4. L'Agente Kane.

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Jared.

Arrivo di fronte all'ufficio di David Clint con le mani infilate nelle tasche e un'espressione di pacata compostezza. Non guardo neppure l'orologio allacciato al polso per capire che sono in un notevole ritardo: in realtà, scalfire la precaria pazienza delle due persone che mi stanno aspettando lì dentro è proprio il risultato che spero di ottenere. Inizio ad andare fiero della mia strafottenza meditata, accompagnata da un tocco di calma innocente che manderebbe su tutte le furie chiunque.

Mi fermo di fronte alla porta e mi aggiusto i capelli con le mani, sperando di non dargli un'aria troppo ordinata. Allo stesso modo, la maglietta sgualcita e strappata su una manica e i pantaloni della tuta usurati danno l'idea giusta del mio stato d'animo, ovvero quello del "non ho voglia di mettermi in tiro per un altro stupido interrogatorio".

Non ho voglia di mostrarmi perfetto, perché perfetto non lo sono nemmeno un po'.

La verità è che sto cadendo a pezzi, minato da qualcosa di interiore, ma il resistente muro di cinta che mi sono costruito all'esterno sta facendo egregiamente il proprio lavoro: mi fa vedere intatto agli occhi di tutti. Ed è proprio questo di cui ho bisogno. Consapevolezze e apparenze.

«Ma è normale che ci metta così tanto?» domanda una voce femminile all'interno della stanza. È la prima volta che la sento parlare, ma non ho dubbi in merito alla sua provenienza: dev'essere senz'altro Madison Kane, l'investigatrice Celeste arruolata per decisione di John Seymour e della Corte di Giustizia di Danville. Rimango subito stupito dal suo tono... mansueto. Non sembrava urtata, quando ha posto la domanda, ma solo preoccupata.

Non andrai molto lontano, agente Kane, se ti preoccupi dell'incolumità di un potenziale colpevole.

La risata di David riempie la stanza e appare squillante e denigratoria. «Signorina Kane, Evans è uno dei Guerrieri più carismatici, spigliati e trasgressori del comune senso delle regole di tutta la Caserma. Conoscendolo, si presenterà. Ma lo farà a modo suo.»

«Ottima interpretazione, David. Mai pensato di fare lo psicologo?» esordisco, aprendo velocemente la porta. Non busso nemmeno per richiamare la loro attenzione su di me in maniera anticipata. Gli ospiti in primo piano possono entrare in scena quando più lo desiderano. E poi l'effetto sorpresa è impagabile... Vedere le bocche schiudersi per lo stupore e far passare quei due o tre secondi di strano imbarazzo è una delle più grandi e sterili soddisfazioni che uno come me possa prendersi dalla vita.

Madison Kane scatta subito sull'attenti, tirandosi su dalla poltrona di fronte a David come se sotto al sedere avesse delle molle. A causa del gesto repentino fa cadere a terra il blocco notes che teneva sulle gambe, che si spalma sul pavimento in una cascata di fogli volanti.

«Oh, maledizione...» sussurra tra i denti, avvampando sul volto «Che sbadata. Mi dispiace» continua a ripetere, chinandosi sulle ginocchia per raccogliere il tutto. I capelli neri, che le ricadono in ciocche lisce fino all'altezza delle spalle, le coprono un viso colto dal disappunto per aver commesso una gaffe così imbranata. La vedo sbattere forsennatamente le ciglia scure e scandagliare gli occhi blu notte su ogni oggetto fuori posto, come se anche lei ne fosse uno.

Io rimango fermo e la fisso, colpito in apparenza dalla sua scarsa furbizia. Sollevo un angolo della bocca in un sorrisetto derisorio e fisso la donna, che su per giù avrà poco più della mia età.

«Mi dispiace averla colta di soprassalto, signorina... Kane» mi presento alla fine, come se non fosse successo nulla.

David mi lancia subito un'occhiataccia, mentre aiuta la donna a raccattare gli ultimi fogli dal pavimento; glieli porge con un sorriso impostato e la invita a sedersi di nuovo.

Hybrid - Legami SpezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora