Capitolo 792: ...et non pigliare alcuno affanno di me...

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Appena rientrata alla villa, Caterina aveva salutato frettolosamente i figli, sincerandosi soprattutto dello stato di salute di Bianca, e poi aveva preteso che Alberto De Marzi la raggiungesse immediatamente nella sala delle letture, per discutere di questioni urgenti.

Da quando Fortunati l'aveva messa a parte delle rinnovate mire di Lorenzo, la donna non aveva fatto altro che pensarci. Il tarlo che le era entrato nel cervello aveva continuato a scavare sempre più a fondo, fino a portarla a vedere sempre e solo uno scenario: il Popolano che, pur di avere quello che credeva suo di diritto, arrivava a ucciderla, riuscendo laddove tutti prima di lui, compreso il Valentino, avevano fallito.

Avvelenata da quella sensazione, non era riuscita a valutare con più distacco la situazione e, quando era tornata a casa, le mani ancora le tremavano per la rabbia e il nervosismo.

Nel momento in cui Alberto, con la sua aria un po' svagata, era arrivato al suo cospetto, la Tigre si era subito messa a parlare, rovesciando su di lui tutti i suoi sospetti e i suoi timori. Con Fortunati non era riuscita a essere tanto diretta, mentre con quello strano uomo, che l'ascoltava, improvvisamente serio, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo torvo, le era risultato facilissimo.

"Aspettate..." fece alla fine lui, andando a chiudersi la porta alle spalle.

La sala delle letture era tranquilla e la villa, in generale, era preda di un torpore particolare, tipico delle serate di giugno in campagna. Eppure, anche la Sforza accolse con favore l'idea dell'uomo di chiudere l'uscio: bisognava ridurre al minimo il rischio di essere sentiti da orecchie indiscrete.

"Conosco a sufficienza questa città e la gente che ci abita, per dirvi che non la trovo una cosa insensata." cominciò a dire Alberto, mettendosi a sedere e facendole segno di sistemarsi accanto a lui: "Lorenzo non era un uomo capace di uccidere, non di persona, almeno, ma è cambiato molto, negli ultimi anni, quindi non è da escludere."

La Leonessa, che, in fondo, aveva sperato fino all'ultimo di essere smentita, nei suoi sospetti, dal De Marzi, deglutì e poi, tormentandosi le mani l'una nell'altra, chiese: "Credete che sarebbe una buona idea spostarmi da qui? Andare magari alle Murate per un periodo più lungo..?"

"Alle Murate..." l'uomo sollevò un sopracciglio: "Non credo che sareste più al sicuro di qui... Se posso darvi il mio consiglio, dovreste trovarvi un alloggio sicuro, una casa, un posto segreto con qualcuno che vi ospiti..."

"Ma..." iniziò a dire lei, che non aveva minimamente pensato a un simile scenario.

"Non potete fidarvi di buona parte di questa servitù, e le monache delle Murate... Le conoscete davvero tutte? Con Ottaviano lonatno, benché non sia certo un uomo d'armi, siete più vulnerabile agli occhi del Popolano. Qui non avete che una figlia e dei figli maschi troppo giovani per difendervi." la incalzò a quel punto Alberto, puntando gli occhi fiammeggianti nei suoi: "Dovete pensare a salvarvi la pelle, prima di tutto."

"I miei figli..." provò a dire la Tigre, ma il fiorentino la frenò, allungando una mano e afferrando quella della donna.

"I vostri figli... Madonna Bianca, Galeazzo... Anche Sforzino... Loro sono di buona pasta. Vostro figlio Carlo è uno scapestrato, ma di buoni sentimenti." riassunse De Marzi: "Ma Cesare? E Ottaviano? Lo sapete cosa stanno facendo a Venezia? Si sono messi a far amicizia con il Pandolfo Malatesta di Rimini."

Caterina sgranò gli occhi. Aveva sospettato qualche brutta conoscenza, ma non aveva più pensato al Pandolfaccio. Non si chiese nemmeno come facesse Alberto a saperlo, si arrabbiò solo al pensiero che il piovano non gliene avesse parlato.

"I vostri due figli più grandi altro non fanno che gettare fango su di voi e spendere i vostri soldi. Lo sapete che vanno in giro a darvi la colpa della loro disgrazia?" la sobillò l'uomo, sporgendo un po' in fuori il mento.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Where stories live. Discover now