4 - Sii egoista

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Il motivo per cui mi ero presa una brutta cotta per Duncan era il suo interessarsi per tutto ciò che mi capitava, non c'erano momenti in cui mi sentivo trascurata perché lui non lo faceva mai, e sicuramente mi sentivo molto fortunata per questo.
Che fosse per chiedermi se avessi fame o per sapere come fosse andata la giornata, Duncan aveva sempre mostrato interesse, mi ascoltava e mi dava consigli.
Molto meglio di quelli che ti ascoltano e annuiscono soltanto.
Eppure Downey aveva fatto esattamente questo e la cosa mi aveva fatto molto piacere.
Perché?
Era rimasto in silenzio e mi aveva solo detto quella stupida frase prima di cambiare discorso.
"Maledetto Downey" pensai dopo aver chiuso con un tonfo il libro che mi aveva dato.
Ancora non ero convinta della trama, sembrava molto classico: la ragazza povera si è presa una cotta per il ragazzo ricco e la madre vuole arrangiare un matrimonio.
Povero signor Bennet, tutte le figlie più o meno deficienti ed una moglie al limite della sopportazione.
La porta d'ingresso si aprì e Duncan fece il suo ingresso con il suo adorabile sorriso, sorriso che si tramutò presto appena vide quello che avevo in mano.
- Da quando leggi?-
Sospirai alzandomi per abbracciarlo e dargli un bacio.
- Da quando il mio professore di letteratura vuole che sia una ragazza acculturata.-
Solitamente Duncan veniva a cena da noi prima di andare a casa, diceva che non sopportava cenare con sua madre che continuava a parlare di suo padre, di quanto fosse uno stronzo e di quanto lui gli somigliasse.
Quindi mio padre l'aveva accolto a braccia aperte visto che per lui era il figlio che non aveva mai avuto.
Mi sedetti di nuovo sulla poltrona presa dai miei pensieri, poi mi girai verso Duncan che si stava mettendo comodo.
- Mh... Duncan, chi è Charlotte Brontë?-
Lui scrollò le spalle.
- Boh.-
"Chi si somiglia si piglia" pensai.
Sia io che lui eravamo uniti dal nostro non-amore per la letteratura.
Cioè, eravamo più amanti dei film.
Infatti fu così che passammo la serata: ci guardammo un film fantascientifico consumando la cena e aspettando mio padre che era stranamente in ritardo.
Arrivato un certo orario Duncan mi salutò e mi lasciò sola.
Sola in preda alla preoccupazione.
Rimasi in piedi fino a mezzanotte ad aspettare mio padre, ma lui non si fece vivo, decisi di chiamarlo ma non rispose.
Provai e riprovai non so quante volte ma squillava a vuoto, dandomi più ansia e preoccupazione.
Mamma cosa avrebbe fatto?
Chiamai al negozio di papà ma nessuno rispose.
Probabilmente era chiuso.
Oppure...
L'ansia prese il controllo del mio corpo, uscii di casa correndo e percorrendo quei pochi isolati che mi separavano dal negozio.
Le lacrime scendevano copiose, ricordandomi la sera della morte di mia madre.
Pensavo al peggio, un peso al petto mi impediva di respirare con regolarità, le mani tremavano e così anche il mio labbro inferiore, pronto a dare sfogo ad un urlo.
Non riuscivo a riflettere lucidamente, chiamai Duncan ma aveva il cellulare spento.
Quando raggiunsi il negozio mi sentii leggermente sollevata: era chiuso.
Allora era uscito almeno.
E se si fosse sentito male per strada?
Rifeci la strada al contrario, osservandomi attorno, alla ricerca di una qualsiasi cosa che mi potesse aiutare.
Ma non sapevo nemmeno cosa.
Rientrai in casa e guardai l'orologio: era l'una.
Stavo per chiamare la polizia quando sentii il rumore delle chiavi girare nella serratura.
Mi alzai speranzosa e aprii la porta, ma quando lo feci rimasi a bocca aperta, così come l'uomo davanti a me che reggeva mio padre palesemente ubriaco.
Downey fece saettare lo sguardo da me a mio padre per un paio di volte e fece per dire qualcosa, ma mio padre iniziò a farfugliare frasi sconnesse.
Downey mi guardò ancora una volta prima di parlare.
- Ehm... Posso...?-
- Oh, sì sì! Mi segua.-
Lo condussi alla camera di mio padre sentendo lo sguardo del mio professore su di me, ma non lo affrontai.
Ero più concentrata su papá.
Lo adagiammo sul letto e lo lasciammo così, tanto si era addormentato.
Chiusi a chiave camera sua pronta alle fastidiose miriadi di domande che, con mia sorpresa, non arrivarono.
Invece si tirò su le maniche della camicia guardandomi in silenzio.
