avrebbe fatto nemmeno in un milione di anni. Si trattava solo di spegnere il cuore un piccolo secondo, di lasciar ragionare la mente. Non le importava quanto facile o difficile sarebbe risultato: sarebbe tornata dal suo amato e avrebbe sistemato le cose, così come sarebbe tornata da Tina e le avrebbe chiesto scusa per averla abbandonata in quel modo. Le serviva solo un piano.

La porta della stanza dove si trovava sbatté violentemente.
«Ciao, Queenie. Ancora a piangerti addosso? Ti rovinerai gli occhi così...»
Quella voce fastidiosa intrisa di superiorità poteva rispondere ad un solo nome.
«Ciao, Tolliver» la donna ricambiò il saluto con indifferenza, infastidita alla sola vista dell'uomo.
Da quando era tornato insieme a Vinda Rosier, due giorni prima, non faceva altro che assillarla con le sue stupide domande fuori luogo e completamente inutili. Come se pensasse di ringraziarla così per averlo salvato dalle grinfie di Grindelwald.

«Non era questo che ti avevo chiesto di fare. Ti avevo detto di tenerli d'occhio fino alla battaglia...»
«Io...mio signore, è stato tutto un malinteso, posso spiegare...» tentò di giustificarsi Achilles Tolliver. Nessuno dei seguaci aveva saputo l'identità del Novellino fino a quel momento e su Queenie la scoperta ebbe il solo effetto di aumentare l'odio che già provava per quell'uomo.
«Non voglio alcuna spiegazione da un codardo» disse Grindelwald, seccato «La verità è che sei diventato preda del tuo stesso orgoglio, stolto».
Queenie assisteva alla scena a debita distanza dai due, insieme a tutti gli altri accoliti, compresi Vinda Rosier e Credence.
«L'orgoglio divora le anime dei pavidi come un leone e tu ne sei l'esempio vivente» il mago voltò le spalle a Tolliver, che aveva cominciato a tremare e a sentirsi piccolo di fronte al mago più potente del mondo «Mi rifiuto di dilungarmi oltre...»
Uno scatto improvviso. Grindelwald impugnò la bacchetta di sambuco a una velocità impressionante, puntando contro l'ormai ex auror del Macusa.
Forse per pietà o perchè non voleva assistere ad un'ulteriore uccisione davanti ai suoi occhi, Queenie si fece strada tra la folla e si parò tra i due maghi.
«NO!»
"Perchè lo stai facendo?"
La sua coscienza non aveva tutti i torti...ma ormai la donna aveva fatto la sua mossa.
Nella stanza era calato il silenzio più totale. Nessuno osava fiatare. Queenie sentiva il legno della bacchetta di Grindelwald sfiorarle il collo. Percepiva la morte ad un passo da lei, ma trovò il coraggio di parlare.
«Ci può servire. È sempre un membro in più dell'Armata. Perdendo lui perderemmo informazioni preziose».
Gellert Grindelwald le puntò i suoi occhi di ghiaccio addosso e un brivido le percorse la schiena: non era la prima volta che Queenie metteva alla prova la sua pazienza.
«Ci pensi».
Piano piano, il mago abbassò la bacchetta e si girò verso i seguaci.
«Vi avverto: la mia pazienza non è infinita. Il prossimo che oserà disobbedire agli ordini farà una brutta fine...» fece una pausa «Spero di essere stato chiaro. Per il bene superiore».
«Per il bene superiore» risposero in coro i seguaci, Queenie e Tolliver compresi.

Sotto la pioggia (a Fantastic Beasts Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora