15. Delirio

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Dopo essermi accordata con mastro Ivano, lui risalì sul furgone e sparì giù per il viale ed io rifeci la strada a ritroso, che mi riportò alla camera degli affreschi, perché il grosso portone era rimasto aperto.

Mi fermai sulla soglia e alzai lo sguardo al soffitto. Credevo che, dopo quello che era successo quel giorno, lì dentro, quel soffitto mi sarebbe sembrato diverso, invece, non era cambiato nulla, come non era cambiato tra noi, come non era cambiato Christian.

Mi ero illusa. Non sarebbe servito a nulla riportare il casale al suo vecchio splendore. Christian non sarebbe rimasto legato a me. E allora perché continuare e perché darsi tanto da fare.

Con il volto ancora rivolto all'insù, una lacrima calò giù fino all'incavo del collo. Era rabbia, stanchezza, delusione, mancanza. Ero arrabbiata con me stessa per averci creduto, stanca della mia vita incompleta, delusa da Christian e sofferente per la mancanza del nonno. Lui mi avrebbe consolato, mi avrebbe condotto sulla strada giusta, mi avrebbe sostenuto come sempre; mentre io, al momento, era nella confusione e nella desolazione più totale.

Quando ripresi la bici e pedalai verso casa era ormai mezzogiorno ed il caldo di giugno aveva iniziato ad essere più prepotente. Così tanto che pensai di avere le allucinazioni, quando giunsi davanti casa e seduto sullo scalino del portone ci trovai Christian.

Lui, appena mi vide, si alzò di colpo e mi venne incontro.

- Non capisco cosa tu ci faccia qui, perché non ho nessuna intenzione di stare ad ascoltarti!- gli inveii subito contro, senza dargli il tempo di parlare.

- Sono scappato e mi dispiace...- provò a dire.

- Non mi importa, sai, non mi importa più! La "signorina Chiara" non vuole più avere a che fare con te. Fammi avere il tuo indirizzo mail per mandarti le fatture dei lavori o anzi, meglio, facciamo che del casale non se ne fa nulla, che puoi farci quello che vuoi anche raderlo al suolo. NON MI IMPORTA!- sbraitai cercando di recuperare le chiavi che sembravano essere state inghiottite dalla borsa.

- Chiara...ti prego...guardami un secondo...- fece lui con voce flebile.

- NO! - continuai imperterrita, senza guardarlo un solo secondo, ormai china sulla mia borsa nella ricerca infinita delle chiavi.
-Tu...tu sei...uno sciroccato!!! Io ho compreso tutto, capisco tutto, ma...tuo padre è morto da anni e tu ancora non lo perdoni! Ancora continui a comportarti come un bambino viziato, ad alterarti e fuggire ogni qualvolta viene anche solo fatto il suo nome! Ed io non  ne posso più di assecondarti! Non sei l'unico che ha sofferto!! Sai quanto rimpianti ho io, nei confronti di mio nonno!? Non serve a nulla alzare muri come fai tu! Così facendo allontani anche le poche persone che vorrebbero starti vicino...perdind-c-c-ca-CAVOLO!!!-

E fu il silenzio. Avevo detto la mia prima pseudo parolaccia e avevo anche svuotato completamente la borsa sul selciato, mentre insultavo Christian che non parlava. E lui non si muoveva, in piedi al mio fianco, ed era muto come fosse assente. In mente contai fino a tre, certa che, allo scadere, avrebbe ripreso la moto e sarebbe scappato; ma non successe, lui non si mosse di un solo millimetro e non aprì bocca nemmeno per un sospiro, tanto che mi sentii costretta a guardarlo.

Alzai gli occhi e mi bloccai. Christian aveva gli occhi colmi di lacrime che scendevano mute e indisturbate lungo le sue guance rigide. Sembrava gli mancasse il respiro, non aveva nessuna espressione e l'unica cosa in movimento era la singola lacrima che gli percorreva il viso.

Lo avevo ferito con le mie parole? Non lo avevo mai visto in quelle condizioni e la cosa mi turbava non poco. Ma lo aveva voluto lui, con il suo comportamento. Mi alzai e mi trovai con il viso di fronte al suo. Lui non si scompose, non nascose le lacrime né provò a contrastarle o asciugarle. Io sbarrai gli occhi nel vederlo tanto sconnesso. Era quella la parola che lo rappresentava meglio in quel momento; perché il suo corpo sembrava un mero contenitore e il suo cuore traboccava sentimenti attraverso le gemme blu dei suoi occhi.

Trapelava quanto fosse saturo di dover costringere se stesso dentro qualcosa che lo tenesse imprigionato. Non sapevo cosa fare. Avevo paura che se avessi abbassato di nuovo le mie difese, dopo essersi preso il mio cuore, ora lo avrebbe fatto a brandelli. Ma l'empatia era una delle mie migliori qualità e non sarei mai riuscita a vederlo così e fregarmene.

- Vorrei farti entrare, davvero, ma non trovo le chiavi. Forse mi sono cadute al casale o le ho perse mentre tornavo. Non ne ho idea...Viola ne ha comunque una copia...- borbottai sconclusionata infine.

Non rispose e non smise di guardarmi dritto negli occhi, finché, qualche secondo dopo, si decise a parlare:

- Ti ho raccontato soltanto un pezzo di verità...devo dirti tutto prima che mi esploda letteralmente la testa. Tu hai il potere di scoperchiare tutti i miei vasi di Pandora ed io finisco per perdere il controllo, mi dispiace...- sospirò e poi riprese:

- Tutto ciò che hai detto è vero. Quando nominano mio padre io perdo il lume della ragione e il motivo è perché...io sono il responsabile della morte di mio padre! Lui ha avuto quell'infarto a causa mia! Il giorno prima mi aveva chiamato per l'ennesima volta ed io non ero riuscito ad ignorarlo. Gli avevo risposto, lo avevo insultato, lo avevo deriso, avevamo discusso di nuovo, gli avevo sputato addosso tutta la mia rabbia e alla fine gli avevo sbattuto il telefono in faccia. Il pomeriggio dopo se ne era andato lasciandomi nel delirio più totale e cambiandomi per sempre, forse più dell'incidente di cui porto lo sfregio in volto. Questo non mi dà pace. Mi tortura con gli attacchi di panico, con gli incubi ed i miei scatti di rabbia e con le brutte risposte secche e poco educate.-

Restai pochi secondi in silenzio cercando di metabolizzare quello che avevo appena sentito, poi risposi:

- L'infarto non è stato a causa tua. Tua madre ha spiegato a nonno Vanni che tuo padre aveva scoperto di avere un problema ad una valvola cardiaca e stava facendo una cura. Smettila di condannare te stesso. Non hai colpe... Basta...Christian bas-

Non riuscii a finire la frase. Christian si abbassò verso di me e posò la sua bocca sulla mia.

Oltre il Casale ©Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora