C681:Caterina Sforza ha difeso assai meglio la sua rocca che non la sua virtù.

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"Ma siamo sicuri che sia ancora viva?" chiese, con un velo di ansia, Lorenzo, mentre il suo delatore, una volta di più, stava già annuendo e assicurando che le ultime notizie la davano per viva, anche se nelle mani del Borja.

Quel 16 gennaio a Firenze non si parlava d'altro che della caduta della Tigre di Forlì. Tutti i membri della Signoria ricordavano molto bene il giorno in cui quel diavolo fatto a donna si era presentato al palazzo e aveva picchiato il pugno sul tavolino del Gonfaloniere. Tutti ricordavano anche l'impegno spasmodico del Medici affinché Firenze le si schierasse contro.

Saperla infine vinta, schiava del figlio del papa, aveva avuto un effetto strano, sui fiorentini. Anche se la logica avrebbe voluto vederli festeggiare – dato che, comunque, loro erano alleati dei francesi e quindi anche del papa – il sentimento più diffuso era l'incertezza.

Era un po' come se, in fondo, nessuno si fosse aspettato che la Sforza avrebbe davvero perso la sua battaglia.

"Che diamine..." borbottò il Popolano, incrociando le braccia sul petto e abbandonandosi contro lo schienale della poltroncina: "Finché non ne sappiamo di più, non posso far nulla..."

"Che intenderesti fare, perché?" la voce di Semiramide arrivò distante, come se, invece di essere sulla porta del salone, la donna fosse a miglia e miglia di distanza.

Il Medici fece un cenno secco al portavoce che gli aveva riferito gli ultimi dettagli, e questi se ne andò in fretta, lasciando soli marito e moglie.

"Da come mi parli, immagino tu sappia già tutto." commentò a voce bassa l'uomo, scrutando l'Appiani con gli occhi tondi e pensosi.

Quel giorno la sua consorte indossava un abito scuro, semplice. Volendo essere pignoli, avrebbe quasi potuto essere un abito da lutto. Il contrasto con la pelle chiara, però, la faceva rilucere e metteva in risalto il suo volto che, con il tempo, si era fatto altero e distaccato, molto diverso da quello dolce e timido di quando era ragazza.

"Ne ho sentito parlare in città." ammise la donna, che, in effetti, aveva ricevuto la notizia della presa della rocca di Forlì subito dopo essere uscita da San Lorenzo, mentre andava a comprare stoffe: "Dicono che il figlio del papa l'abbia fatta prigioniera."

Lorenzo lasciò la poltroncina e sollevando un sopracciglio, le chiese: "E la cosa ti fa piacere?"

"Che intendi?" domandò lei di rimando.

"Tu muori dalla voglia di vedere il mio progetto fallire, no? Se la Sforza fosse rimasta uccisa in battaglia, suo figlio sarebbe diventato orfano e io sarei stato il suo tutore per diritto." le spiegò lui, avvicinandosi un po', ma restando a debita distanza: "E invece quella cagna ha trovato il modo di spennare un altro pollo!"

"Che intendi dire?" questa volta l'Appiani davvero non voleva credere al ragionamento contorto del marito, eppure, quando si apprestò a spiegarle il suo pensiero, il Popolano le tolse ogni dubbio.

"Intendo dire che di certo si è fatta catturare sperando di irretire il Duca Valentino. Vedrai, vedrai se non mi sbaglio..." Lorenzo annuiva tra sé, preda di una sorta di frenesia che Semiramide non comprendeva e che trovava spaventosa: "Lo sedurrà e quando lasceranno Forlì, lui farà tutto quello che lei vorrà. In fondo, se è riuscita a far fesso mio fratello, perché non dovrebbe riuscirci con quel burattino?"

"Quell'uomo l'ha fatta prigioniera." gli ricordò l'Appiani, che, al mercato, aveva sentito dire cose orrende su quello che si stava facendo alla Leonessa di Romagna.

Ora, forse le voci erano esagerate, perché tutto ciò che passava di bocca in bocca tendeva a ingigantirsi, ma di certo la Contessa Sforza non stava passando dei giorni piacevoli, tra le grinfie del Borja.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Where stories live. Discover now