Capitolo 11

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Capitolo 11 (scusate l'attesa ma sto finendo gli ultimi esami poi posterò più spesso)

Andrea

Io e Roberta iniziammo a passare sempre più tempo insieme, incontrandoci spesso nella sua pasticceria quando finiva di lavorare. Ogni giorno che passava imparavo sempre di più a conoscerla e ogni giorno mi piaceva sempre di più. Era energia pura, pronta a fare qualsiasi cosa senza esitazioni, si lanciava nella vita con allegria e coraggio e sopratutto parlava, parlava sempre, portava rumore in quella che fino ad ora era stata un'esistenza parecchio silenziosa. Essere cresciuto in collegio mi aveva segnato, lì il rigore e la disciplina erano la base, e il chiasso non era ben tollerato; avevo così imparato a stare in zitto, a parlare solo quando necessario. Roberta era il mio contrario, un flusso continuo di parole che scorreva ininterrottamente a tutte le ore. Stava diventando lentamente il sottofondo della mia vita che fino ad ora mi era mancato.
-E allora ho detto a Roberto che no, i tatuaggi non si sciolgono nell'acqua e che sarebbero rimasti sul mio corpo per sempre ... Non mi è sembrato molto convito però- Ero seduto ad un tavolino della pasticceria di Roberta mentre sistemava le ultime cose prima di accompagnarla a casa e parlava di tatuaggi da quelle che mi sembravano ore, guardavo la sua bocca muoversi ad una velocità per me assurda.
-Finito, possiamo andare, vuoi fermati a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame, oppure prendiamo qualcosa e possiamo mangiare a casa mia, sono abbastanza convinta di farti entrare questa volta sai?- Erano diversi giorni che la accompagnavo a casa e mai una volta mi aveva invitato a salire, e io non mi ero mai permesso di proporglielo, volevo fare le cose bene e con calma, per paura che sparisse di nuovo.
-Abbastanza convinta ?- dissi io facendole il verso.
-Si sai, ti sei comportato bene in questi giorni, e non ho più paura che tu mi uccida da un momento all'altro quindi si, prendiamo qualcosa da mangiare e poi andiamo da me-
-Che io ti ucci...-
-Forza che ho fame !- mi interruppe Roberta trascinarmi per un braccio verso la porta.
Ci fermammo in pizzeria e ne ordinammo due da asporto, poi ci avviammo verso casa di Roberta.
Viveva in una piccola villetta nella periferia della città, in una zona tranquilla.
Una volta dentro Roberta si avviò decisa verso quella che pensavo fosse la cucina lasciandomi libero di guardare il salotto indisturbato.
La casa era piuttosto minimalista, bianco e nero facevano da padrone, cosa che strideva molto con l'aspetto colorato di Roberta.
L'unica cosa che sembrava stonare era una foto, con una cornice multicolore, posata su una mensola sopra il televisore. Ritraeva una famiglia sorridente, i genitori baciavano contemporaneamente le guance di una bambina bionda.
-Sono i miei genitori- mi girai e vidi Roberta in piedi con due piatti fumanti in mano. Mi avvicinai e la aiutai ad apparecchiare il piccolo tavolo in salotto.
-È l'ultima foto felice che abbiamo insieme, poi hanno divorziato e hanno per sempre distrutto la mia idea di famiglia perfetta-
-Quanti anni avevi?- chiesi
-Sette, otto, non ricordo bene. Pensavo si amassero perdutamente, poi un giorno mio padre è tornato a casa e tutte le sue valige erano in corridoio, dopo che mia mamma aveva trovato tutti i messaggi che si scambiava con le sue amanti-
-Più di una?-
-Stando a mia mamma circa tre-
-Però...- dissi mentre masticavo una fetta di pizza.
-È per questo che sono scappata, tu mi sembravi troppo deciso, volevi troppo da me, io non sono fatta per le relazioni durature, ho troppa paura di soffrire, come ha sofferto mia mamma-
-Quello che voglio da te non è cambiato lo sai, quindi perché sono qui?-
-Perché una persona mi ha fatto capire che non posso vivere nella paura per sempre, che magari proprio tu che, senza offesa, hai l'aria di quello che le ragazze le usa una volta e poi le scarica da qualche parte, potevi aggiustarmi-
-Tu non sei da aggiustare Roberta, sei perfetta così come sei, con le tue paure e i tuoi mille colori-
Allungai la mano verso di lei che la prese senza esitazione -Il fatto che tu ti fida così tanto di me mi fa capire che ho fatto bene ad insistere con te, hai ragione quando dici che le ragazze le uso, l'ho fatto in passato, non volevo legarmi a nessuno, ma quando ti ho vista, non ho capito più nulla, sapevo solo che dovevo conoscerti meglio e Dio se sono contento di averlo fatto-
-Andrea?- disse Roberta
-Si?-
-Ora sarebbe il momento perfetto per baciarmi-
-Prometti che non scapperai?-
-È casa mia, non posso di certo andarmene, al massimo ti butto fuori, ma cred...-
Interruppi il nuovo monologo che sapevo stava iniziando attirandola verso di me e posando finalmente le mie labbra sulle sue.

La mia sindrome di StendhalWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu