"Che fai? Torni?"

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Appena tornato a casa ho avvertito forte il desiderio di chiamarti. Per sapere come stai, forse. O solo per chiederti se è vero, che non vuoi più tornare. Che me lasci da solo anche tu.
Ma ho aspettato che mi madre uscisse pe' trovà il coraggio. Ché non so' bravo co' le scuse, io, ormai lo dovresti sapé. Lei mi rimprovera sempre, per questo.

E così eccomi qui, buttato sul divano ancora con gli scarponi ai piedi. La casa avvolta in un silenzio di attesa, e il telefono in mano con il tuo numero pronto.

Uno, due, tre...
Coraggio, Manuel, si tratta di Simone.
Oh, Simone.
Quello che sa tutto di te, pure dove nascondi le chiavi del box.
Quello che t'ha medicato le ferite e dato i suoi vestiti.
Quello che ti suggerisce alle interrogazioni.
Che c'hai paura di lui?
Sei tu quello più forte, adesso, ricorda.
Usare questa forza che hai con dolcezza.
Uno, due... tre.

Rispondi dopo solo tre squilli. E io che pensavo che m'avresti chiuso il telefono in faccia.
E invece la faccia tua m'appare sullo schermo e adesso non c'ho più il tempo de pensacce.
"Allora?" esordisco ancora prima che tu possa dire qualcosa. "È vera 'sta cosa che te voi trasferì in Scozia?"
"Anche fosse? A te che te ne frega, scusa?" mi rispondi. Hai in mano una birra e sulle labbra un sorriso appena accennato, che tradisce il tono di voce serio con cui mi parli.
Per un attimo mi sembra che tu non te ne sia mai andato. Che tu sia dall'altra parte di Roma e che tutto quello che è successo non sia esistito.
E forse è per questo che mi viene spontaneo risponderti: "E beh, me frega, chi me li passa i compiti de matematica poi?"
E il tuo sorriso, e il tuo dito medio davanti alla fotocamera, per un attimo mi alleggeriscono e mi fanno sentire meno in colpa. Forse non ce l'hai più con me. "Lo vedi?" mi dici. E sembri il Simone di sempre.
"Simò non fà cazzate. Lo so, so' stato 'na merda, però non... non le penso quelle cose che t'ho detto"
Tu te distendi sul letto e getti la testa all'indietro sospirando.
"Anch'io sono stato un po'... merda a dire tutto a Chicca"
"Un po'?" ti provoco aggrottando le sopracciglia.
"Oh, un po'. Mo' non t'allargà eh?" replichi, e alla fine sorridi, non ce la fai, non ti trattieni.
"Seh, vabbè" concludo io sospirando.
Non è questo l'importante, adesso.
"
Che fai? Torni?"
Questo.
Questo è l'importante.

Tu bevi un sorso di birra e poi te la rigiri tra le mani.
"Non lo so. È tutto un po'... difficile" mi dici. E d'un tratto sei tornato triste.

E non sai quanto vorrei fatte capì che è più semplice di quello che credi, Simò. Che adesso ti sembra tutto gigante perché è ancora tutto da capì, ma stare lontano non risolverà le cose.

"Ho capito, te sembra così difficile... ma lì non è che diventa tutto più facile" ti dico. "Poi che cavolo ce vai a fà in Scozia che piove sempre!" aggiungo, in un disperato ultimo tentativo di convincerti.
"They've got great beers" rispondi piazzandomi la bottiglia in primo piano sullo schermo. "Lo capisci questo o no?"
E io rido.
Ti guardo e rido, Simò.
Anche se vorrei dirti tante altre cose.
Raccontarti di Chicca, ad esempio. Che stamattina stava pe' fasse sospende da Lombardi. O di tu padre, che durante l'orario di lezione m'ha mandato a comprà 'na pianta de mandarino mezza morta, con la speranza che annaffiandola possa rifiorire. Oppure te potrei raccontà la lezione di oggi su Mill. Il paragone con gli alberi, tutta quella storia della ricerca del terreno giusto, degli sbagli che c'aiutano a capì qual è, del destino che ci facciamo da soli. Ma la verità, Simò, è che non trovo le parole giuste. Che vorrei solo guardatte e ride, come facciamo sempre. Perché finché lo facciamo, va tutto bene.

E perdonami
Sono forte, sì
Ma poi sono anche fragile 

Indelebile || Simone e ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora