§. La signora Baumgartner di via Tiresia

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CAPITOLO BONUS 

Domenica mattina, 28 settembre. Una Mitsubishi Pajero Turbo Intercooler svolta all'incrocio per Via Tiresia. Il lunotto posteriore riflette il sole pallido, da poco innalzatosi sopra il profilo degli Appennini.

Percorre una cinquantina di metri e accosta sul lato destro della strada, salendo sul marciapiede con una delle ruote motrici. 

Ne discende una donna sulla quarantina, capelli castani raccolti in una pinza a farfalla dietro la nuca. Indossa un trench color cammello che le arriva fino alle cosce, con doppia fila di bottoni, aperto su una blusa dalla fantasia geometrica, in tessuto sintetico, e su un paio di pantaloni azzurri di chino. Getta lo sguarda al di là della staccionata bianca.

– Aspettami qui, faccio presto. 

L'adolescente rimasto seduto nell'abitacolo le fa un cenno d'assenso. Poi, richiusasi la portiera alle spalle, la donna supera il cancelletto che dà accesso al giardino. Il tacchettio delle sue décolleté inizia a risuonare lungo il selciato, mentre si avvicina alla villetta simil-rustica dagli esterni in muratura. 

– Oh, Sebastiano! – Alza la mano sinistra nell'aria.

– Buongiorno, signora Maffei. 

La testa di Sebastiano sbuca da dietro un lenzuolo appeso a una corda tramite due mollette sbiadite. Ai suoi piedi c'è un grosso secchio di plastica, ricolmo di panni ancora umidi.

– Tesoro! – La voce della donna si fa carezzevole. – Tua nonna è in casa?

– Sì-sì.

– Posso entrare...? C'è già qualcuno dentro...?

– No, non c'è nessuno, vada pure. È in salotto.

Così, dopo aver varcato la soglia della casa, la signora Maffei si ritrova all'interno disimpegno, accanto a una parete strabordante di cornici in legno di mogano, di fotografie in bianco e nero e a colori. Si avvicina alla tenda anti-mosche, la scosta con le dita e si affaccia, per metà, all'interno del piccolo salotto dal pavimento in graniglia. 

– Signora Doris...? È permesso? Disturbo? 

– Agnese. Vieni, entra pure, – la rassicura una voce arrochita. 

La donna fa appena due timidi passi all'interno della stanza. Una fragranza d'incenso le investe le narici, sulla sua retina brilla il riflesso delle candele accese, poggiate in fila su un ripiano della libreria: arancia, cannella, vaniglia mista a miele. Resta in piedi a fianco del mobile, le dita strette attorno alla borsa di pelle.

– Mi spiace presentarmi così, senza appuntamento, – spiega, un poco in soggezione sotto allo sguardo freddo della figura pingue seduta all'altro capo d'un tavolino. – Ero di strada per la Piana, sa...

– Non c'è problema. Come puoi vedere... non c'è nessuno. – L'anziana, capelli d'argento rasati al millimetro, scosta con lentezza la sedia e si erge in piedi. Stringe con una mano il bastone da passeggio e, con l'altra, il bordo della tovaglia in tela cerata con una stampa di limoni. Le pietruzze dei suoi orecchini ondeggiano appena mentre avanza nelle scarpe ortopediche in direzione di un comodino. – Su, siediti! – E, standole ancora di spalle, apre un cassetto sottile, dal pomello in ceramica, e comincia a rovistare al suo interno. – Allora, Agnese... Come sta tuo marito? 

La donna appoggia la borsa a uno degli schienali, proprio di fronte al posto che era occupato da Doris. Mentre ancora riflette sulla risposta da darle, si sofferma sul grande mandala appeso alla parete di fronte a lei. Tutt'attorno, disseminate su mensole e ripiani, una moltitudine di statuette in legno africano, campane tibetane di diversa capienza, mazzi di lavanda appesi al soffitto, tre acchiappasogni cheyenne e un nugolo di cuscini patchwork disposti su una sajjada verde smeraldo dai ricami dorati, poggiata su un cassettone.

La strategia del Coyote RossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora