12. Shadows' Ocean

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La luce irradiata dalla piccola abitazione, che feriva l'oscura monotonia della landa nevosa, bruciò i miei occhi con piacevole insistenza. Nonostante fossi stata in compagnia del misterioso uomo per tempo interminabile, non averlo scorto ancora in viso provocava in me un palese senso di inquietudine e disagio.

Deglutii quando arrestò la cavalcata, tirando le briglie con uno schiocco deciso verso di sé. Scese con un balzo dalla sella, porgendomi la mano per invitarmi a fare lo stesso, come un vero gentiluomo.

«Scendo da sola», ribattei con voce rauca; non avevo però contato i miei atti gelati e intirizziti, che si rifiutarono quasi di compiere il lavoro affidatogli. «Mhm, va bene», acconsentii infine, accettando il suo aiuto.

«Ma... ma voi», balbettò, probabilmente osservando il mio viso. Non potei fare lo stesso, siccome il suo era in controluce. «Siete la ragazza del cimitero!» mi accusò quasi, una volta che toccai i piedi per terra.

«Cosa?» domandai a mia volta. «Voi come fate a...» Non finii la frase, poiché lui si spostò di fronte a me, facendo saettare i suoi connotati alla mia vista. Lo avevo già visto... ma dove? «Eh?» balbettai.

«Un po' di giorni fa eravate sdraiata, accanto alla lapide. Avete creato così tanto baccano che tutti si sono accorti di voi!» ribatté con enfasi, quasi come se quell'avvenimento fosse stato il più interessante della sua vita.

«Certo», ribattei asciutta, nauseata da quelle lusinghe fuori luogo. «Chi siete?»

«Lord Hamish...» Un lord, proprio a caso mio! Non lo lasciai finire, non mi interessava da che casata o regione provenisse. Forse, se lo avessi sfruttato al meglio, avrebbe potuto recarmi qualche vantaggio.

«Oh, naturalmente, mi ricordo di voi!» ribattei, con occhi scintillanti di adorazione. Decisi che reggergli il gioco era la scelta più saggia da intraprendere, non tanto perché fossi disperata - beh, in realtà lo ero, ma non era quello il motivo principale - ma perché se avessi avuto bisogno di qualsiasi risorsa di tipo economico e non, lui avrebbe potuto provvedere.

Stavo approfittando di lui? Certo che sì, e non avevo paura ad ammetterlo a me stessa. Avrei fatto di tutto per risolvere quell'enigma di cui io ero all'oscuro, persino diventare un'infima ombra di me stessa.

«Purtroppo non ho molto da mangiare, i tempi sono duri, sapete», articolò, porgendomi con mano tremante per il gelo una misera fetta di pane con un po' di lardo.

Cercai di non apparire troppo delusa per quella razione scarna del tanto agognato cibo, anche se non ero in vena di esibire le mie doti di attrice, per cui il mio volto fu abbastanza esplicito e parlò per me.

Il fioco barlume di educazione impostami da mia madre provò a scalpitare nella mia mente, ordinandomi di ringraziare per l'ospitalità ricevuta e accettare in silenzio. Per quanto ne sapevo mia madre non era ancora nata, per cui io non avevo più degli ideali radicati in me, dunque non avevo più un carattere.

La mia identità era stata frammentata in tante ombre di me stessa. Che cosa mi diceva che io, essere esistente e pensante, fossi ancora la stessa Haley?

Accantonai il pensiero per il terrore che mi sconquassava lo stomaco. Essere me stessa era l'unica certezza a cui potevo ancora aggrapparmi, l'unico barlume di lucidità in un mare di follia. «Voi non eravate un lord?» domandai, dando un morso al tozzo di pane. Masticai come se fosse stato colla nella mia bocca.

«Oh, ai giorni d'oggi questi titoli sono meramente simbolici. Possiedo gli stessi beni materiali di un contadino».

Quasi mi strozzai con il panino stantio. Evidentemente la mia buona stella doveva essere partita per una crociera, perché questo era davvero il colmo. Quante possibilità avevo di incontrare un nobile decaduto? «Dunque la vostra famiglia è caduta in disgrazia», constatai.

BlackholeWhere stories live. Discover now