Undici..

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Avrei pagato oro pur di continuare a sentire le sue gambe strette intorno ai miei fianchi, sentirla quasi arrossire per le cose che dicevo, anche se non potevo vederla perché era coperta dal casco,  vederla stringere quelle cosce, che Dio solo sa ...

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Avrei pagato oro pur di continuare a sentire le sue gambe strette intorno ai miei fianchi, sentirla quasi arrossire per le cose che dicevo, anche se non potevo vederla perché era coperta dal casco, vederla stringere quelle cosce, che Dio solo sa quanto vorrei possedere, tra di loro per cercare di frenare l'eccitamento che aveva quando le dicevo quanto avrei voluto scoparla.

Avrei dato tutto.

E la cosa bella sapete qual è ?
Che non me ne sarei mai pentito.

Mai, cazzo, mai avrei rinunciato a delle sensazioni del genere, che insieme alla adrenalina che mi donava la velocità, formavano il combo perfetto.

Sapete le cose perfette?
Ad esempio tutti e quattro i lati di un quadrato o un rombo, in cui tutte le misure di lunghezza combaciano tra di loro.

Ecco, questi eravamo io e lei su quella moto, lei seduta su di me in quel modo così sensuale, capace di farmi venire un giramento di testa, io che avevo un'erezione che premeva contro le sue mutandine, e le sentivo chiaramente, grazie a quella gonna del cazzo che portavo verso il basso una continuazione, per evitare che qualcuno, per strada, potesse vedere qualcosa di indesiderato.

Avrei tanto voluto strapparle quelle mutandine, con i denti e con la forza.

Eravamo la perfezione.
La perfezione in tutti nostri battibecchi, in tutte le volte che ci stucchiamo, tutte le volte che ci provochiamo, e anche tutte le volte che ci odiamo da morire. 

Non sto capendo un cazzo neanche io di quello che succede con Diana.

Un giorno la tensione sessuale tra di noi arriva alle stelle, un'altro giorno non ci possiamo proprio vedere, e un'altro giorno ancora chiudiamo tutto.
Forse è proprio il bello della nostra storia.

Smetto di pensarci appena il mio telefono inizia a suonare, facendo così apparire sullo schermo il nome di Stephan.

Ma che cazzo, siamo nella stessa casa e chiama a telefono ?

Attacco senza rispondere, e mi alzo dal letto, dirigendomi immediatamente al piano inferiore delle casa, trovando già l'emblema di tutte le mie sfuriate davanti agli occhi.

«Che c'è?» gli chiedo, avvicinandomi sempre di più a lui.

«Stasera diamo una festa qua a casa, volevo solo avvisarti»

«Mi hai svegliato, per dirmi che stasera fate una festa qui ?» scrollo le spalle in modo indifferente, non essendo interessato minimamente alla conversazione.

«Si, altrimenti saresti rimasto nel letto tutto il giorno» mi conosce troppo bene.

Senza rispondere ulteriormente me ne risalgo di nuovo al piano superiore, mi butto nel letto, e cado in uno di quei sogni profondi, dove l'unico problema che affronti è capire se ti vuol alzare per andare al cesso, e interrompere il sogno, oppure continuare a sognare e farti magari sotto.

She's my weak point Where stories live. Discover now