XXVIII. Coconut and cigarette.

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ARIA POV

Ero solo una bambina. Quando il fuoco ardente del accendino mi ardeva le carni del mio interno coscia finché il dolore diventava così forte da rendermi insensibile difronte a questo.
Quando la notte ero costretta a soffocare i pianti nel cuscino, a trattenere le urla dentro la gola.
Ero solo una bambina quando ho pensato per la prima volta che non avrei mai potuto amare qualcuno come me, che non sarei mai stata abbastanza, per nessuno.

Ero. Solo. Una. Bambina.

Le cicatrici sul interno coscia sono ormai dei segni bianchi non fanno altro che ricordarmi
quanto io faccia schifo, i segni ovali è profondi nei palmi sono crosti cine di sangue che cercano di curare il mio casino. Mentre l'acqua bollente scivola sulla mia pelle i miei occhi non fanno altro che guardare le smagliature sulle braccia è sui fianchi.

«Faccio schifo.» penso a voce alta afferrando il labbro inferiore fra i denti mentre le lacrime che escono salate dai miei occhi si confondono con le goccioline d'acqua.

Un sbuffo abbandona le mie labbra appena esco dal box doccia per potermi infilare il pigiama è finalmente sprofondare per poche ore via da questo mondo, ma un brivido famigliare mi percorre la spina dorsale...

No. No. No. No.

Cerco di distrarmi facendomi una maschera viso, lavandomi i denti è asciugandomi i capelli ma le mie mani continuano ha tremare questo significa solo una cosa; Si ritorna indietro di dieci passi.

Così non resisto più, con disperazione frugo
nella pocchette riuscendo a trovare quel rettangolo di metallo che non uso da mesi solo perché c'erano le pastiglie ha sostituire quel dolore soffocante, giro la chiave nella serratura uscendo da quelle quattro mura soffocanti facendo rientro nella mia stanza con l'accendino stretto nel interezza del mio palmo.

«Oh mio Dio.» sussurro coprendomi la bocca appena vedo Asher sul mio letto.

Lui doveva andarsene.

La sua guancia e schiacciata contro il cuscino mentre è steso a peso morto su metà del mio letto, la camicia è ancora sbottonata mentre ricopre sole le sue spalle larghe, nient'altro.

«Asher?» mormoro toccandolo con la punta del indice nel vano tentativo di svegliarlo.

«Asher Dio ti ho detto che non ti voglio più vedere.» piagnucolo esausta.

I ciuffi corvini cadono morbidi sulla sua fronte liscia con sopra un cerotto fucsia che ricopre la ferita, stringe tra le braccia è le gambe muscolose un cuscino mentre il suo petto avvolto da dei muscoli asciutti si alza è abbassa lentamente.

Il letto è abbastanza grande da poterci separare.

Penso appena alzo leggermente il piumone per potermici infilare dentro. Mi siedo al margine del letto è con un sospiro tremolante abbandono l'accendino sul comodino.

Anche se odio il fatto che Asher stia dormendo nel mio letto forse dovrei esserne grata.

Mi infilo nel letto ricoprendo anche il corpo pallido di Asher con un pezzo del mio piumone prima di infilare un paio di cuscini come barriera protettiva. Mi volto di schiena per non poterlo più vedere prima di chiudere gli occhi è cadere in un sonno profondo.





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