CAPITOLO 9

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Kaleb non fece i salti di gioia, quando Sparkle gli telefonò per informarlo che si sarebbero trasferite a casa sua il prossimo week-end. Il tono della sua voce fu molto controllato e Sparkle se lo immaginò seduto alla scrivania, impaziente che lei finisse di dire quanto doveva per poi poter riappendere il ricevitore e riprendere a dirigere il suo impero.

Nei giorni precedenti, lei aveva approfondito le ricerche sul suo conto. Aveva scovato parecchie informazioni su internet, impregnate di dettagli sulla sua scalata al successo. Uno degli articoli era stato scritto pochi mesi prima, in occasione dell'acquisizione di un'azienda di componenti automobilistici in crisi.

Sembrava che la passione di Kaleb fosse quella di acquistare società di diversi settori sull'orlo del fallimento per rimetterle in sesto e poi rivenderle con profitti altissimi.

C'era una sua fotografia, in mezzo agli impiegati di una di queste società, e tutti sorridevano. Sparkle pensò che i casi erano due: o li avevano obbligati a sorridere per la foto, oppure non sapevano assolutamente niente di Kaleb Brantley.

"Non posso parlare in questo momento," disse lui e il modo in cui lo disse la fece irrigidire. "Incontriamoci al mio club tra quaranta minuti," tentò di liquidarla.

"Non posso... Sono al lavoro," lo informò, seccata.

Ma cosa pensava? Che fosse a casa a poltrire tranquillamente sul divano? Che non avesse niente di particolare da fare correre ogni volta che il signor Brantley comandava? Che lei scattasse sull'attenti giorno e notte ad ogni schiocco delle sue dita?

"Lascia quel lavoro."

Riappese, chiudendo l'argomento e impedendole di dargli la risposta brutale che stava già elaborando. Durante tutto il tragitto in metropolitana verso il club, Sparkle sentì crescere la rabbia.

'Che essere arrogante!' continuava a dire a sé stessa ogni cinque secondi.

Arrivò al club con dieci minuti di ritardo e venne subito accompagnata in uno dei salotti, dove Kaleb l'aspettava parlando al cellulare e rovistando nella valigetta aperta sul tavolino davanti a lui.

Senza dirle niente, le fece cenno di sedersi e continuò la conversazione prendendo appunti. La sua giacca era appoggiata sulla spalliera della poltrona, e si era rimboccato le maniche della camicia.

Sparkle si sedette e lo scrutò tra le ciglia socchiuse. Nella City era considerato un vero mago della finanza. I suoi movimenti erano seguiti attentamente da tutti i suoi rivali in affari e i suoi consigli venivano presi in considerazione da tutti quelli che sollecitavano il suo parere. Era temuto e rispettato in uguale misura.

Quando ebbe finito di parlare, posò il cellulare sul tavolo, poi finalmente si degnò di guardarla.

"Molto bene..." disse.

"Non c'era proprio bisogno di lasciare il tuo ufficio e venire qui per incontrarci," gli fece notare Sparkle con tono aspro. "Ti ho telefonato solo per informarti che , alla fine, saremmo pronte a trasferirci questo fine settimana."

"Prendi una tazza di caffè."

Sul tavolino c'era un vassoio con una caffettiera d'argento e un piatto di biscotti fatti in casa. Lui versò una tazza di caffè, aggiunse del latte e gliela porse.

"Sarò fuori dal paese fino a venerdì e ho pensato che sarebbe meglio discutere i dettagli di persona. Tutto bene con Mira? Non si è spaventata troppo all'idea di traslocare?"

In realtà, non c'era stato molto da discutere. Mira aveva accettato la proposta obbediente, con la placida accettazione che i bambini mostrano nei confronti di eventi che molti adulti considererebbero sconvolgenti.

UN NATALE PER RICOMINCIAREWhere stories live. Discover now