C762: Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

108 13 6
                                    

Quella mattina Fortunati non aveva potuto fare a meno di seguire il consiglio di Caterina, ed era rimasto a dormire fin quasi a mezzogiorno. Si era ripromesso di scendere a mangiare qualcosa con la famiglia, ma poi aveva rinunciato, in favore di un'operazione delicata, ma necessaria.

Proprio approfittando del fatto che tutti, compreso frate Lauro, erano in sala da pranzo, voleva andare a controllare nella stanza di Ottaviano, per vedere se fosse stato così ingenuo da lasciare qualche traccia dei suoi traffici.

Così, aspettando il momento giusto, il piovano si vestì con cura con un cambio d'abiti che aveva lasciato alla villa durante il suo ultimo soggiorno e poi, con fare circospetto, uscì dalla sua stanza e si diresse verso quella del primogenito della Tigre.

Non incrociò nessuno, nemmeno un servo, eppure per tutto il tragitto Francesco ebbe la sensazione di essere osservato. Non riusciva a capire se si trattava di un'ansia fondata oppure se la notte passata a vagare al buio sotto la neve l'avesse reso troppo influenzabile. Anche se aveva trascorso poi qualche ora con la Leonessa a parlare e anche se poi era riuscito a dormire beato, fin dal suo risveglio si era sentito di nuovo addosso la fremente incertezza che aveva permeato la sua anima nel suo raggiungere la villa.

Quando giunse a destinazione, comunque, si guardò in giro più volte e, appurato di essere davvero solo, entrò nella stanza del Riario in fretta, chiudendosi all'istante la porta alle spalle e imponendosi di stare calmo. Aveva anche già una scusa pronta, nel caso in cui qualcuno lo avesse trovato lì: voleva lasciare il suo dono di compleanno a Bernardino – e in effetti aveva nella tasca il libriccino tascabile di preghiere che aveva intenzione di regalargli – e, mancando da un po', aveva fatto confusione ed era entrato nella stanza sbagliata.

Senza perdere tempo, il piovano cominciò dai posti più ovvi. Calcolando che, verosimilmente, ciò che poteva trovare erano lettere o al massimo appunti privati, l'uomo aprì i due piccoli cassetti della scrivania e da lì, trovandoli vuoti, passò alla cassapanca e poi si decise a passare al setaccio ogni angolo.

La stanza di Ottaviano gli metteva quasi paura. A parte gli abiti, sistemati quasi con cura maniacale, tutti gli altri – pochissimi – averi del figlio di Caterina erano in disordine, ma ciò che lo colpiva ancora di più era l'impersonalità e la sensazione di vuoto che dava quella camera. Avrebbe potuto viverci il Riario, come chiunque altro o come nessuno.

Stava quasi per rinunciare, convinto che, se qualche indizio esisteva davvero, Ottaviano dovesse averlo con sé, o averlo distrutto per tempo, quando gli tornò in mente un aneddoto della sua giovinezza, quando ancora studiava, con la speranza di fare una discreta carriera ecclesiastica. C'era un suo compagno di studi che, per non far trovare certe lettere che si scambiava con una ragazza, aveva preso l'abitudine di nasconderle sotto al materasso, sostenendo che nessuno si sarebbe mai messo a frugare proprio là sotto.

Così, tanto per non lasciare nulla di intentato, Francesco si avvicinò al letto del Riario e, palmo a palmo, controllò ogni angolo del materasso, fino a che, finalmente trovò qualcosa.

Incredulo egli stesso della sua fortuna, aprì la lettera spiegazzata, ma riuscì appena a leggerne il nome dell'autore – certo Pier Paolo Venanzio da Spello – e poche, centrali frasi, tra cui: 'io son di parere che omnino le S.V. Partano di cotesta Ciptà et dal suo Dominio et se reduchano in loco securo como seria in Lombardia o in Saona, el medesimo partito prendere da Madonna Bianca et de tute le faculta...'.

L'occhio di Fortunati cercò di spingersi oltre, ma la voce strascicata e allarmata di Ottaviano glielo impedì: "Come vi permettete di toccare le mie cose e di entrare nella mia stanza?"

Il giovane uomo, alto e, malgrado fosse poco atletico, abbastanza imponente, si parò davanti al piovano e gli strappò di mano la missiva. Quell'interruzione, tanto inattesa quanto improvvisa, mandò del tutto all'aria il progetto del piovano di difendersi con la scusa del regalo da consegnare a Bernardino.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora