5- Quello è il tuo ragazzo?

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Non sapevo come comportarmi nei confronti di mio padre, una parte di me avrebbe voluto aiutarlo, cercare di comprenderlo e farmi carico di questo suo problema...
Ma un'altra parte di me che aveva la stessa voce del professor Downey mi consigliava il contrario: mio padre era un adulto in grado di prendere le sue decisioni, io ero solo una ragazzina di appena diciassettenne anni e avevo altro a cui pensare.
Era un'idea molto egoista e per quanto suonasse cattiva mi sembrava anche dannatamente giusta.
Così il giorno dopo lasciai un bicchiere d'acqua con un'aspirina sul tavolo della cucina e mi recai a scuola con un caffè in una mano ed una sigaretta nell'altra.
Il dolce sole estivo accarezzava tutti i palazzi del mio quartiere, le strade erano piene di ragazzi e lavoratori che si apprestavano ad affrontare la giornata, ma nonostante la tranquillità del paesaggio attorno a me mi sentivo stranamente irritabile.
E decisamente sul punto di addormentarmi.
Decisi di prendermi un altro caffè al bar e come al solito trovai mezza scuola e qualche professore intento a fare colazione, e guarda caso al bancone del bar incontrai Downey, ma non lo calcolai.
No, quel giorno mi sarei dedicata solo a me stessa, avevo bisogno di pensare.
Peccato che lui non la pensasse così.
- Buongiorno Nora.-
Avete presente quel momento in cui vorresti urlare di frustrazione e sbattere la testa sul muro?
Ecco, mi sentivo così in quel momento.
Repressi il mio istinto omicida e cercai di sorridere.
- Buongiorno professore.-
- Come... Come va?-
Lo gelai con lo sguardo prima di guardare altrove, non riuscivo a sostenere l'intensità dei suoi occhi nocciola.
- Non sono esattamente in vena di parlare.-
Inclinò la testa di lato con un sorriso radioso.
- Immaginavo, che ne diresti di associare una canzone al tuo stato d'animo?-
Mi bloccai sul posto colpita.
Era una richiesta alquanto strana da fare, certo, ma sembrava aver capito la mia personalità e come prendermi.
Avrei voluto tanto rispondergli ma appena aprii la bocca rinunciai, non mi andava di espormi di nuovo.
Già mi ero aperta ieri pomeriggio, poi di notte aveva avuto modo di conoscere la mia vita privata.
Non me la sentivo punto.
- Senza offesa, ma non sono proprio in vena.-
Annuì senza smettere di sorridere.
Ancora un po' e avrebbe avuto una paralisi facciale.
- Messaggio ricevuto, lascia che ti offra un caffè.-
Provai a protestare ma fu inutile, la barista ridacchiò durante il battibecco del "pago io", immaginai fosse abituata.
Alla fine mi ritrovai con un caffè amaro in mano ed un finto broncio offeso sul mio volto.
Downey invece ancora non aveva abbandonato quel suo maledetto sorriso.
Sorseggiai il caffè.
- Grazie.-
Con quella parola contenevo tutto: il caffè, il suo abbraccio, l'aiuto con mio padre, l'avermi aiutata a sfogare...
Conoscevo quell'uomo da circa ventiquattro ore e già aveva fatto per me tanto, più di altri miei amici.
Tornò serio.
Avevo detto qualcosa di sbagliato?
Si passò la lingua sul labbro inferiore prima di tornare a sorridere.
- Quando sei libera chiamami, ho in mente una cosa...-
Tirò fuori dalla tasca una penna e scrisse il suo numero su un tavagliolo per poi porgermelo.
Alzai gli occhi al cielo divertita prima di tirare fuori il mio cellulare, aprii la rubrica e gli porsi il dispositivo.
- Non siamo negli anni ottanta, può scrivere il suo numero qui.-
Downey non rispose, digitò il suo numero e aggiunse il suo nome.
Robert Downey Jr.
"Robert eh?".
Era carino come nome.
- Nora?-
Mi girai sentendo una voce familiare.
Duncan era in piedi dietro di me con il cellulare in mano ed un'espressione preoccupata in volto.
Non sapevo perché ma mi sentivo come colta in flagrante a tradirlo.
Downey mi stava guardando come se si aspettasse che lo presentassi al mio ragazzo, cosa che avrei preferito evitare.
- Duncan! Ehm... Cosa ci fai qui?-
Scosse la testa scocciato.
- Stai scherzando? Mi hai chiamato ieri notte almeno cinque volte, ero preoccupato! Ho chiesto a Kyle dove fossi e lui mi ha detto che probabilmente ti avrei trovata qui.-
Cazzo.
Ancora non gli avevo detto di mio padre.
- Ah sì, ho...-
Per fortuna intervenne proprio Downey a salvarmi, allungò la mano dedicandogli il suo solito sorriso spavaldo.
- Un'amico di Nora eh? Piacere, sono il professor Downey, il tutor di Nora e il suo professore di lettere.-
Duncan, colto alla sprovvista, ricambiò la stretta di mano.
- Duncan. In realtà sarei il ragazzo di Nora.-
Cadde un silenzio imbarazzante, rotto ancora una volta dal mio professore.
- Beh, mi dispiace interrompervi ma Nora ha una lezione con me tra cinque minuti e ha già fatto tardi ieri, andiamo?-
Chiese rivolto a me sistemandosi il colletto della camicia bianca.
Non me lo feci ripetere due volte e mi misi lo zaino in spalla, poi lasciai un bacio veloce al mio ragazzo.
- Scusa, ci sentiamo dopo ok?-
Non aspettai una risposta e corsi fuori seguendo Downey.
Cavolo, aveva il passo lungo!
- Quello è il tuo ragazzo Nora? Mi aspettavo di meglio.-
Gli lanciai un'occhiataccia.
Duncan era un bel ragazzo: era alto, piuttosto slanciato, gli occhi grigi e i capelli ricci mori.
Aveva una fossetta sulla guancia destra che si formava quando sorrideva, ma la cosa che mi piaceva di più erano le sue mani.
Sì, ero una di quelle feticiste di mani.
- Non sono affari suoi professore.-
Invece di arrabbiarsi scoppiò a ridere, ovviamente.
- Siamo protettive eh, Page?-
Alzai gli occhi al cielo.
- Guarda che sei te quella che non è sicura di amarlo.-
Mi bloccai davanti agli scalini della scuola.
- Ma le interessa così tanto la mia vita amorosa?-
- Perché usi la parola "amore" se non ci credi?-
Gli studenti ci passarono accanto senza prestarci troppa attenzione, la campanella era già suonata ed entrambi saremmo dovuti essere nella classe di letteratura, ma ancora una volta avremmo iniziato tardi.
- Perché devo per forza credere nell'amore?-
Incrociò le braccia al petto sogghignando.
- Sei la ragazza più incoerente che abbia mai incontrato: non credi nell'amore e sostieni di amare il tuo ragazzo. Quello che non hai capito è che quello che ti lega a lui è proprio l'amore, ma sei troppo testarda per lasciar andare le tue convinzioni.-
Mi innervosii ancora di più e gli diedi le spalle, dirigendomi a passo spedito verso l'aula.
Testarda.
Nessuno me l'aveva mai detto.
"Quell'odioso di Downey! Gli dai un po' di confidenza e diventa una palla al piede."
Feci un ingresso teatrale in classe, facendo intuire a Kyle che ero decisamente di cattivo umore, ma non potemmo parlare visto che l'uomo più rompiscatole del mondo entrò poco dopo.
Mi sedetti al mio posto in prima fila ed evitai il suo sguardo per tutta l'ora, trovando più interessante osservare il muro o il cielo azzurro fuori dalla finestra.
Finita la lezione uscii dalla classe prima ancora che la campanella finisse di suonare.

