9- Ci bastava una panchina

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Il lunedì seguente ancora non era cambiato niente: Downey continuava a volermi parlare, io continuavo a scappare ogni volta che lo incrociavo per i corridoi mentre facevo la stessa cosa con Duncan.
Nonostante la promessa che mi ero fatta di evitare Downey e parlare con il mio ragazzo non riuscivo comunque ad affrontarlo né al telefono né faccia faccia.
Finché un certo punto non cambiò tutto. Era ormai quasi l'ora di pranzo ed ero nella classe di Downey ad aspettare che suonasse quella maledetta campanella, quando all'improvviso alzato lo sguardo notai la macchina di Duncan nel parcheggio della scuola.
Cercai di convincermi che non fosse la sua ma quella di qualcun altro, ma appena vidi chi scese mi arresi: era proprio Duncan in carne e ossa.
Pensai mentalmente a una scusa per non dovergli parlare, ma qualcosa nella mia testa mi diceva che era finalmente arrivato il momento di affrontarlo.
Come se l'universo mi avesse sentito suonò la campanella e il mio cuore prese a battere freneticamente dalla paura.
Lanciai un'occhiata a Downey seduto dietro alla cattedra, poi spostai lo sguardo di nuovo verso Duncan ed infine chiusi gli occhi.
"Ce la posso fare. Sorridi. Lui non sa niente."
Mi alzai dal posto lasciando i libri sul banco e mi diressi verso l'uscita della scuola urtando nel mentre una decina di persone, ma non mi importava.
Duncan mi aspettava davanti al portone d'ingresso, con un maglione nero che gli avevo regalato io e un paio di pantaloni dello stesso colore.
Effettivamente si vestiva sempre di nero, però a dirla tutta gli stava da Dio.
Alla mia vista rizzò la schiena e mi sorrise nervosamente.
Non gli corsi incontro, non lo abbracciai, non lo baciai, non mi sembrava giusto.
- Ehi.-
- Ehi.-
Gli feci eco io.
- Non ti fai sentire da un po'... Come va?-
Mi schiarii la voce come se fossi stata ad un colloquio di lavoro e mi avessero appena fatto la domanda più difficile da rispondere.
- Bene, il solito... Sto continuando a leggere quel libro che...-
- Sei ancora arrabbiata perché ho dimenticato il nostro appuntamento?-
Mi interruppe senza nemmeno guardarmi, concentrandosi sul terreno sottostante.
In quel momento mi sentii una merda.
Non ci sono giri di parole, era esattamente così che mi sentivo.
Lui veramente pensava che fosse causa sua il mio silenzio.
Probabilmente aveva passato il weekend a darsi dell'idiota mentre ero io quella da biasimare, ero io quella che gli stava mettendo le corna.
- No io... No.-
- Allora potresti dirmi cosa c'è che non va? Da quando è ripresa la scuola sei distante, la nostra relazione non è come prima.-
Indurii lo sguardo.
- No, decisamente non è come prima.-
-Prima ci bastava una panchina per parlare per ore, adesso non riusciamo a parlarci nemmeno via messaggio.-
Duncan iniziò ad innervosirsi.
-Io ho la scuola e tu hai un lavoro Duncan, è ovvio che siamo più distanti.-
Cercai di girare attorno al vero problema.
-Io non voglio essere distante da te Nora! Ho bisogno di te, ho bisogno di vedere i tuoi occhi ogni giorno e non in videochiamata.-
Incrociai le braccia stringendomi forte come per trattenermi dallo scoppiare a piangere.
-Lo so che dobbiamo abituarci a questa situazione ma la verità è che mi manchi terribilmente e vorrei essere in grado di poterti vedere tutti i giorni, ridere e scherzare con te e ricordati quanto io ti ami.-
Di slancio lo abbracciai e lui ricambiò, ci stringemmo come se fossimo l'uno la roccia dell'altro.
Mi accarezzò i capelli biondi delicatamente lasciandoci un bacio dolce.
- Ti amo Nora.-
Stavo per rispondergli quando qualcuno si mise in mezzo a noi separandoci come se niente fosse.
E sì, quel qualcuno era Downey.
- Potreste amarvi un po' più in là? State bloccando l'entrata.-
Arrossii imbarazzata e mi spostai per farlo passare, ma Downey si mise accanto a me a braccia conserte fissandomi con insistenza.
Duncan mi guardò timidamente e capì che forse era il caso di andare.
- Beh, passerò a casa tua più tardi.-
Ci scambiammo i nostri saluti e appena rimasi sola con il mio professore di letteratura mi girai verso di lui.
- È più forte di lei?-
Alzò le spalle con aria innocente.
- Non so proprio di cosa tu stia parlando, sono solo venuto a dirti che hai lasciato i tuoi libri nella mia aula.-
Gli lanciai un'occhiata fredda e dopo un paio di secondi in cui ci sfidammo con lo sguardo gli diedi le spalle e mi diressi verso l'entrata.
- Dimmi che non gli stavi per rispondere con un "ti amo anch'io".-
Mi bloccai.
Non risposi.
Come potevo? Sapevo perfettamente che l'avrei fatto se non fosse stato per lui.
E sapevo anche dove stava andando a parare.
- Perché saresti stata un'ipocrita.-
Immaginavo sul suo volto un sorrisetto sarcastico che mi fece diventare rossa di rabbia e vergogna.
Avrei voluto mandarlo al diavolo o reagire in qualsiasi altro modo, ma la ragione ebbe la meglio e mi allontanai in silenzio accompagnata dal vociare di alcuni studenti e una risata soffocata del mio professore.

