la morte di Marat

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La casa la sento vuota come la mia pancia. Non dico una parola da ore, non parlo con nessuno, non saprei con chi. Sento le parole degli altri alla TV, nella musica che ascolto, nelle persone per strada quando apro la finestra. Mi scordo l'italiano di tanto in tanto. Scrivo per non dimenticarlo. Questa sarà l'ultima pagina di un libro troppo corto. La solitudine ha sempre bussato alla mia porta, da quando sono nata. Cominciava di notte, dopo una giornata di scuola. D'estate era più persistente e mi tormentava anche di giorno. Più crescevo più la sentivo vicina, che mi spiava dalla serratura. Entrò gradualmente ed ebbe molto tempo per acclimatarsi. Adesso siede accanto a me mentre scrivo il mio dolore. Così, come mia fedele compagna e coinquilina, mi suggerisce le parole. Oggi scriverò di lei. Mi dorme affianco la notte, mi tiene stretta stretta nelle sue braccia di carta e mi lascia andare solo quando esco di casa, quando è costretta a seguirmi in silenzio eclissata da altri esseri umani, inerte come un'ombra e testimone dei miei errori. La sento nelle ossa. Non fui sola tutta la mia vita, ma mi sento sola da sempre. A volte la mia solitudine si faceva oscurare da un uomo imbranato, da cui mi lasciavo picchiare per sentire qualcosa, o da un amico momentaneo peggiore di lei che mi avrebbe dimenticata dopo qualche giorno; a volte veniva oscurata da mia madre, che mi guardava con occhi ancora più scuri dei suoi, o da mio padre che cercava di salvarmi e moriva ogni volta che non glielo permettevo. Io morivo poco a poco, o sono nata morta. Oggi finisco l'opera che Dio aveva cominciato. Dio guardami mentre muoio, perché sono l'abominio del tuo laboratorio e mi hai lasciata vivere a metà; senti il mio sangue colare dalle tue vene mentre ti regalo la mia anima. Ascoltami mentre piango, e che le mie lacrime ti taglino la gola. Dio perdonami tutto, perdonami l'insolenza e la fame di morte e perdona la mia solitudine, sono nata peccatrice, figlia illegittima di Eva e madre di nessuno. Dio ascoltami se ti grido in faccia mentre mi perdo nel caos che precede la morte e concedimi un attimo di pace. Perdonami i vizi come io ti ho perdonato il mio dolore, e goditi la mia agonia da lontano come io ho goduto l'amore. Dio guardami e perdonami, perché io non sono in grado di farlo da sola. Accompagnami con le tue mani dorate e stringimi al mio arrivo, lasciami morire tra le tue braccia e dimmi che mi ami. Dio guarda la mia luce spegnersi, e io brucerò per te.
Oggi non dovrò più scappare dai miei ricordi. Oggi diventerò un ricordo. Oggi scrivo per l'ultima volta, il cielo mi conficcherà una spada nel petto e poi me ne andrò come ho vissuto: sola. Non mi chiedo chi mi troverà, o quando. Se il mio corpo sarà freddo e compatto come un pezzo di ghiaccio, o se sarà decomposto e infestato dagli insetti. L'odore di morte mi guida al patibolo, con le mani nelle tasche, la testa in fiamme e il cuore consumato. Oggi muoio in camera mia, l'onnipresente solitudine mi farà da testimone, da spettatore o da matador. Non mi fermerà nessuno. Non mia madre, non mio padre, non i miei insegnanti né i miei compagni. Non la solitudine, non gli innumerevoli ricordi attanagliati al mio cervello, non me stessa. Sento quei ricordi graffiare come animali in gabbia mentre mi preparo a ucciderli, affilando i coltelli come un macellaio. Sento il mare sulle ciglia e le immagini sfuggenti della mia triste casa nuotano nei miei occhi come pesci. Ho diciotto anni e li avrò per sempre; le mani mi bruciano mentre saluto la solitudine, una volta per tutte come alleati in guerra. Le campane della chiesa suonano fuori dalla mia finestra ed è ora che mi sbrighi. Chiedo scusa a me stessa ma ho fretta. A un passo dal vento. Mi tremano le mani ma l'orgoglio di più. Sento il peso del tempo sul soffitto. Un respiro, l'ultimo.
Lora, spegniti dolcemente e lasciami senza niente.
Non c'è più nessuno in casa.

LoraWhere stories live. Discover now