Il suo sguardo era mortalmente serio, si passò una mano sulla bocca e poi sciolse il contatto visivo guardando il pavimento.
Come se fosse intimidito.
- Era al bar, ha bevuto molto e mi sono offerto di accompagnarlo a casa, è riuscito a dirmi l'indirizzo prima di...-
Sospirò e si mise le mani sui fianchi.
- Beh puoi immaginarlo.-
Annuii con le lacrime agli occhi.
Mi aveva fatto spaventare non poco e nonostante ormai fosse a casa, il fatto che avesse bevuto così tanto non fece altro che aumentare la mia preoccupazione.
- Grazie... Davvero.-
Riuscii a dire mentre una lacrima solitaria avanzò lungo la mia guancia.
Downey si avvicinò lentamente guardandomi come se fossi un animale ferito.
Pietà.
- Non mi guardi così.-
Aggrottò lo sguardo.
- Così come?-
Scossi la testa.
- Non voglio la pietà, non da lei... Per favore.-
Alzò una mano sul mio viso e con il pollice mi asciugò delicatamente la guancia.
Ancora una volta provai un brivido.
- Nora, da me non avrai altro che comprensione.-
Mi inumidii le labbra prima di separarmi da lui.
- Grazie ancora.-
Downey aveva negli occhi un'ombra che non riuscii a decifrare, poi fece per andarsene ma si fermò di nuovo sulla soglia della porta d'ingresso.
- Sai, anch'io ho perso mia madre.-
Lo guardai sorpresa.
Davvero si stava aprendo... Con me?
- Si chiamava Elsie, era bellissima e... Ed ha avuto tanta pazienza con me. Mi ha amato fino al suo ultimo respiro.-
Ancora una volta abbassò lo sguardo, forse per nascondere le lacrime che stavolta solcavano il suo viso.
- Mio padre non si è più ripreso, non è lo stesso da allora.-
Gli presi il volto tra le mani, pericolosamente vicini e con gli occhi incatenati che non riuscivano a lasciarsi.
- Un incidente. L'hanno investita mentre era al telefono con... con il mio preside, avevo fatto un altro casino a scuola.-
Appoggiò la fronte sul mio collo, le sue lacrime mi bagnarono la maglietta, il suo naso premuto sulla mia pelle.
Provai una serie di emozioni così tanto velocemente da non capire neanche quali fossero.
- È morta per causa mia.-
Misi una mano tra i suoi capelli mentre lui mi teneva stretta per i fianchi.
Odorava di alcool.
Probabilmente il giorno dopo non si sarebbe ricordato molto, ma sembrava anche piuttosto lucido.
- Quando una madre ama un figlio... Morirebbe per lui. Tua madre è morta ma ti ha amato, l'hai detto tu: fino al suo ultimo respiro.-
Alzò la testa lentamente.
- Non posso dirti molto, ma posso sperare che tu sappia che non è scontato avere una madre che ti ama così tanto.-
Pensai a Duncan.
Lui aveva sofferto così tanto a causa di sua madre ed io...
- Mia madre voleva chiedere il divorzio a mio padre, voleva lasciare me e lui. Ho trovato dei documenti tra le sue cose, non... Non so se mio padre lo sappia o no, ma non sarò di certo io a dirglielo.-
Seguì un silenzio in cui cercai le parole
- Mi avrebbe lasciata senza dire nulla? Avrebbe continuato a parlarmi? Ho fatto qualcosa di male? Tutte domande a cui non troverò mai una risposta.-
Downey si morse il labbro pensoso.
- Forse è meglio così, è meglio vivere con il dubbio che con una ferita che non si può rimarginare. Nora... Voglio darti un consiglio egoista.-
Sospirò e mi scostò con delicatezza una ciocca di capelli dal viso.
- Hai passato tanto, ma sembra che ti preoccupi più per gli altri che per te stessa, so di cosa hai paura ma ho bisogno che ci arrivi da sola ad ammetterlo, sarà un cammino lungo e doloroso. Ma non smettere di prenderti cura di te, amati, sii egoista, prendi il tuo tempo e commetti errori da cui potrai imparare, è così che imparerai ad andare avanti.-
Si avvicinò ancora un po' e sfiorò il mio zigomo con le labbra.
Ancora una volta percepii il suo profumo da uomo, alcool e odore di fumo.
Nel tutto era inebriante, piacevole e mi penetrò nei polmoni.
Cercai di immortalare nella mia testa quel momento chiudendo gli occhi.
Era come sentirsi leggeri e pesanti allo stesso tempo, come se potessi volare e cadere abbracciata lui.
Come se esistesse tutto e nulla, come stare su un palco con i riflettori puntati su di me ma con la platea vuota.
Quando li aprii lui era sparito.

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Scusate per il ritardo con il capitolo.
Domanda: vorreste uno o due capitoli a settimana?
Besos
M.S.

Redamancy -R.D.J.-Where stories live. Discover now