9. Spotty è il nostro Dio

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Ripresa dall'alto a campo lungo, zona residenziale di Borgonatio. Ore 07:38 del mattino.

Il bus della linea extraurbana E61 procede da est lungo Via Bontempelli, invade di poco la corsia opposta e tiene un'andatura di 35 km/h. Supera la curva, sobbalza in risposta alla pressione del piede sul freno e rallenta, finché non affianca una pensilina di metallo, incastonata tra due castagni. Lì, in piedi accanto al cartello che punta verso la stazione, c'è solo una ragazza in attesa. Le portiere si aprono di fronte a lei.

Monica si avvicina alla striscia bianca, a braccia incrociate. Poggia il piede sul primo scalino, si dà la spinta e sparisce oltre il tettuccio di parallelepipedo blu acceso, un aborto cromatico che cozza contro il grigio dell'asfalto, il verde spento dei prati, e le chiome degli alberi che virano verso i colori dell'autunno. 

Ultimissima corsa, per chi speri di raggiungere la Leopoldo in tempo per l'inizio della prima ora.

Solo in un altro paio di circostanze Monica ha ritardato così, nel corso degli ultimi due anni scolastici. Vuoi perché non le era suonata la sveglia, vuoi perché non riusciva a trovare il taccuino degli esercizi di francese... ogni volta rischiando per un pelo di entrare in classe ben oltre il suono della campana. Stavolta, però, non c'è stato alcun impedimento. 

Stavolta si tratta di una scelta

Perché? Forse perché l'ultimissima corsa da Borgonatio a Villaluna, linea extraurbana E61, è anche quella su cui è meno probabile incontrare altri studenti, come la Cecchi, ad esempio? O quella sua compagna di classe dai capelli castani? o il Venanzi, o...

Rengie?

Primo piano sul suo viso. Palpebre stanche.

Eppure, ora che ha assicurata la presa delle dita al bordo della macchina obliteratrice, ora che le portiere si richiudono alle sue spalle e prima ancora che rombo del motore annunci la ripresa della marcia, è il vociare intenso dei passeggeri, i loro bisbigli e sghignazzi, a raggiungerla. In un attimo la sua testa ne è piena, la laringe è stretta in un nodo che quasi le impedisce di respirare.

Sì. "Di solito" c'è poca gente. 

Abbassa lo sguardo, Monica. Avanza a passo malfermo lungo il corridoio di mezzo. 

E si chiede: cosa mormorano? Mi stanno, forse, fissando?

Poi prende posto, nella quinta fila, si mette vicina al finestrino. Vorrebbe tirar fuori il lettore portatile, ficcarsi gli auricolari nelle orecchie, volume al massimo, e rimanere per tutto il tragitto con lo sguardo proiettato oltre il vetro, ma non lo fa. Non ci riesce.

Alla fine di Via Bontempelli, il bus svolta a destra e si immette in Viale Marco Aurelio. Poi, all'incrocio, tira dritto. Supera i campi sportivi, passa vicino al Jazz Club. E, nei pressi del ponte sul Rivo, si arresta a una delle ultime fermate prima di uscire da Borgonatio. 

È proprio a questo punto, ore 07:42, che un ragazzo si avvicina al suo sedile. Col k-way appeso al braccio e le copertine spiegazzate dei quaderni che sbucano dalla cerniera dello zaino, si affaccia da dietro, e la guarda. Monica non sa se sia appena salito o se fosse già dentro il bus, magari nascosti tra gli ultimi posti. 

– Posso? – le chiede. Il suo indice punta al sedile di fianco.

Monica lo scruta solo per un attimo. Il suo viso ovale, la montatura nera degli occhiali da vista, la felpa blu e rossa della Lonsdale... Poi, subito, si distrae.

Non si tratta di un suo conoscente. O meglio: anche solo per osmosi, ha una vaga idea di chi sia, di dove viva e di quale sia la sua rete sociale, per quanto poco gliene freghi di saperlo. Del resto, è anche lei borgonativa: le informazioni che riguardano la vita degli altri si "sentono dire", anche senza volerlo. Il suo nome, però...

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