3. Niente da temere | Past;

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"Devo la vita ad All Might

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"Devo la vita ad All Might... a Toshinori.
Se non fosse per lui, a quest'ora non sarei la donna che sono."

Passato

Le scale sono buie davanti a me. Salgo un gradino alla volta, tenendomi una mano sul fianco ferito. Avere un quirk di guarigione e non poterlo usare su me stessa è un vero schifo. Sto lasciando una scia di sangue lungo la parete, mentre mi trascino a fatica ancora più in alto, verso l'uscita di questo palazzo che non sembra voler mai arrivare.

Un ultimo sforzo, Kasumi, ci sei quasi.

La fatica mi fa bruciare i polpacci, l'aria gelida mi raschia la gola a ogni respiro brusco che compio per cercare di riempirmi il petto. Il cuore fa male, la ferita fa male. Tira e pizzica e va in fiamme a ogni movimento che faccio. La visuale si quadruplica di fronte ai miei occhi stanchi, i gradini da dieci paiono venti, poi quaranta, in una spirale continua che mi sta facendo girare la testa.

Ancora un po'. Resisti ancora un po'.

Non doveva andare a finire così. È tutta colpa di All Might: lui, col suo stupido sorriso, che arriva a salvare la gente in ogni circostanza. Il nostro diversivo non è stato abbastanza. L'esplosione di quel camion, tutte quelle vite innocenti messe in pericolo, per trovarci comunque con un pugno di mosche.

Black List è davvero morto? Non lo so. Quando il soffitto gli è crollato addosso, dopo l'ultimo colpo micidiale di All Might, mi è sembrato di vederlo allungare un braccio verso di me, ma non sono rimasta così a lungo da capire se potessi fare ancora qualcosa per lui. Sono allo stremo delle forze... l'ho guarito più volte di quante avrei mai pensato che il mio corpo fosse in grado di reggere, ma adesso, con questa dannata stecca di ferro conficcata in un fianco, non potrei guarire nemmeno il morso di un cucciolo.

Io...

Le gambe perdono forza, le ginocchia tremano. Crollo sull'ultimo gradino e mi accascio contro il pianerottolo, la porta d'uscita a pochi metri di distanza.

«Maledizione!» impreco a denti stretti, la sbarra che nella caduta ha penetrato più a fondo la carne. Sento lembi di pelle strapparsi a contatto col ferro ruvido che mi trafigge.

È dunque questa la mia fine? Me la meriterei, in fondo. Sono una Villain, nessun Eroe verrà mai a salvarmi.

È sempre stato così, fin da quando ero piccola. Ho sempre e solo potuto contare su me stessa e su nessun altro. È per questo che alla fine ho ceduto alla proposta di Black List. Nonostante tutto... è riuscito a farmi sentire in famiglia, quella famiglia che non ho mai avuto e che mi è stata strappata via proprio perché un eroe non è stato in grado di fare il suo lavoro. Non ho mai voluto sentire giustificazioni: gli eroi sono arrivati troppo tardi, mia madre e mio padre sono annegati nell'oceano, dopo essere precipitati giù da una scogliera. Gli eroi dovrebbero sempre salvare tutti, no? Beh, non avevano salvato i miei genitori. Non avrebbero salvato me adesso.

Riapro gli occhi di scatto con un rantolo spaventoso persino per me che l'ho prodotto e mi rendo conto che devo essere svenuta, anche se spero sia stato solo per qualche secondo.

Rimettiti in piedi, Kasumi. Raggiungi il punto di estrazione.

L'elicottero deve essere ancora sul tetto. Black List è di sotto, forse bloccato dalle macerie che gli sono crollate addosso, ma non possono essersene andati senza il loro capo. I suoi fedeli cagnolini devono essere ancora lì, in attesa di vederlo arrivare. Non sanno che forse, per lui, non c'è più alcuna speranza.

Non sono rimasta a vedere la fine della battaglia, ma nemmeno lui può essere sopravvissuto a...

Un terremoto scuote il pavimento e le pareti tutt'intorno a me. Il dolore alla ferita diventa lancinante, tanto da farmi gridare, ma le mie urla si perdono nel boato rombante che sale dai piani inferiori. La battaglia sta ancora infuriando, ma come è possibile?

Basta, non posso fare più niente, non nelle mie condizioni. Non c'è disonore nel ritirarsi da una guerra che sai di non poter vincere... da una battaglia nella quale non sei più un valore aggiunto, ma solo un peso.

Mi puntello sulle ginocchia e, con uno sforzo che mi pare disumano, faccio leva sulle braccia tremanti, ricoperte di graffi ed ematomi. Riesco a rimettermi in piedi e barcollo fino alla porta, che si spalanca sotto il mio peso.

L'aria fredda della notte mi investe. Sa di fumo, di incendio, di sangue... di morte. Mi poggio contro l'anta aperta, cercando di rimanere in piedi, di restare cosciente. Ho chiuso gli occhi, di nuovo senza rendermene conto, così li riapro e li punto di fronte a me.

Il tetto è vuoto.

No... dov'è l'elicottero? Sono andati via? Sono andati via senza Black List... senza di me?

Sbatto le palpebre ripetute volte, sperando il mio sia solo un problema di vista; come se, se la pulissi abbastanza da riuscire a vedere nelle tenebre blu e rossicce, l'elicottero comparirà davanti ai miei occhi.

Ovviamente non succede.

Non vado neanche nel panico, ormai a cosa servirebbe? Sono bloccata quassù, con una ferita che se non riceve cure mediche al più presto finirà con l'uccidermi, senza più un boss da servire, senza più nessuno che mi protegga, fosse anche solo per interesse personale.

Ho vissuto in solitudine. Morirò in solitudine.

Non c'è niente da temere, direbbe quello stolto di All Might. Però, forse, ora ha ragione... non c'è niente da temere.

Lascio alle mie gambe la possibilità di cedere sotto il mio peso e mi ritrovo col sedere sul pavimento, la sbarra di ferro che compie un altro spostamento nella carne, strappandomi un nuovo gemito, questa volta soffocato. Non ho più la forza nemmeno per gridare. Voglio solo chiudere gli occhi e...

«Hey? Hey, giovane ragazzina, mi senti?»

La voce è lontana, mi richiama da un luogo che per me non ha più alcuna consistenza. La realtà è un buio fumoso, non ci sono che tenebre intorno a me.

«Merda...» impreca ancora la stessa voce. Ha qualcosa di famigliare, mi innervosisce. «Hey, ho bisogno di una mano quassù!»

Vattene via, vorrei dirgli, lasciami in pace. Non salvarmi...

«Andrà tutto bene,» mi dice ancora la voce.

Una mano grande e calda mi tira su la testa, ma è talmente pesante che la sento ciondolare sul mio collo come se questo non riuscisse più a sostenerla. Eppure, quelle dita ruvide e gentili sulla guancia mi fanno sentire improvvisamente al sicuro.

«Non c'è niente da temere», mormora la voce nel buio e d'un tratto la riconosco. Sorriderei beffarda, se solo avessi ancora la facoltà di muovere le labbra. «E sai perché?» aggiunge la voce.

Il secondo dopo, mi sento sollevare da terra. Le mie gambe oscillano nel vuoto, prive di volontà. Vengo stretta a un petto ampio e caldo e rassicurante.

Lo odio.

Eppure, vorrei che quella sensazione che avverto adesso al cuore non finisca mai.

«Perché adesso ci sono io.»

»

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