Una valigia abbandonata in una stazione piena di gente

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Subito dopo si mette a spiegare Roland Barthes, e le sue teorie sull'amore.

Un giorno, poi, capirò come faccia a parlare sempre d'amore anche quando spiega la filosofia.


"Sentite questo nome" dice, iniziando a scrivere a caratteri immensi sulla lavagna, come fa ogni volta che deve introdurre un filosofo nuovo. "Roland Barthes..."
Poi inizia a spiegare.
"Roland Barthes è uno che ha parlato molto... che ha scritto molto... sull'amore, no?"
Dannazione, se solo mi avesse permesso di andare in bagno quando gliel'ho chiesto...

"Lui descrive l'amore come... come una malattia" dice, e il mio cuore perde un battito.
Ti prego papà, abbi pietà
, vorrei dirgli. Ma lui infierisce, imperterrito e spietato, e tutti pendono dalle sue labbra, come sempre.
"Descrive il desiderio, l'attrazione... come una febbre alta, che fa male" continua. E io vorrei non sentirle, queste parole. No, non oggi. Non oggi che è cambiato tutto. Non oggi che Manuel ha quegli occhi. Non oggi che sento addosso lo sguardo ferito di Laura, e la mia febbre alta mi sembra una colpa.
"E... l'innamorato... come un piccolo bambino con un pisellino eretto" aggiunge poi, generando qualche risatina. "Eh, vi fa ridere la parola pisellino..." commenta, sorridendo anche lui. Quindi continua: "Un po' come il giovane dio Eros..."
Poi le sue parole si esauriscono, e arriva al dunque. E so già che farà male, ma come glielo impedisco? Come lo fermo?
"Ma le cose più belle che ha scritto, le ha scritte..." mi guarda, e poi guarda un po' tutti, uno a uno. "Cercando di descrivere... il dolore di chi viene lasciato"
E avevo ragione a temerle: le sue parole stavolta sono un'onda. Vengono a sbattermi in faccia la mia colpa, che cerco di fronteggiare a braccia conserte, stringendo i pugni sul libro, mentre vorrei solo nascondermi. Perché, papà? Perché proprio oggi? Ho questo fuoco nel petto che non si placa. Mi sento un pugile all'angolo, vorrei solo arrendermi, datemi un po' di tregua.

Stai zitto, vorrei dirgli. Non infierire.
Ma le parole non escono.
E lui continua. E fa ancora più male.

"Se mi ricordo le sue parole... ehm... Sentite che belle, queste son...sono molto belle" dice, e si prepara a citarle. "Io sono come una valigia... abbandonata in una stazione piena di gente... che passa senza curarsi di me"

Il respiro di Laura dietro di me si fa pesante, sta per scoppiare a piangere, lo sento.

E infatti, un istante dopo, con un rumore violento si alza dalla sedia e scappa via.
Scappa via, Laura. Esce dall'aula senza voltarsi, solo uno "Scusi prof" a giustificarla, la voce rotta.

Il tragitto che separa il suo banco dalla porta è silenzioso e pregno di domande sospese a mezz'aria. Lo interrompe Chicca, che dice alzandosi: "Prof, le vado dietro"
Ma mio padre la ferma. "No no, ci vado io" e mentre esce ci raccomanda di pensare a quello che ci ha detto su Barthes.
E come potrei non pensarci? Come potrei, se le sue parole mi sono entrate dentro come lame?

Ti ho fatto così male, Laura? Perdonami, è colpa della mia febbre... di questa febbre alta che fa solo danni. È colpa di un paio d'occhi marroni. Di questo fuoco nel petto. Della mia voglia malsana di sincerità, che non mi ha mai portato niente di buono. È colpa dell'amore, di come l'hanno descritto i poeti e anche i filosofi. L'amore. È colpa sua se adesso ti senti come una valigia abbandonata in una stazione piena di gente, e nessuno si cura di te. Ma sappi che io mi sento esattamente come te. Perso, come una valigia appartenuta a qualcuno e sfuggita alla sua vista, che cerca disperatamente il suo sguardo tra un milione di altri sguardi, e non lo trova.

Indelebile || Simone e ManuelWhere stories live. Discover now