3. Coyote Rosso

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La polvere si solleva dal sentiero battuto, vortica attorno ai suoi anfibi, si spande nell'aria.

La selva è immersa nella quiete. Nulla produce rumore, a parte le suole di gomma, che grattano le pietre a ogni timido passo:

Scrat... scrat... scrat.

Scannerizza nervoso l'ambiente: saltabeccano le iridi da un angolo all'altro, scrutano nel folto della flora. Ma, com'è stato pronosticato, non si trattengono mai su quel punto.

Se lo facessero, se si soffermassero anche solo per un istante, forse la preda si accorgerebbe dell'occhio feroce e incavato, del sangue della ferita allo zigomo destro, visibile oltre quel buco del basso cespuglio vicino al sentiero.

Ma tanto, non gli sarebbe d'aiuto.

Ormai non ha scampo.

Un alito di vento fa vibrare le foglie.

Che cos'è... la strategia del Coyote Rosso?

È nascondersi tra le pieghe della bruma, rimanere in attesa oltre l'onda del suono. È sapere sempre dove si trova il nemico, e muoversi nei punti ciechi della sua Weltanschauung.

Coyote Rosso ha un vantaggio evolutivo sugli altri combattenti. È agile, leggero, il suo respiro è sottile come un velo di seta, corre veloce sulla cresta del colle. Ma, soprattutto, sa che gli altri tendono ad abbassare la guardia. Che lo sottovalutano, che peccano di congenita presunzione. E che non imparano mai dagli errori.

Per questo il colle su cui corre Coyote Rosso è il colle su cui gli altri vanno a morire.

Coyote Rosso solleva la canna dell'AK-47 ad aria compressa oltre il fogliame.

Seleziona: colpo singolo.

Click.

Poi, ghigna.

E preme il grilletto.

Sbam!

Il pallino di plastica biodegradabile di sei millimetri di diametro sfreccia in diagonale, oltrepassa la linea d'ombra, si avvolge nei raggi solari. E sbatte in pieno sulla tempia di Tazio Marra.

– Ahi! Che cazz... – La vittima, allibita, sobbalza. D'istinto solleva la mano e si protegge la faccia... in ritardo. Si volta irrequieta, fa stime sulla traiettoria del proiettile che l'ha raggiunta. Poi si accorge di Coyote Rosso. – Oh, che... Che palle.

Coyote Rosso ride dentro. Si erge in piedi con dignità, elevandosi dalla sua postazione da cecchino.

– Tu eri l'ultimo, vero? – chiede a voce alta.

Tazio Marra finisce di massaggiarsi la carne colpita nel vivo. Poi, stanco, abbandona le braccia sui fianchi, lascia ricadere la testa all'indietro. Rimira il cielo limpido, per un attimo; e si vede proiettato lassù, oltre le nuvole, lontano da quel posto di merda. Poi chiude gli occhi. Il suo M4A1 resta appeso alla cinghia, il calcio che sbuca da dietro la schiena come una coda metallica, e che dondola triste.

– Sì, – risponde annoiato.

– Quindi abbiamo vinto noi.

– Già.

– Per la terza volta.

Sospira. – Seh.

– Okay. – Coyote Rosso decide di non infierire. – Sento dagli altri se possiamo tornare.

Mette la sicura al fucile d'assalto e scavalca il cespuglio con un'unica mossa. Attraversa lo spazio scoperto, si avvicina a Tazio e sgancia dal gilet tattico il suo walkie-talkie personale. Si porta il microfono al viso e preme un pulsante.

La strategia del Coyote RossoWhere stories live. Discover now