"Penso di essere incinta"

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È da poco iniziata la ricreazione, e per giunta Laura ha appena finito di parlare con mio padre, quando viene a cercarmi e, con un freddo "Vieni con me", mi prende per mano e mi porta via. Interrompendo, tra l'altro, un discorso che mi stava facendo Manuel davanti alle macchinette.

Così, in silenzio e con il muso, camminando a passo svelto davanti a me e costringendomi a seguirla senza alcuna intenzione di lasciare la mia mano, mi trascina in classe. Dove c'è solo Luna, seduta al suo banco, intenta a mangiare un panino con le cuffiette nelle orecchie.

È così che si prepara a sferrarmi l'attacco finale, il colpo di grazia di questa giornata. Nascondendosi dietro l'armadio in legno alle spalle della cattedra, e incrociando le braccia all'altezza del petto.
Abbassa lo sguardo, Laura. Gli occhi contornati del suo trucco colato. E tiene il broncio come una bambina. Costringendomi a voltarmi verso una delle sue migliori amiche, ancora seduta lì al banco con le cuffie, ad accertarmi che quel discorso rimanga tra noi. E quando mi sono assicurato che Luna in realtà si sta facendo i fatti suoi e muove la testa a ritmo di quella musichetta fastidiosa che si sente fino a qui, mi appoggio con una spalla ad un'anta dell'armadio e... "Laura, queste scene a scuola no per favore" la ammonisco, sottovoce.
Ma lei insiste. Alza lo sguardo su di me e mi dice in faccia: "Sei tu che mi ci costringi! Ho bisogno di dirti quello che ieri non sono riuscita a dirti"

"Cioè?" provo a tirarle fuori.
Ed eccolo lì. Preceduto solo da un istante di esitazione. Il colpo di grazia.

"Ho otto giorni di ritardo"
Cazzo.
Il cuore salta un battito. La testa si svuota.
"Penso di essere incinta"
precisa. Come se non mi fossero bastate già le prime cinque parole per dimenticare d'un tratto come si respira.

Calma, Simone.
Magari si sbaglia. Magari non è sicuro.

Deglutisco e mi volto di nuovo verso Luna, che furtiva abbassa lo sguardo e riprende a dondolare la testa a ritmo di quella musichetta. E se ci ha sentiti?

Quindi afferro delicatamente Laura per entrambe le braccia e la sposto, per farmi spazio anch'io in quel rifugio angusto tra l'armadio e il termosifone. A ingannare quella sensazione, la stessa che provo a volte di notte, quando scendo a prendere l'acqua in cucina e mi sento le spalle scoperte.

"Come sarebbe incinta?" le domando sottovoce, dopo averla guardata negli occhi. E mi toglie l'aria, il suo sguardo da cerbiatto smarrito. Mi ricorda che io mi sto maledicendo per essermi cacciato in questo casino, mentre lei sta morendo di paura. E onestamente non so chi dei due stia messo peggio.
"Simo che ti devo spiegare tutto?" esclama spazientita, alzando leggermente il tono di voce. "Ho fatto uno di quei test che si comprano in farmacia... e è positivo!" specifica allargando le braccia.

"Quindi penso di essere incinta" conclude con naturalezza.

Come se mi stesse spiegando una regola matematica.
Uno più uno fa due.
Anzi, in questo caso uno più uno fa tre.

Io, lei, e questa cazzata che con ogni probabilità mi incatenerà a lei per il resto della vita.
"Come è possibile?" insisto.
"Indovina!" quasi mi urla in faccia. Il viso rosso, non so se più di rabbia o di imbarazzo. E mi scruta, con i suoi occhi grandi e lucidi, che tiene incollati ai miei.
"Simo io ti avevo detto di stare attento..." commenta poi, interrompendo quel gioco di sguardi.
E passando a me la patata bollente.
"Ma sono stato attento!"
le sussurro. Le mani nelle tasche e lei che mi dà le spalle.
Poi soppeso le parole che ho appena detto e... dannazione, non posso essere così insensibile. Laura probabilmente è incinta di uno stronzo che l'ha lasciata perché non l'amava, mi pare che quella che dovrebbe avere più paura qui è lei. E io che le avevo promesso di stare attento, come penso di lavarmene le mani adesso? Con un "non volevo"? Ormai è successo.
Così mi viene d'istinto avvolgerle le braccia intorno alle spalle. E, rifugiato con la testa sul suo collo, sussurrarle ripetutamente "Scusami scusami scusami..."

Scusami, Laura, se sono un vigliacco. Se preferirei essere ovunque, adesso, piuttosto che qui ad ascoltare questi discorsi. Scusami se vorrei che fosse solo un brutto sogno, quello che mi stai dicendo. Se vorrei che tu non mi avessi mai strappato via a Manuel. Se mi sento le spalle scoperte e ho paura, quando dovrei essere io a rassicurare te.

Sento il tuo profumo di talco e rose, nascosto nei tuoi capelli. E mi stringo a te per non andare giù.
Ci dondoliamo, Laura. E tu mi accarezzi le braccia. E d'un tratto mi fa tutto un po' meno paura.


Poi però lo sento. Il freddo, sul fianco scoperto. Laura che prende aria per dire qualcos'altro, e senza pietà mi fa tornare alla realtà.
"Simo io ti sto dicendo che aspettiamo un bambino..." sussurra. "So solo questo, non so altro"

E d'un tratto ritorna. Ritorna tutto. Laura non è più la salvezza. Laura ha paura come me. Laura sta venendo giù insieme a me.
Sposta leggermente la testa e i suoi capelli biondi mi solleticano il viso. Cerca il mio sguardo e io ai suoi occhi non mi faccio trovare. Sono già lontano.

"Se...sei sicura?" le domando un'ultima volta, stringendole le spalle. E vorrei che la sua risposta stavolta fosse diversa.
Ma lei si libera da quella stretta e, tirandomi una gomitata, mi liquida con un: "Simo vaffanculo!"

Se ne va dandomi le spalle. E mi lascia lì, spalle al muro.
Il tempo di metabolizzare, di mandare giù questo boccone amaro.
Poi mi decido a lasciare l'aula. Non prima di aver lanciato un ultimo, fugace, sguardo a Luna.

Che forse ha capito tutto. E che eppure non mi giudica. Perché lo vedo, non c'è giudizio nel suo sguardo. Solo quella salvezza che adesso vedo da dentro la mia personale prigione, e su cui non posso fare affidamento. Quella consapevolezza che... è successo a me, che a te non tocca. E chissà cosa darei perché non fosse così.

Indelebile || Simone e ManuelOù les histoires vivent. Découvrez maintenant