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Duncan era veramente passato a casa mia più tardi.
Ci scambiammo un rapido bacio per salutarci e lo feci entrare non senza un leggero alone di imbarazzo tra noi.
- Mi piace venire a casa tua, c'è sempre odore di fiori freschi.-
Sorrisi guardando i gigli bianchi che mio padre aveva portato in casa la sera prima.
- Sì, ravvivano un po' la casa.-
Duncan tirò fuori dalla tasca una scatolina.
- Sai, quando penso a te penso sempre ai fiori, quindi ti ho preso un pensiero.-
Lo guardai senza parole mentre estraeva dalla scatola una collana d'argento con un piccolo ciondolo a forma di rosa.
- È anche un modo per riappacificare le cose tra noi, mi dispiace essere stato assente in questo periodo.-
Si porse verso di me per allacciare la collana e in quel momento mi paralizzai.
Come se il tempo si fosse fermato e tutto attorno attorno a me si fosse ghiacciato, ripensai alle parole di Downey, del marito di sua sorella.
"Amore"
"Ipocrita"
"Redamancy"
"Falsa"
Io non amavo Duncan.
Ero affezionata a lui, quello sì.
Ma non potevo prenderlo in giro così, non potevo prendermi in giro così.
Là fuori nel mondo c'era qualcuno che avrei amato con la stessa intensità con cui sarei stata amata.
Ma quel qualcuno non era Duncan.
Presi un respiro profondo e mi allontanai di un paio di passi da lui.
- No Duncan, non può andare avanti così.-
Mi guardò confuso con le mani ancora a mezz'aria, piegò la testa di lato e vidi i suoi occhi grigi incupirsi.
- Non capisco, se ho fatto qualcosa...-
Sentii le lacrime salire e cercai di reprimerle.
Dovevo essere forte.
- Non hai fatto niente! Assolutamente niente, è colpa mia.-
Mi mise una mano sulla spalla per rassicurarmi in qualche modo.
- Ehi, non dire così, ne usciremo fuori come abbiamo sempre fatto.-
Lo fissai con le lacrime ormai pronte a scendere, le mani tremanti e il respiro pesante.
- Io non ti amo più Duncan.-
Ritrasse la mano come scottato, allontanandosi da me di un paio di passi.
Rimase paralizzato per qualche secondo, poi si riavvicinò.
- È solo una fase Nora, ne abbiamo già passate, basta solo avere pazienza e con il tempo tutto tornerà come prima.-
- No, non capisci...-
- Vedrai che andrà tutto bene, ti sembra che sia diverso quello che provi perché adesso...-
- Ti ho tradito Duncan.-
Rimase in silenzio guardandomi come se si aspettasse che fosse tutto uno scherzo.
Uno scherzo stramaledettamente elaborato bene.
Ma non era così e quando se ne accorse si sedette sul divano.
Eravamo in due a piangere ora, e non era il mio dolore ad uccidermi ma il suo: non avevo mai visto il mio ragazzo così e non c'erano parole per descriverlo.
Era ferito, con le lacrime che scendevano copiose e le mani che cercavano di nascondere il suo volto.
Tremava, forse di rabbia, forse di dolore, non lo sapevo.
Non ci furono parole dopo, solo una porta che sbatteva.
Osservai Duncan dalla finestra e gli diedi un addio silenzioso.
Provai una strana sensazione vedendolo andare via.
Era come se avessi calciato un sassolino lungo la strada di casa: ti ci affezioni e poi ti piange il cuore quando lo devi abbandonare.
Lo calci con noncuranza, compagno inconsapevole dei tuoi pensieri e più questi si spingono in profondità, più il sassolino diventa parte della tua riflessione, di te, della tua vita.
E quando arrivi alla metà lo lasci lì a malincuore, lo guardai un'ultima volta con nostalgia, consapevole che il giorno dopo non te ne ricorderai neanche più.
Ero rimasta sola.
Mi ero liberata di un peso, ma mi sentivo soffocare, casa mia sembrava una prigione solitaria.
Senza mia madre, senza Duncan, con mio padre che stava facendo e aveva solo me su cui contare.
Ed io?
Senza nemmeno pensare uscii di casa e camminai così tanto fino a quando non mi fecero male le gambe.
Come se non bastasse iniziò a piovere.
Imprecai tra me e me, avevo bisogno di qualcuno che venisse a prendermi.
Avevo bisogno di sfogarmi.
Istintivamente chiamai Downey, esitai un secondo prima di cliccare sull'iper fare partire la chiamata ma poi lo feci.
Una suoneria echeggiò davanti a me e appena alzai lo sguardo lui era lì.
Mi buttai tra le braccia di Robert e le sue braccia mi accolsero con calore.
Per la prima volta dalla morte di mia mamma mi sentii bene e al sicuro.

Redamancy -R.D.J.-Where stories live. Discover now