9. Frammenti di vita

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Restai per ore ferma su quel terrazzino, ripercorrendo quello che era successo.
Io avevo ammesso i miei errori, avevo ammesso a lui, e soprattutto a me stessa, che avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, che avrei voluto non avere avuto paura ed essere rimasta al suo fianco.

E lui non aveva fatto nulla, non aveva detto nulla.

Io avevo cercato di recuperare quel rapporto, di fargli capire quanto fosse sbagliato vendere il Casale.

E lui non aveva risposto, non aveva parlato.

Io avevo tentato di far riaffiorare il vecchio Christian e provato a spiegargli quanto ancora tenessi a lui; perché non lo amavo solo allora, probabilmente lo amavo ancora.

E lui aveva perseverato nella sua idea e l'indomani sarebbe andato via.

Non c'era più nulla che io potessi fare. Il nostro allontanamento, il rapporto irrisolto con suo padre, l'incidente, i traumi e le ferite, che Christian portava, sia fuori che dentro, erano indelebili e lui aveva volutamente cancellato il suo passato, me compresa.

Non c'era più nulla da fare. Il taccuino in cui suo padre Cesare ammetteva i suoi errori, in cui si poteva leggere la sofferenza che lo legava a suo figlio, gli era rimasto indifferente.

Presi le chiavi dal cuscino e letteralmente scappai via da lì.

La giornata passò lenta ed io restai tutto il giorno in chiesa senza nemmeno tornare per il pranzo. Sperai che passasse a prendere il suo mazzo di chiavi, sperai che almeno venisse a salutarmi, prima di scomparire di nuovo. Ma nessuno si fece vivo per reclamare le chiavi, tantomeno lui.

Mi tornarono in mente, allora, tutte le voci che avevano girato negli anni sul suo conto: che era un affermato manager a Londra, che aveva una bellissima fidanzata che probabilmente un giorno avrebbe sposato con una sfarzosa cerimonia, che la sua vita era, ormai, lontana anni luce da quel borgo piccolo e insignificante.

A quei pensieri non provai rabbia, né rancore nei suoi confronti, bensì provai delusione nei miei, che ancora non avevo saputo affrontare la mia vita e decidere quale fosse il bene per me. Nonno Vanni non c'era più da quasi un anno ed io continuavo a comportarmi come se lui dovesse ancora indicarmi la strada. Forse era giunto il momento di accettare la proposta di Viola e partire.

Don Antonio mi trovò ancora sul trabattello, pochi minuti prima di dover celebrare la messa della sera e se ne stupì.

-Chiara stai bene? Devi aver perso la cognizione del tempo. Sono quasi le sette.- disse a voce più alta, essendosi reso conto che non portavo le cuffie.

-Don Antonio, sì, mi dispiace...- risposi, sistemando in fretta i miei attrezzi.

Scesi dalla mia postazione di lavoro e guardai Don Antonio bisognosa del suo sguardo di conforto. Lui sorrise benevolo come sempre ed io lo salutai con un cenno del capo, avviandomi verso la porta laterale.

Fuori il sole ancora alto mi prese alla sprovvista, inforcai la bici ma non scesi verso il negozio di Viola, mi diressi verso casa per stare da sola. Sentivo il bisogno di crogiolarmi nella mia malinconia.

Una volta a casa mi gettai sul divano e recuperai il taccuino che era rimasto nella borsa, dal giorno prima. Strappai con foga il nastro e lo aprii su una pagina a caso.

14 Agosto 2011

'La mia Chiara è bellissima, la vedo ogni giorno cambiare sotto ai miei occhi e trasformarsi in una piccola donna. Ha ormai 14 anni e non è più quella bambinetta che correva ogni giorno tra i campi rincorsa dal figlio di Cesare. Anche lui non è più quel bambino di un tempo. Non è più quel bambino solare e sorridente. Ora è un ragazzo introverso e incompreso, da quello che mi dice suo padre, che non riesce più a trovarci un punto d'incontro. Cesare vorrebbe che suo figlio amasse il casale quanto lui, che si dedicasse al casale come fa lui. Ma ho cercato di fargli capire che non può, che deve smettere di insistere e lasciarlo libero di trovare la sua strada. Chiara e Christian sono cresciuti e hanno bisogno solo di fiducia e libertà.'

Scorsi ancora pagine avanti e cercai quella data, che più delle altre mi aveva colpito.

8 Settembre 2012

'Ho cercato di preservare la mia bambina da tanto dolore, ma da quando è tornata da Verona, per riprendere la scuola, sono stato costretto a dirle tutto. Le ho dovuto raccontare cosa era successo, quasi due mesi prima, al suo amico d'infanzia e lei ha solo sbarrato gli occhi e si è chiusa in sé stessa. Certamente vorrebbe andare a trovarlo, ma adesso non può farlo, a causa di ciò che mi racconta Cesare. Suo figlio è ancora in ospedale, sta facendo riabilitazione per le gambe e ha già subito un paio di operazioni al volto, rimasto sfregiato dall' impatto. Non è lo stesso, è peggio di un animale in gabbia, urla, strepita, spesso devono sedarlo o addirittura legargli le mani perché si strappa le fasciature dal volto. Accusa suo padre, ogni volta che lo vede, di averlo spinto con le sue stesse mani contro quell'albero, perché ancora una volta avevano litigato per il casale e Christian era cieco di rabbia. Cesare non si dà pace, si sta sfinendo sotto i miei occhi, distruggendosi nel senso di colpa. Cerca ogni singolo giorno di parlare e chiedere perdono a suo figlio; ma ormai tra loro si è aperta una voragine tanto grande che sta per inghiottirli. Cesare si affligge per la colpa, se potesse si schianterebbe al posto del figlio contro quell'albero, ma è stato solo un maledetto incidente di cui nessuno ha colpa. Sta pagando le cliniche migliori, i dottori e gli psicologi migliori, per aiutare il figlio a superare questa tragedia. Continua a dirmi che spera, un giorno, di tornare a parlargli e potergli dire che il casale non vale quanto il suo unico amato figlio, il casale sarà sempre suo ma potrà farci quello che vorrà, senza pressioni, senza costrizioni.'

Ed ora Christian stava facendo quello che voleva del casale. Dopo tanto odio, rancore, incomprensione, rabbia, era pur sempre il volere di Cesare: che suo figlio avesse libera scelta di quel luogo. Ero io l'unica a non volerlo accettare, la sola.

Un tonfo alla porta mi fece sobbalzare, poi un altro. Qualcuno bussava alla porta ed io non ero più abituata a quel rumore. Mi alzai di scatto e corsi ad aprire.

Davanti a me, sotto la luce del tramonto, gli occhi limpidi di Christian mi trafissero, di nuovo.

Oltre il Casale ©Où les histoires vivent. Découvrez maintenant