Bugie (I)

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Lee Hajoon arrivò appena un paio di minuti prima dell'orario dell'appuntamento perché voleva evitare di condividere la sala d'attesa con qualcuno che avrebbe potuto riconoscerlo. Non era stato facile prendere quella decisione, ma alla fine aveva deciso di seguire il consiglio di Chanwook e incontrare una persona che sapeva come aiutarlo ad affrontare lo stato mentale che gli impediva di godersi la vita che aveva sempre desiderato. Non ne aveva parlato con nessuno all'agenzia, l'unica persona a sapere che in quel momento si trovava lì era chi gli aveva dato il contatto di quel terapista: sua sorella maggiore Hajin. Hajin era per lui non solo una sorella, ma un'amica e un punto di riferimento; era la persona che lo conosceva meglio al mondo e l'unica con cui Hajoon non aveva mai avuto paura di essere se stesso. Per mesi aveva negato di aver cominciato a fare affidamento sull'alcol per esibirsi, ma quanto era accaduto all'ultimo award show era la conferma che non era il suo corpo il problema, dato che era riuscito a eseguire alla perfezione una coreografia che aveva provato appena un paio di volte, ma che era la sua mente a ostacolarlo e a far inceppare i suoi passi. E così ne aveva parlato con Hajin, che come al solito non lo aveva né giudicato né compatito, ma lo aveva aiutato a trovare una soluzione. Hajoon si rendeva conto di essere fortunato ad avere nella sua vita una persona tanto preziosa.

«Signor Lee?»

Qualcuno lo chiamò dall'interno dello studio e timidamente Hajoon varcò la soglia, senza sapere cosa si sarebbe trovato di fronte. La stanza era di medie dimensioni, arredata in modo spartano e con colori pastello. Dietro una muraglia di piantine sedeva la dottoressa Kim, china in quel momento su dei referti.

«Prego, prego Hajoon-a. Posso chiamarti Hajoon-a, vero? Sei così giovane» sorrise la donna mentre si alzava e lo raggiungeva sul divano. Aveva un volto affabile, ma uno sguardo serio che ad Hajoon piacque subito. Ancora una volta pensò che aveva fatto bene a seguire il consiglio di Hajin e scegliere una figura materna invece che un uomo.

«Raccontami qualcosa di te» lo incoraggiò la psicologa. «E sappi che quello che mi dirai non lascerà mai questa stanza. Nel momento in cui la sera chiudo i miei fascicoli dimentico tutto dei miei pazienti. Non ho mai parlato di un paziente fuori da qui, non sono il tipo di psicologo che scrive libri o fa workshop all'università, per intenderci.»

Hajoon annuì ancora e spiegò che il suo nome gli era stato raccomandato da sua sorella, che aveva a sua volta sentito parlare bene di lei dalla sua migliore amica, che aveva iniziato un percorso dopo un grave lutto.

«Mi fa piacere, ma raccontami qualcosa di te, Hajoon-a» ripeté la donna.

La terapista non fece alcuna supposizione su di lui, lo lasciò parlare rivolgendogli solo di tanto in tanto qualche domanda aperta.

«La vita di un idol non è facile» si decise infine a commentare dopo mezzora che il ragazzo parlava a ruota libera.

Hajoon non aveva ancora toccato nessuno dei suoi problemi, si era limitato a descrivere la sua vita quotidiana, il suo rapporto con i Nightmare Bloom e con la sua famiglia.

«Che mi dici della tua vita affettiva? A parte la famiglia, i membri del tuo gruppo e gli amici c'è qualcuno, dal punto di vista sentimentale?»

Ancora una volta la dottoressa aveva lasciato la domanda il più aperta possibile, non aveva insinuato che dovesse trattarsi di una ragazza e forse proprio per quel motivo un'immagine inaspettata apparve come un lampo nella mente di Hajoon. Il ragazzo si aggrappò al bracciolo del divano su cui era seduto perché si sentiva a disagio per aver pensato proprio a quella persona. Tra tante conoscenze, tante amicizie di entrambi i sessi, la domanda della psicologa lo aveva condotto lì, davanti all'immagine della persona più attraente che avesse mai conosciuto, e il cuore gli era balzato nel petto.

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