8. Sensi di colpa

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•8:50•
Le labbra umide e morbide di Dylan tamponate dolcemente sulle mie mi svegliarono da un breve sonno.
Aprii gli occhi, e subito la mia testa iniziò a dare i primi postumi del dopo sbronza, ma vedere il ragazzo moro, muscoloso, con gli occhi brillanti, seduto fianco a me che mi sveglia con un bacio e mi sposta un ciuffo fi capelli dietro l'orecchio permettendomi di vederlo meglio, distoglie a pieno il terribile mal di testa.
Dy: <Salato la mattina giusto?>
Mi alzai di scatto, e me ne pentii, portai di scatto la mano sulla fronte e spalancai gli occhi per il dolore.
S: <Odio il salato la mattina. Non osare.> dissi con voce dolorante e stanca.
Dy: <Lo so piccola, scherzavo. Pancake e un bel oki> disse ridendo delle mie condizioni. Mi diede un altro bacio frettoloso e poi tornò dritto in cucina a prepararmi i pancake, lasciandomi sul volto un sorriso imbarazzato.
Immersa del pensiero del piccolo bacio, iniziai a sentire uno strano fastidio al collo, mi faceva male, sentivo pulsare la pelle in un punto preciso sul lato sinistro, provai a grattarmi ma non passava la pulsazione, strofinai ma nulla, non capivo che avevo.
Mi alzai dal letto e mi diressi fronte allo specchio, spalancai gli occhi alla vista della macchia rossa tendente al violaceo che risultava sin troppo evidente sul mio collo.
Mi diressi in cucina, ignara che la sera precedente avesse lasciato segni sul mio corpo.
S: <Mi devi dire qualcosa?> chiesi arrivando in cucina con una faccia seria e falsamente arrabbiata.
Dylan alzo gli occhi e si preoccupo un secondo, poi mi rispose.
Dy: <Aspetta, okey che eri ubriaca ma non ti ho violentata, eri consenziente. Anche se ci siamo solo baciati.> la preoccupazione nei suoi occhi mi fece scoppiare a ridere mandando a rotoli il mio piano di scherzo vendicativo per il succhiotto sul collo.
Prima di avvicinarmi a lui, lo scrutai per bene, aveva il grembiule da chef sopra al suo petto ampio e al momento scoperto e sotto indossava dei semplici shorts neri di tuta, il completo in se non era nulla di che, ma su di lui rilasciava una tale attrazione che decisi di avvicinarlo e farlo di nuovo mio.
Gli misi le braccia lungo il collo e nel mentre notai che su di esso era presente la stessa macchia, un po più piccola ma altrettanto evidentemente, che tanto mi turbava questa mattina.
S:<Cazzo, Cazzo, Cazzo...> dissi allontanandomi da lui.
S: <Abbiamo entrambi un succhiotto. Come lo nascondiamo, Ly sapeva che eri qui, mi aveva visto alla fine della festa, il mio collo era limpido,e ora, lo abbiamo entrambi. Se lo avessi solo io sarebbe stato facile nasconderlo, ma entrambi dopo che hai dormito qui, no. Poi vivo con lei non posso usare il correttore sempre. Che facciamo? Tra poco è a casa!Non voglio farla star male Dylan.> Gli dissi guardandolo dritto negli occhi per cercare qualche risposta. Ero in panico, non sapevo che fare.
Dy: <Parliamone con lei. Diciamole la verità.> disse senza pensarci. Io invece spalancai gli occhi alla pazzia che aveva appena detto.
S: <Che ne è del "non voglio che si rovini la vostra amicizia"??>
Dy: <Era prima del nostro bacio.>
S: <Ti prego dimmi che stai scherzando. Mi ucciderebbe, ti ha sempre amato, stimato, e tu l'hai rifiutata. Ti ricordi? L'avevi pure baciata da ubriaco. Cosa le dico?> iniziai a camminare per la cucina pensando alle mille scuse che avrebbero insabbiato la verità e che quindi avrebbero evitato la tristezza di Ly.
Dy: <Torneremo a come eravamo prima?>
S: <Abbiamo fatto un errore.> dissi urlando senza pensarci. Il cuore mi si fermò, quelle parole erano l'esatto opposto di cio che pensavo. Il mio corpo non aveva mai desiderato altro se non quello che era successo ieri sera. Ormai era troppo tardi, vidi negli occhi di Dylan una piccola scintilla di tristezza che stava esplodendo, ma abbasso la testa per evitarmi l'accesso al dialogo con i suoi occhi.
Dy: <La colazione è sul bancone.> mi rispose con voce rocca deviando il discorso. Subito non capivo cosa volesse dire con questo gesto, con questo totale cambio di discorso, ma quando lo vidi slacciarsi il grembiule, poggiando sul bancone e uscirsene dalla porta d'entrata dopo aver preso la maglietta facendomi capire che quelle sarebbero state le ultime parole che mi avrebbe rivolto...

Sapete, vedere qualcuno andarsene, per lo più arrabbiato con te e in quel modo è una cosa che ho gia vissuto. Quando mio padre se ne andò, io ero sul divano che lo guardavo, aveva appena finito di litigare con mamma e io stavo piangendo fronte ai suoi occhi, ma lui si girò aprii la porta e non tornò piu. Quel giorno restai ore a fissare la maniglia della porta in attesa di un piccolo segno di spostamento che indicasse il suo ritorno a casa, ma da quel giorno casa Zenzolo non vide più nemmeno l'ombra di mio padre.
Lo sbattersi della porta che indicava la divisione fisica dei nostri corpi aveva spezzato in piccoli pezzi ogni parte di felicita che mi si era creata in queste 15 ore, e la cosa piu dura da affrontare è ,e sarebbe stata sempre, che se quello fosse stato un'addio, lo sarebbe stato solo per colpa mia.
Riposai i pancake sul pianale, non li avevo nemmeno toccati, il senso di colpa stava riempiendo ogni singolo millimetro del mio stomaco e della mia mente.
Sentii la porta aprirsi, alzai lo sguardo e vidi Ly accompagnata da Derek, entrare con un sorriso che copriva tutto il volto, e notandolo mi assicurai che pure il mio viso non ne fosse privo, anche se pur la differenza tra il mio e il suo era visibile.
S: <Dormito bene? Sempre che abbiate dormito.> dissi per fingere che tutto andasse bene e che il mio sarcasmo era pronto a giocarsela tutta pur di non influire il mio umore a quello  di Ly.
Dk: <Fa sempre cosi?> chiese Derek a Lydia non abbastanza sottovoce da sfuggire al mio udito.
S: <Abitualmente. Sono quella immatura delle due, sai abbandonata dal padre, mamma inesistente, nonni...> Ly mi mise la sua mano sulla bocca per zittirmi e io capii che il mio piano contro l'emozioni era fallito. Avevo appena smascherato tutto il mio senso di colpa.
Corsi in bagno, avevo le mani appoggiate sul lavandino e la testa china per non vedere nei miei occhi il disprezzo che sentivo dentro di me, ma alzai lo stesso la testa allo specchio, gli occhi erano invasi da onde salate e il resto del mio corpo stava creando un terremoto tale da farle uscire tutto di un fiato. Presi il correttore e cercando di controllare il mio continuo tremolio, lo spalmai sul collo nascondendo l'unica cosa che avesse segnato la serata pazzesca che avevo distrutto minuti fa...

Posso odiarti per un istante?Where stories live. Discover now