Capitolo 6 ... Paralizzata

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Aprii gli occhi che le prime luci dell'alba cominciavano a rischiarare il paesaggio intorno a me: i tepee variopinti e silenziosi, i cavalli che brucavano poco lontano e i due telai in legno ritti dove li avevamo lasciati, con le due pelli appese

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Aprii gli occhi che le prime luci dell'alba cominciavano a rischiarare il paesaggio intorno a me: i tepee variopinti e silenziosi, i cavalli che brucavano poco lontano e i due telai in legno ritti dove li avevamo lasciati, con le due pelli appese.

Mi trovavo ancora dov'ero caduta e dovevo esserci stata tutta la notte perché mi rivestiva un'umida coltre di rugiada. Mi sentivo male, avevo il corpo intorpidito dal freddo e una forte sensazione di nausea in fondo alla gola. Pensai che avrei sicuramente vomitato. Feci mente locale per ricordare l'accaduto e man mano che gli ultimi eventi riaffioravano nella mia mente, iniziai a vedere chiaramente i fatti e a rammaricarmi per il mio comportamento. Avevo rovinato quelle due pelli d'animale, non perché fossi alle prime armi per quel compito, ma perché avevo lavorato in fretta per il desiderio di terminare subito quel lavoro spiacevole, schizzinosa com'ero. Quell'indiano aveva faticato per procurarsi quelle pellicce e aveva ucciso degli animali, inoltre le aveva cedute a me perché mi facessi un vestito. Anche se la sua reazione era stata esagerata, riuscivo adesso a capire la sua giustificata indignazione per il lavoro svolto con grande trascuratezza da una donna bianca che lui aveva il giorno prima salvato da morte certa, sfidando anche il ridicolo. Ed io gli avevo rivolto quelle orribili parole: - Adesso capisco perché tua moglie ti ha lasciato! - sapendo che questo evento aveva sconvolto la sua vita e ancora non l'aveva superato! In più mi venne in mente che potevo aver messo in pericolo la mia amica cheyenne, perché Wanapeya avrebbe sicuramente sospettato che questa notizia mi fosse arrivata da un'indiscrezione di Meoquanee.

Questi pensieri mi tormentavano facendomi soffrire più della ferita alla testa che pure doleva terribilmente e più della sensazione di vertigine per cui mi sembrava che tutto intorno a me ruotasse vorticosamente.

- Dio mio - pregai - ho fatto del male a due persone e a me stessa. Ti prego permettimi di riconciliarmi col capo indiano prima di morire e di allontanare i sospetti dalla mia piccola amica cheyenne. Non posso farlo da sola, ma confido nella tua grazia.

Con l'avvicendarsi di questi pensieri, aumentava dentro di me la sensazione angosciosa di rimorso, ma d'improvviso questa si dileguò annientata da un nuovo, gelido e istantaneo terrore. Non riuscivo a muovere la mano! Non potevo muovere nemmeno un dito! Le braccia e le gambe non rispondevano agli stimoli del mio cervello, insomma ero paralizzata. Forse il colpo aveva leso la spina dorsale?

Perché Meoquanee non era lì? Le era accaduto qualcosa? Avevo un disperato bisogno di lei! Forse Wanapeya le aveva fatto del male a causa mia?

L'accampamento cominciò ad animarsi, percepii le voci degli uomini e delle donne, le strilla di alcuni bambini e l'abbaiare di un cane, i rumori delle attività quotidiane, l'odore acre del fumo dei falò che venivano alimentati e il profumo della carne arrostita, ma nessuno, dico nessuno, si avvicinò dalla mia parte o mi passò accanto; restai completamente sola tutta la mattina, all'ora di pranzo e nel primo pomeriggio. Meoquanee pareva scomparsa nel nulla e gli altri mi lasciavano morire.

WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANOWhere stories live. Discover now