topina

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Aprivi gli occhi all'una. Avevi una vaga sensazione di nausea e la bocca secca. Ti alzavi all'una e mezza, stanca più di prima. Ti combattevi per non tornare a dormire, ma oggi c'era bisogno di fare l'essere umano; oggi dovevi andare a un'intervista di lavoro. C'era tempo, e tu non avevi fretta. Mangiavi la tua colazione, l'unico pasto che non si deve cucinare, quindi è facile non saltarlo. Facevi slalom tra i vestiti e la polvere per terra. Solo casa tua era così. Non l'avevi mai vista un'altra casa in questo stato. Ti seguivo come un cane in giro per le stanze e tu facevi finta di non vedermi. Ti vergognavi a dover fingere di essere normale. Postponevi la doccia il più possibile, chissà perché ti spaventava. Se fosse stato un giorno normale saresti stata a letto. No davvero, a letto, e basta. Ti saresti alzata per mangiare (non pasti, mai pasti, mangiavi quello che trovavi come un ratto), e per andare in bagno. Ti saresti messa a piangere in silenzio riguardando le foto di una te che non riconoscevi più, chiedendoti se fosse davvero esistita o se fosse tutto un sogno. Perché c'era un tempo in cui tu eri viva e te l'hanno strappato. Ora eri un ratto. Un ratto. Ti saresti messa a scrivere, dipendendo da quanto ti sentivi insignificante, e così passavano le tue ore, una canzone monotona che a te sapeva di casa. Poi si sarebbe fatta mezzanotte, tu non te ne saresti resa conto perché non hai mai sonno a mezzanotte, e avresti aspettato pacatamente le tre per trovare un po' di pace nella dormiveglia, aspettando che il sonno ti portasse via dal tuo covo di solitudine. Un attimo di tregua tu lo trovavi nei sogni, dove io non potevo raggiungerti. Ma oggi non era un giorno normale perché eri richiesta. Avrei potuto vedere come ti comporti nel mondo esterno, a contatto con persone talmente normali che ti terrorizzavano, che non succedeva spesso ed era sempre divertente e incredibilmente triste, perché ti riusciva così bene. Ti facevi la doccia più in fretta possibile, a volte ti fermavi a sentire l'acqua calda sulla pelle. Ti facevi i capelli ricci, i boccoli cadevano sulle tue spalle come piume ed era strano perché solo il giorno prima sembravano lunghi la metà. Parevi più piccola oggi, ma più matura. Meno vecchia e più adulta. Ti truccavi sempre nello stesso modo e l'avevo imparato a memoria. Mettevi la musica per non sentire il silenzio della tua casa e coprivi le occhiaie. Mettevi il rosso sulle guance e sembravi viva, calda. I tuoi occhi sembravano grandi il doppio e ora quasi si notava il blu oltremare di cui erano fatti. I vestiti li avevi sparsi per terra, ma quelli non erano di tuo interesse perché erano solo stracci da casa. No, oggi aprivi l'armadio. Ti vestivi strategicamente, facendo vedere le forme ma fingendoti elegante, e un po' ti ci sentivi prima di trovare qualcosa di sbagliato. Mettevi i tacchi e prendevi forma. Ti coprivi di gioielli. Non sembravi la mia Lora. Mettevi il profumo e mi intossicavi, prendevi la borsa e aspettavi a uscire. Era spaventoso quanto diventassi bella. Quanto sembrassi normale. Avevi tutte le conoscenze necessarie per diventarlo eppure non ce l'avevi mai fatta a esserlo per più di un giorno. Respiravi e poi uscivi di casa, tuffandoti nell'Italia affollata di uomini che lavoravano, gruppi di amici della tua età, donne anziane che andavano a comprare la frutta e gente che si prendeva aperitivi. Il contrasto era grande, ed era istantaneo, tra casa tua e il resto del mondo. Il silenzio opprimente del tuo appartamento era rimpiazzato da fiumi di macchine e di gente che rideva ad alta voce, parlava, camminava. Il buio si spegneva quando varcavi la soglia, e venivi sempre sommersa di luce, abbagliata dal sole impertinente del centro Italia. Eccolo il mondo reale, Lora. Sembravi quasi farne parte. Sì, ne fai parte. Come i ratti a Parigi.

LoraWhere stories live. Discover now