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Arrivata a casa trovai un vaso di fiori sul tavolo della cucina e mio padre lì accanto con la testa china come un bambino pronto a ricevere la sua punizione.
I fiori erano color indaco ed erano dei giacinti.
- Il giacinto per il perdono?-
Erano i fiori che portava sempre a mia madre dopo una litigata, lei lo perdonava subito.
Papà annuì senza forze.
- Lo so che ho sbagliato ieri sera, la verità è che mi manca tua mamma terribilmente, e non potevo...-
Si interruppe con la voce rotta dal pianto e subito mi fondai tra le sue braccia.
- Non so cosa fare Nora, ho paura di restare solo.-
- Tu non sei solo papà, hai me.-
Mi lasciò un bacio sulla fronte.
- Lo so che potrò sempre contare sulla mia bambina e che non mi lascerai mai.-
Fu in quel momento che il peso delle parole mi colpì in modo diverso dal solito.
Ancora una volta la voce di Downey risuonò nella mia mente.
"Sii egoista".
Avrei passato i prossimi anni così? A raccogliere i cocci miei e di mio padre?
Un pensiero si insinuò nella mia testa e appena fui sola in camera mia seguii il mio istinto.
"Questo sabato sono libera"
Inviai il messaggio a Downey e dopo poco ricevetti una risposta.
"Perfetto, passo a prenderti alle nove e pranzeremo insieme."
Mi ritrovai a sorridere di fronte a quello pseudo appuntamento e mi lasciai cadere sul letto come un sacco di patate prima di chiamare Duncan.
Mentre il telefono squillava decisi di non dirgli niente di tutto questo e di inventarmi una scusa qualsiasi.
Duncan decisamente non doveva sapere di me e Downey.




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