22. Dolor

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Abby

Uccidere è un po' come imparare a camminare: i primi tentativi sono sempre mossi dalla paura e traballanti, ma una volta superata quella fase, tutto il resto diventa quasi un gioco.

Dopo la prova fallita con la prima umana – Katie – Russell mi ha sottoposto a una nuova sessione di elettroshock. Sopportarla è stata più semplice delle volte precedenti, ma il senso di vuoto bruciante è stato decisamente peggiore da accettare rispetto a prima.

Per fortuna la sensazione di disconnessione dalla realtà è durata pochi giorni, e, aiutata dalla dose sempre più increscente di medicine somministrate da mio padre, sono riuscita a rimettermi in sesto con addosso solo il peso delle scottature sui polsi e sulle tempie.

Gli allenamenti nella stanza numero 4 sono raddoppiati nel giro di pochi giorni, passando dall'unica seduta della mattina a due o tre volte: dopo la colazione, nel pomeriggio, e anche dopo cena... Ma solo nei giorni in cui prima di dormire non dovevo essere sottoposta a qualche breve seduta di elettrostimolazione.

La prima forma di vita che ho ucciso con la forza della mente è stata una cavia da laboratorio. Russell me l'ha fatta trovare nella stanza, libera e vigile, mentre scorrazzava sulle mattonelle in pietra, chiedendosi probabilmente perché diavolo fosse finita lì o forse solo dove potesse trovare dei rimasugli ammuffiti di formaggio.

Uccidere quel topo con gli occhi iniettati di sangue e il pelo corto e bianco è stato precisamente il primo passo che ho compiuto verso un baratro di azioni involontarie e scelte inconsapevoli. Tutte decisioni irreversibilmente riparabili. Tutti errori disumani ai quali non ho potuto né voluto dire di no.

Quando ho fissato negli occhi la cavia stretta nella mano sinistra, le zampette irrigidite dalla paura e gli occhi cupi, e le ho trasmesso nella piccola scatola cranica decine e decine di immagini dolorose, diffondendole probabilmente una sensazione di pesantezza asfissiante, mio padre mi stava guardando con le braccia conserte e la schiena appoggiata al muro, proprio all'ingresso della stanza. E quando ha visto il topo emettere dapprima dei versi di agonia terrificanti e poi contorcersi su se stesso nella mia mano, immobilizzandosi del tutto l'attimo dopo, ha sorriso soddisfatto e se n'è andato, lasciandomi da sola con la carcassa dell'animale sul palmo e una sensazione di vuoto mentale inaspettatamente piacevole.

Dopo la prima cavia, gli allenamenti successivi sono stati tutti più impegnativi dal punto di vista della concentrazione ma più semplici da quello della messa in pratica: nel giro di qualche giorno ho ucciso a mente fredda quattro uccelli, una volpe, due gatti e persino un serpente attorcigliato al mio braccio. Quando il rettile verde si è improvvisamente staccato da me, crollando a terra esanime come se mi fossi accidentalmente persa un bracciale dal polso, mi sono persino messa a ridere da sola nella stanza. E la mia risata mi è risuonata nella testa così vuota e cupa da farmi rabbrividire. Come se non appartenesse davvero a me.

Cornelius si è mostrato nei miei confronti sempre più soddisfatto e clemente, e, di conseguenza, anche Russell. Mi è stato concesso una volta a settimana di cenare e di bere un calice di vino rosso con loro, ridendo di qualche atto meschino compiuto durante la gioventù di mio padre.

Nel giro di pochissimo tempo sono diventata un'altra me. Più fredda. Più silenziosa. Più cattiva.

E loro sono fieri di me.

«Abby.» Russell bussa alla mia porta e tira già la maniglia poco dopo. «Prendi la pillola della mattina e andiamo. Tra qualche minuto inizia l'allenamento.»

Sospiro piano, riempiendo i polmoni d'aria, e sorrido all'immagine di me stessa riflessa allo specchio attaccato al muro: sono già in abiti informali, una t-shirt nera a maniche corte e un paio di jeans a vita larga che mi padre ha pensato di regalarmi dopo la mia prima uccisione con il Dolor. Una ricompensa, come ha specificato lui.

Hybrid - Legami SpezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora