Capitolo 3

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Capitolo 3

Roberta:

Invece lo vedevo dappertutto. Per strada, al parco, al centro commerciale, al bar. Ovunque mi girassi lui era lì, con i suoi occhi verdi, i lunghi capelli biondi sempre spettinati e quell'aria strafottente, come se non gli importasse nulla del mondo che lo circondava. Ma nonostante la sua immancabile facciata da stronzo lo vedevo fare piccoli gesti che, ai miei occhi, lo rendevano assolutamente irresistibile; lo avevo visto spesso con una ragazza e ogni volta le apriva la porta, che fosse della macchina o di un locale, oppure si spostava sul lato esterno della strada quando camminavano vicini. Abitavo li da anni e non l'avevo mai notato, ed all'improvviso lo vedevo ogni giorno. Appoggiai la borsa sul tavolo e sbattei con non poca delicatezza la fronte contro la superficie scura.

-Roberta, va tutto bene ?- mi chiese Roberto posando una tazzina di caffè davanti a me.

-Lo vedo ogni giorno, dovunque io mi giri, lui è lì- mormorai.

-Di chi stai parlando ?-

-Del ragazzo biondo, quello che mi ha macchiato la borsa-

-Magari abita qui vicino-

-Me ne sarei accorta, è difficile non notarlo-

-Forse non l'avevi mai visto davvero- disse alzando le dita e mimando le virgolette per aria sull'ultima parola.

-Che vuoi dire ?-

-Quando cammini vedi un sacco di persone attorno a te, bambini, donne, uomini che, come te, girano per strada e fanno la loro vita, senza mai intralciare la tua, ma quando queste vite in un qualche modo si mischiano alla tua, le vedi davvero. Forse con quel ragazzo è capitato proprio questo. L'hai visto per davvero. Sai, c'è differenza tra vedere una persona e guardarla semplicemente. - Fissai Roberto sbattendo piano le palpebre -Chi ti ha insegnato ad essere così saggio?- chiesi. Un sorriso malinconico spuntò sulla sua bocca -La mia Mary, lei era una donna molto saggia- così dicendo afferrò la tazzina sporca ed i soldi che avevo appoggiato sul tavolo e se ne tornò dietro al bancone. Sospirai e mi alzai ripensando a quello che Roberto aveva appena detto. Persa nei miei pensieri arrivai alla mia pasticceria e aprii la porta, girando il cartello da "chiuso" ad "aperto". Avevo due grandi passioni nella vita, la pasticceria e l'arte, che cercavo di unire mischiando opere famose a zucchero e farina. Mi infilai il grembiule ed entrai nel retro dove c'era il laboratorio. Poco dopo, mentre stavo sistemando gli ultimi pasticcini nell'espositore di vetro, la porta si aprì.

-Salve- disse una voce femminile.

-Buongiorno- dissi alzando la testa e pulendomi le mani -Posso aiutarla ?-

-Si sto...Sto cercando una torta, è il compleanno di un mio amico ma...- si interruppe la ragazza mora davanti a me.

-Ma...-

-Ma il mio amico non ama festeggiare il suo compleanno, quindi non so quanto possa apprezzare una torta.- disse con un lampo di tristezza negli occhi.

-Perché non prende questo ?- ed avvicinandomi all'uscita indicai un grosso muffin che faceva bella mostra in vetrina.

-Ci possiamo mettere sopra una candelina, se vuole- La ragazza sorrise e batté le mani.

-Sarebbe perfetto !- Mi allungai per prendere il dolce quando lo vidi. Stava appoggiato ad una macchina nera, con le mani in tasca, l'espressione corrucciata e i capelli legati in un piccolo codino.

-... impacchettarlo - la voce della ragazza mi raggiunse facendomi distogliere l'attenzione da lui.

-Come scusi?- chiesi affermando il muffin.

-Non deve nemmeno impacchettarlo. Il mio amico mi sta aspettando lì fuori- ed indicò con il pollice la strada. -È il ragazzo biondo con l'espressione da "in questo momento ti sto odiando tanto "- disse scoppiando a ridere. Sistemai il muffin su un piccolo piatto e feci affondare la candela sulla morbida glassa al cioccolato.

-Ah, un' ultima cosa, può scriverci sopra il suo nome ?-

-Certo- dissi sussurrando -Come si chiama ?-

-Andrea-.

La mia sindrome di StendhalWhere stories live. Discover now