18. Dylan

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PENSIERI DI DYLAN
Mi alzai dal tavolo, e lasciai la stanza per andare lontano da lei.
Una parte di me ha sempre saputo che non sarei stato io, non avrebbe mai scelto me, quindi ero pronto a dover abbandonare ogni singolo ricordo con lei.
Presi le chiavi della macchina che si trovavano appese al mobiletto sull'entrata, mi fermai un secondo davanti alla porta, il mio cuore diceva di non andare, di tornare in quella stanza e lottare, ma la parte cosciente di me sapeva che l'avrei semplicemente fatta soffrire se lottare sarebbe significato urlare e litigare tutto il tempo.
Mi ripresi, scollai di dosso i brividi dolore, e uscii di casa asciugando le ultime lacrime con il dorso della mano.
Il tempo sarebbe peggiorato a breve, in lontananza vi si vedevano nubi grigiognole venire verso di noi, ma io salii lo stesso sulla mia bmw mono colore.
Misi in moto, e non appena sentii partire il motore, il mio dolore, la mia ira, il mio senso di rifiuto sopravvalsero su ogni tipo di mio sentimento, lasciando uscire dalla mia gola un urlo d'ira.
Non ci vedevo piu dalla rabbia, tirai pure un pugno al cruscotto lesionando un po le mie nocche, il sangue su di essere sporco la maglietta che misi prima di uscire, rendendomi un perfetto idiota.
Dovevo calmarmi, respirai profondamente e guidare, ripetevo a me stesso, e cosi feci...anche se la mia testa era altrove, rimisi in moto la macchina e me ne andai.

La città era cauta, la gente cercava ripari per la tempesta che stava arrivando, mentre io cercavo riparo da una semplice ragazza...colei che sarebbe riuscita a regalarmi ogni tipo di felicità, ma ha dovuto rinunciare.

Dopo qualche quarto d'ora che guidavo verso il mio posto tranquillo, mi fermai in una tavola calda, per fare benzina e bere un caffè che mi tenesse sveglio.
Parcheggiai tra due macchine, una blu e una rossa, poi entrai e mi sedetti al primo tavolo libero.

C: <Ei posso prendere il tuo ordine?> chiese una cameriera vestita con un grembiule classico.
D: <Un caffè e dei pan...meglio solo un caffè grazie> dissi sentendo l'irregolare battito del mio cuore alla sola parola "pancake".
C: <Ecco a lei> disse porgendo l'ordine sul tavolo.
Dy: <Grazie.> risposi con un sorriso del tutto falso.
La cameriera scrutò meglio il mio viso, poi si straní e il suo volto divenne incuriosito.
C: <Lei è Dylan giusto? L'attore di teen wolf.> chiese in fine dando un senso alla sua espressione.
Dy: <Si, sono io.> dissi ridendo.
Se pur il mio umore non era delle migliore, mai e poi mai avrei deluso questa ragazza, era una mia fan e si meritava tutto il rispetto da parte mia...è cosi che devo fare, è cosi che vorrebbe voluto che io facessi Sara.

Bevetti il mio caffè in poco tempo, pagai e uscii, i pensieri erano troppi e quello strano peso surreale che sentivo dentro di me iniziava ad ingrandirsi e addolorarmi sempre di piu.
Dy: < Virgin Ro 27> dissi al navigatore prima di ripartire per un'altra mezz'ora.

25 minuti dopo
Mi trovai in un viale, parcheggiai la macchina davanti ad esso, era molto lungo e pieno di case.
Le abitazioni avevano colori brillanti, i quali facevano ben che intendere che fossero bifamiliari.
Il mio "posto felice" era li a pochi passi. Vi starete chiedendo cosa ci sia di felice in una villa color cristallo con gli infissi marroni, per lo piu l'unica con colori tenui, ma la risposta è semplice, avevo bisogno della persona che vi ci abitava.
Bussai alla porta e un marmocchio alto si e no 1 metro la spalancò completamente. Sul volto aveva un sorriso lucente e i suoi capelli biondi platino, brillavano al riflesso del sole.
Dy: <Tu devi essere Newt.> dissi al bambino.
N: <Papaaaaaaaaaaa> urlò spaventato da me e dal fatto che non sapesse chi fossi.
Secondi dopo, in suo aiuto, arrivò lui, la persona per cui ero venuto.
T: <Dylan...> disse con aria molto stupita e felice.
T: <Che ci fai qui?>.

Il ragazzo, ormai uomo, qui davanti a me si chiama Thomas Brodie, compagno di avventure e di lavoro. Non vedevo Thomas da un anno, ma è sempre stato un ottimo amico su cui contare, per questo ora mi trovo qui.

Lo abbracciai intensamente dandogli qualche pacca sulla spalla.
Dy: <Mi sei mancato fratello.> dissi staccandomi da lui. Il suo volto era felice ma il mio, se pur fossi entusiarto, non aveva voglia di sorridere per davvero.
T: <Di cosa hai bisogno?> chiese poi.
Dy: <Parlare...> dissi mostrando quel poco di fragilità che sarebbe bastata a far intuire il mio reale stato d'animo.
T: <Sediamoci, ti offro da bere.> e sul suo volto il sorriso deviò lentamente.
Due birre, seduti su un tavolo di legno pregiato, diedero inizio alla nostre chiacchere...suo figlio, i miei problemi, sua moglie...Sara...

Dy: <È cresciuto in fretta Newt.> dissi guardandolo giocare con le macchinine sul tappeto, e lui fece lo stesso.
T: <Non lo vedi da tanto...> disse riportando lo sguardo su di me.
T: <Tu la ami?>
Le sue parole erano chiare, talmente chiare che risvegliarono le farfalle nel mio stomaco e i brividi sulla mia pelle.
Non pensai troppo, risposti di getto dicendo anche cose che mon sarebbero servite...
Dy: <Io ho bisogno di lei. I suoi occhi, fissi su di me, che dicono molto di piu delle parole, molto di piu dei gesti. Lei è collegata a me in un modo inspiegabile, sento che siamo fatti per stare insieme...non giuro il per sempre ma ora, ora lei è tutto cio di cui ho bisogno Thomas...> dissi mozzandomi la lingua per non piangere.
T: <Perche sei ancora qui allora?> Il sorriso sul suo volto, causato dalle mie parole, stava a dimostrare quanto veramente il mio amico ci teneva a me, e alla mia felicità.
Dy: <Lei ha scelto...lei ha bisogno della sua migliore amica.> dissi contraendo i muscoli del mio corpo per fingere di deviare il dolore delle mie parole.
Thomas sospirò poi tornò a guardarmi con uno strano bagliore negli occhi...
T: <Non importa che ha detto, non importa che lei abbia voluto la sua amica al posto tuo, è giovane, è normale. Ti ha fatto vedere cosa sente per te, ti ha permesso la connessione fisica con lei...lei ti ama e se te la lascerai scappare non saprai mai se il vostro potrebbe essere un per sempre...a modo vostro...>
Lei...lei ti ama...ripetei nella mia testa.
Il cuore batteva fortissimo, ma non cosi forte da colmare i sensi di colpa per non essere rimasto a fargli capire che c'era un altra soluzione, che avremmo potuto trovare un compromesso.
Dy: <Torno a casa?> chiesi al mio amico interrompendo le mille colpe che mi stavo accusando nella mente.
T: <Va da lei fratello.> disse alzandosi in piedi e abbracciandomi una volta che mi fossi alzato anche io.
Salutai Newt augurandogli il meglio, poi mi diressi verso l'unica certezza che mi era stata ingiustamente tolta...

20 minuti dopo
L'autostrada scorreva a velocità media, il mio corpo cercava di reggere ogni tipo di dolore, con la scusa che una volta che fossi arrivato sarebbe tutto andato meglio.
Le mie mani sudavano, il mio cure batteva irregolarmente in base a ciò che pensavo, e in base a quante cose riuscissero a ricordarmi lei e i suoi stupendi occhi.

Sentirsi mancare qualcuno è come sentirsi vivi. Sogni di poterla incontrare al bar, al vostro bar, e per questo esci, che ci sia il sole o la pioggia, e vai in quel bar, a bere qualcosa fingendo di non essere li per lei. La mancanza di qualcuno ti fa sognare di girare la testa, in auto in una corsia a due, e vedere i su occhi fissi sulla strada, con le mani sul volante, ma che ogni tanto si alternano per sposare le ciocche dei capelli dagli occhi. Vivere è sognare, chiudere gli occhi e immaginare, essere li, dove vuoi, con chi vuoi...
E cosi feci.
Le palpebre cederono l'un l'altra serrandosi dolcemente tra loro, e la vidi, nel buio vidi lei, sorridente, appena sveglia sul mio petto voluminoso...solo noi due...insieme.

Gli occhi si aprirono di scatto, persi il controllo dell'auto, non riuscendo più a seguirne i suoi movimenti.
Non frenava, il volante non girava, e la mia testa era insana per riuscire a gestire ciò che stava succedendo...e cosi in un secondo, la macchina, scivolando sul cemento bagnato dal temporale, andò a schiantarsi frontalmente su un muro, spiaccicando il muso su di esso.
Sentii una botta fortissima che catapultò il mio corpo fuori dall'auto rompendo il parabrezza...ogni mio osso urlava di dolore, ma il mio cuore batteva a stento, non avevo forza per urlare, cosi, sentendo il sangue colare dalla mia testa, richiusi gli occhi, in attesa di rivederla nel buio...

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