PROLOGO

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Addio.

Addio è una parola così semplice da dire, eppure ha un significato così potente da renderla straziante.

Così poche sillabe che portano così tanto dolore nella vita di una persona.

Io ho portato dolore nella vita di una persona. Nella tua vita, amore mio.

Ti ho lasciato. Sono andato via per la mia strada e ti ho lasciato.

Ti ho lasciato con il cuore a pezzi e gli occhi in fiamme e ho fatto quello che mi riesce meglio: fuggire.

Del resto l'hai detto tu, no? Non faccio altro che fuggire. Sono egoista e faccio del male alle persone che mi circondano. Sono una bestia ed un animale feroce.

Hai ragione.

Forse è meglio che un uomo come me stia lontano da una creatura così pura come te. Ti ho fatto del male e ho continuato a fartene inconsapevolmente.

Non ho lasciato solo te, però. Con te ho lasciato anche me, ho lasciato quella parte di me che si era illusa, anche solo per un attimo, di poter essere felice.

Ho lasciato quella parte di me che si crogiolava nel calore della tua presenza e nella felicità dei tuoi occhi.

Quegli occhi così belli, innocenti e veri che a me ricordavano due gemme.

Quegli occhi che mi guardavano delusi, arrabbiati e pieni di lacrime. E la cui immagine mi tormenta sempre.

Sai, amore mio, ripenso sempre a quei momenti ormai passati. Ripenso sempre a come sarebbe potuta andare.

Ripenso a noi, a te. Al male che ti ho causato.

A quale meccanismo si sia inceppato per portarci al punto in cui siamo ora.

E sono stanco. Non ho più le forze per andare avanti.

Sono sfinito e prosciugato.

Vorrei tanto lasciarmi andare in un sonno liberatorio ma non ci riesco.

Appena mi assopisco la tua voce torna prepotentemente nei miei ricordi, perforandomi il cervello ed il cuore.

Dopo così tanto tempo, capisco ancora che il tuo ricordo è ancora nitido in me.

Come se non ci fossimo mai lasciati.

Come un diamante in un mare di fango.

Sei nitida come la luna sull'acqua chiara.




La casa è silenziosa. Le finestre aperte lasciano passare l'aria calda di Maggio.

Il canto delle cicale culla il sonno degli abitanti di quella villa lontana dal centro storico.

Un urlo.

Un urlo proveniente dall'inferno rompe quella quiete notturna, destando di soprassalto i ragazzi che corrono nella stanza da cui proviene quello strazio.

La ragazza è accovacciata su se stessa, porta le gambe al petto e le cinge con le pallide braccia, dondolandosi con sguardo terreo.

«Non c'è...è andato via...» farfuglia in preda al delirio «..lui è andato via!»

Piange. Piange depressa e avvilita.

Trema e si dispera. Grossi singhiozzi le scuotono il petto e l'anima.

Piange e soffre.

Vistose ciocche castane giacciono strappate sul grande letto matrimoniale, mentre altre arriveranno di lì a poco.

Continua a strappare e a strappare, come a voler negare a chiunque altro, lei per prima, il permesso di arricciare quelle ciocche intorno alla mano.

In grembo un biglietto strappato, scritto con una calligrafia sferzante ma leggibile:

"Come la luna sull'acqua chiara."

Come la luna sull'acqua chiara.Where stories live. Discover now