10. Opportunità

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-Ciao e scusa se sono venuto qui, ma devo domandarti una cosa-.

La voce calma, le parole cadenzate ed io stentavo a credere ai miei occhi e anche alle mie orecchie.

-Non preoccuparti, dimmi...- cercai di tenere a bada la mia sorpresa e la mia felicità nel vederlo fuori dalla mia porta.

-Ho una proposta da farti. Sono disposto a non vendere, sol-

Lo interruppi bruscamente:

-Non hai venduto?!-

-Non ancora. Dicevo, sono disposto a non vendere solo ad una condizione.- concluse serio.

-Quale sarebbe?- chiesi confusa.

-Dovrai occupartene tu. Di tutto. Dai contadini, alla contabilità, all'organizzazione. So che bisogna rimetterlo in piedi, che è un anno che non ci va più nessuno, che le colture vanno riprese e il casale andrebbe sistemato ed io ti fornirò tutti i soldi che serviranno, ma soltanto quello, voglio starne fuori. Lo gestirai tu!-

Quelle parole rimbalzavano nelle mie orecchie e rimbombavano nella mia testa. Mi sembrava di essere nel bel mezzo di una tempesta su una zattera sgangherata.

Non riuscivo a proferire parola, lo guardavo fissa in quegli occhi che erano l'orizzonte della mia tempesta e che mi sembrava ancora troppo lontano.

-Ho sbagliato a venire. È troppo lo so...- fece poi, passandosi una mano tra i capelli lisci.

-Ho il restauro della Pala...- risposi sbuffando.

-Hai ragione...è una richiesta assurda...-

-Accetto! Ma ho anch'io delle condizioni!- affermai un secondo dopo, ostentando sicurezza.

Lo vidi spalancare gli occhi sorpreso.

-Ci vorranno circa un paio di mesi per sistemare tutto. Dovrai restare qui per quei mesi...e...la camera degli affreschi...voglio poter restaurare anche quella...-

Ora era lui a guardarmi sconvolto e senza parlare. Ed io cercavo di scrutare nei suoi occhi per leggerci dentro le emozioni che lo attraversavano. Poi dopo un tempo che mi sembrò infinito, rispose:

-Resterò solo per questi due mesi estivi. Se i lavori si protrarranno non farò eccezioni.-

Annuii e lui riprese:

-Della camera degli affreschi puoi farne ciò che vuoi. Non mi importa.-

-Siamo d'accordo allora. Devo firmare un contratto?-

-Nessun contratto. Mi fido. Ti aspetto domani mattina al Casale.- concluse risoluto.

E prima che potessi obiettare, accennò un mezzo sorriso e risalì in moto. Richiusi la porta e mi ci appoggiai di schiena, scivolando e sedendomi sul pavimento. Non avevo pensato, non avevo considerato, minimamente, le conseguenze che quella mia scelta di pancia e poco oculata avrebbero portato.

Non mi ero data il tempo di riflettere, forse per colpa che lui si rimangiasse tutto o per paura di scoprire che quella conversazione la stavo immaginando nella mia testa, per quanto fosse assurda.

Non avevo avuto il tempo di farlo entrare, di chiedere spiegazioni per quella scelta, di parlarci di più. Perché aveva deciso così? Perché aveva scelto me? Cosa lo aveva portato a cambiare idea? Ma più di tutto, perché aveva deciso di rimanere?!

Ed io come avevo potuto chiedergli di restare?!!! Perché avevo voluto che restasse al borgo, quando l'unica cosa che sapevo non volesse, era restarci; ma soprattutto, perché l'unica cosa sensata che avrei dovuto fare, per la mia incolumità fisica e mentale, sarebbe stato saperlo a Londra.

Mi ero lasciata condizionare ancora, senza che me ne rendessi conto, come diceva Viola? E gli avrei permesso ancora di ferirmi e avrei sofferto ancora sotto i colpi di colui che non riconoscevo affatto, soprattutto in queste strane decisioni avventate?

Sospirai. Il groviglio dei miei pensieri era diventato una matassa informe. Solo il giorno prima riflettevo sul fatto che mi sarei dovuta trasferire e poche ore dopo, avevo accettato di occuparmi completamente del casale. Anche della camera degli affreschi.

Chiusi gli occhi e mi trasportai con il pensiero alle poche volte in cui ci ero entrata. Era la stanza per eccellenza di Cesare Blandi, il suo luogo più amato, nella quale passava tutto il tempo quando era in casa. Una stanza enorme in cui troneggiava un largo letto a baldacchino con leggere tende bianche, una stretta panca ai piedi e in fondo, dalla parte opposta, una grande scrivania in legno chiaro piena di libri e pile di carte, al cui fianco spiccava una larga poltrona, dai grossi braccioli, rivestita in velluto blu. Tre grandi finestre alte riempivano di luce la stanza e affacciavano sull'intera tenuta e in lontananza sul borgo stesso. Ma soprattutto, quel soffitto altissimo, leggermente voltato, dipinto di azzurro carta da zucchero, in cui si confondevano rami di alberi e fiori e frutti di ogni genere.

La prima volta in cui ero entrata lì, ero rimasta estasiata con il naso all'insù: ero solo una bambina ma mi incantai a contemplare quella meraviglia di soffitto, illuminato dalla luce calda dell'estate che prepotente entrava dalle alte finestre in legno chiaro. Ero lì perché Christian adorava quella stanza, ogni volta che giocavamo a nascondino era il suo posto preferito e anche quel giorno che non riuscivo a trovarlo lo cercai lì. Lui uscì da dietro il letto e mi passò di fianco gridando 'Tana' non appena fu giunto in fondo al corridoio alle mie spalle.

Chissà da quanto non ci entrava o se tornando, dopo tanti anni, era il primo posto del casale in cui era andato. Io avrei restaurato quell'affresco sul soffitto, riportandolo al vecchio splendore, avrei ripassato ogni singolo ramo, ogni singolo lembo di colore di quel soffitto nel nome di Cesare, sperando che riuscisse, da qualunque posto fosse, ad aprire il cuore di suo figlio, a sciogliere il ghiaccio che lo teneva incatenato, a riportarlo indietro a colui che era. Avrei rimesso a nuovo l'intera stanza, sperando che Christian decidesse un giorno di farla sua e restare al casale per sempre.

Continuavo a sperare, a credere che lui cambiasse, che tornasse, che restasse. Ormai ne avevo la certezza, non avevo mai smesso di amarlo. Lo avevo amato da bambina come il mio amico del cuore, lo avevo amato da adolescente dopo quel bacio che avevo temuto e non avevo mai dimenticato, lo avevo amato nei miei ricordi negli anni in cui non avevo avuto il coraggio di affrontarlo e continuavo ad amarlo ancora, adesso, dopo averlo rivisto, nonostante fosse diverso, fosse irriconoscibile ai miei occhi e al mio cuore.

Ora che lo amavo da donna, avrei dovuto essere capace di aspettare, di affrontare, di capire l'uomo che era diventato sulle ceneri del ragazzo che era, sorretto dai fantasmi che ancora oggi lo tormentavano.

Oltre il Casale ©Where stories live. Discover now