XIII. Rather hope you don't dream of me tonight.

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Probabilmente quando una donna dai lunghi capelli ramati con un viso angelico è entrata in questa casa inquietante, essa è diventata più buia è meno accogliente di quello che già è, mentre la forte brezza che circonda il mio copro mi fa raddrizzare i peli sulle braccia.

Se solo non fosse che cammina a vari metri dietro di me, saprei dire che il profumo che emana la sua figura snella ha un forte odore di acqua salata del mare di Los Angeles mescolato al terriccio dopo un forte temporale di Febbraio.

- Come mai al terzo piano non c'è tanta luce? -
la sento domandare incuriosita.

Già me lo chiedo anch'io il motivo.

Insomma James ha tutti questi soldi, non potrebbe pagare un buon elettricista per riparare le luci di questa casa o almeno un idraulico che sistemi il mio bagno che non fa altro che spruzzare acqua ghiacciata dal soffione?

- Non ne ho la minima idea. - stringo i palmi fra di loro prima di girarmi per poterla guardare in volto, in esso si disegna un cipiglio confuso notando la mia arroganza improvvisa.

Dio cosa mi tocca fare per passare del tempo con Juliette...

- Mi segua. - faccio un giro su me stessa alzando gli occhi al cielo appena sono sicura che lei non mi possa vedere.

Aria mantieni la calma.

Giro il pomo d'oro che fa da maniglia ad una delle tante porte che occupano il corridoio.

- O mio dio è questa! Non ci credo finalmente ho trovato questa stanza... E pensare che quel cretin... Cioè volevo dire... -

La donna mi fissa con un espressione confusa mentre si fa avanti.

- Entri pure ci sono molti quadri che potrebbero interessarle. - sforzo un sorriso.

La donna mi guarda stranita mentre con passo lento mi raggiunge lasciando dietro di sé esattamente il profumo del terriccio bagnato dopo una lunga pioggia primaverile, lei si piazza davanti a una delle tante tele, accarezza con l'indice il disegno sulla stoffa che imprigiona
Los Angeles in uno dei mesi che più odio; Dicembre è il mese del anno in cui mia madre mi abbandonò nel bel mezzo di un prato tappezzato di neve.

Al ricordo di quei giorni offuscati i nervi hanno la meglio su di me, afferro il mio labbro inferiore tra i denti cercando di mangiucchiare le pellicine ormai inesistenti è presa dalla disperazione afferro un lembo di pelle, strappo con foga la carne dalle mie labbra nel esatto instante il retro gusto di ferro si propaga tra le mie papille gustative.

Ci passo un po' di salvia per calmare le gocce di sangue che colano dalle mie labbra, mi distraggo un po' ma appena i miei occhi si alzano sorprendo Beth a fissarmi con un luccichio tra le iridi grigiastre.

- Aria i tuoi occhi sono davvero molto belli -
un sorriso sincero contorna le sue labbra sottili.

- Grazie - dico solamente, risucchiando il labbro fra i denti appena esso comincia a sanguinare senza freni.

Gli occhi di Beth di leggermente illuminano facendo scivolare gli occhi sulle mie labbra?

- Hai anche un bel naso. - dice poi avvicinandosi di un passo a me facendomi rimanere rigida è immobile sul pavimento che scricchiola sotto i suoi passi.

Perché diavolo il pavimento e di legno?

Che casa strana. Mi viene da pensare mentre Beth si avvicina di un altro passo, passo la lingua sul labbro sanguinante prima di far sprofondare due dita su esso sporcandole di un rosso lucido è acceso.

- Ehm grazie,  le piace qualche quadro? - domando cercando di spostarmi il più possibile dal suo copro oserei direi puzzolente.

- Hai delle belle labbra. - insiste lei.

FIRSTLOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora