27. Il covo dei Villain | Present;

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"Bakugo ha sempre avuto caratteristiche da eroe atipiche, ma che ho avuto modo di apprezzare nel tempo

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"Bakugo ha sempre avuto caratteristiche da eroe atipiche, 
ma che ho avuto modo di apprezzare nel tempo.
Lui era coraggioso, indomito, incurante del pericolo, supremo.
Lui voleva sconfiggere tutti e diventare il numero uno.
Lui voleva proteggermi, e forse l'ha voluto sin dal primo giorno."

[Kasumi]

Il tetto di questo edificio, a notte fonda, mi riporta alla mente la prima volta che ho incontrato All Might dal vivo. È stata la notte in cui ho perso tutto... la notte in cui sono rinata.

Ho ricordi brumosi di quella circostanza: la ferita di cui ancora porto la cicatrice, impressa come un marchio punitivo sul mio fianco; la salita infinita sulle scale; la sensazione di sconfitta e impotenza quando, giunta sul tetto, non ho trovato alcun elicottero ad attendermi.

Poi, la vista sfocata e la voce di All Might, le sue parole rassicuranti, il suo petto caldo, le sue braccia forti... credo di essermi innamorata di lui in quel momento.

Sospiro e caccio via quei ricordi, per concentrarmi sul presente funesto che mi accingo ad affrontare e sul futuro incerto che mi si prospetta davanti.

Haruka... dove sei?

Guardo il telefono. Le undici e undici, l'ora dell'angelo custode. Sollevo il capo verso le stelle che brillano in cielo e sospiro. Una di esse diventa sempre più grande, mentre si muove a velocità assurda, puntando proprio verso di me. L'istante dopo, come un missile, una figura atterra alle mie spalle, il risucchio dell'aria che mi fa librare i capelli intorno al corpo.

«Ho fatto prima che potevo» dice, e il suo solo tono riesce in qualche modo a sciogliere il nodo d'ansia che ha tenuto le mie budella attorcigliate fino a questo momento.

Mi giro, ma nelle tenebre non trovo la figura massiccia di All Might. È Toshinori, adesso. Solo Toshinori, col completo da supereroe che gli pende largo dal suo corpo magro e consumato. Eppure, l'intensità dei suoi occhi blu, che brillano anche in quest'oscurità, mi rassicura e mi strappa persino un sorriso di sollievo.

«L'hanno presa» dico solamente, anche se lui lo sa già. Gliel'ho detto io, in una chiamata disperata della quale, forse, in futuro, mi vergognerò: era piena di controsensi, urla, lacrime, muco e suppliche. Ma stiamo parlando di mia figlia...

«E io la ritroverò» promette lui.

Fa un passo in avanti, poi un altro ancora e mi raggiunge. Anche nella sua "True Form" è comunque più alto di me, pur se la postura sbagliata gli curva la colonna vertebrale e le spalle. Solleva una mano e me la posa sulla guancia e io trattengo un po' il fiato, perché è così tanto tempo che non mi sfiora in questo modo. I ricordi sgomitano un po' per uscire dall'angolo buio in cui li ho relegati negli ultimi quindici anni e il cuore trema di un sentimento che, per quanto io abbia lottato, non si è mai davvero sopito.

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