Capitolo 13 ... La tomba di Mary Jane

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Si avvicinava il giorno della partenza di Meoquanee ed io lo temevo poiché sarei rimasta completamente sola, senza il conforto di una presenza amica. Ella, premurosa, aveva già chiesto a Taopi e Tacicala di starmi vicino e proteggermi fino al giorno in cui sarebbe tornata a prendermi in compagnia di suo padre e del marito Ben, che stava trattando per conto dei miei familiari.

Nel frattempo c'era un pensiero che mi ritornava alla mente, un qualcosa d'importante rimasto in sospeso che dovevo risolvere a qualunque costo prima della mia partenza: rintracciare la salma di Mary Jane e darle una degna sepoltura. Era un pensiero che mi tormentava, mi provocava sofferenza; non riuscivo ad immaginare che quel povero corpo martoriato rimanesse gettato tra i sassi senza un ricordo, un'identità, una preghiera. Rimandavo, perché sapevo che occorreva scontrarsi con Sica e di quell'uomo continuavo ad avere un'opinione pessima; devo dire però a suo vantaggio che non aveva più pronunciato una parola contro di me e frequentava la scuola con assiduità, anche se non aveva il coraggio di intervenire durante le lezioni. Io lo ritenevo un "mezzo incapace", ma queste mie pesanti considerazioni erano influenzate dai molti pregiudizi che nutrivo nei suoi confronti e soprattutto dal ricordo di quell'omicidio brutale. In più, io stessa non lo affiancavo mai durante gli esercizi di lettura e scrittura, come facevo invece con gli altri allievi del corso, per integrare le spiegazioni ed individuare le difficoltà, e questo sicuramente influiva sul profitto. Tuttavia da quando avevo confezionato quella tunica per lui (che non si toglieva mai), Dio mi aveva concesso la forza di ricordarlo nella preghiera e, tutti i giorni, oltre alla salvezza di Wanapeya, anche quella di Sica entrava come supplica nelle mie richieste al Padre Celeste.

Meoquanee un giorno mi aveva sussurrato prendendomi da parte:

- Sica è diverso, l'hai notato? Ha lo sguardo meno cattivo, sembra meno scorbutico ...

- Non l'ho notato - avevo risposto - Ma spero che sia come dici tu, visto che sto pregando per lui.

- Davvero? Che bello! Lo farò anch'io, cosa devo chiedere?

Sorpresa per quella spontanea adesione, che mi confermava la bellezza dell'anima di Meoquanee, le rivelai quello che domandavo a Dio Padre e lei aggiunse:

- Chiederò anche che Sica non sia più invidioso di Wanapeya.

- Perché, lo è?

- Oh sì. Taopi dice che lo è sempre stato da quando erano piccoli. Wanapeya era sempre più bravo di lui in qualunque cosa ed il padre lo elogiava molto ...

Dopo quel discorso cercai di prestare maggior attenzione al comportamento di Sica e pregai Dio con più fervore, supplicandolo di aiutarmi a non odiare quell'uomo; per me era una lotta terribile, perché la scena di Mary Jane vicino a me che gridava: aiutami! ... quell'indiano malvagio che mi spingeva per terra e in un attimo le fracassava la testa, non smetteva di urlare nella mia mente.

Infine mi decisi, fermai Wanapeya e gli chiesi se sapeva dov'era il corpo di Mary Jane.

- Sì - mi rispose.

- Vorrei poterlo seppellire.

Annuì.

- Devi parlare con Sica.

- Perché? È proprio necessario?

- Devi parlare con Sica.

- Non puoi autorizzarmi tu? Sei il capo!

Scosse la testa.

- Devi parlare con Sica.

Non capivo il perché di quel diniego, pensai che forse non voleva creare motivi di attrito col fratello e questo pensiero mi dispiacque molto, in quanto mi mostrava che la considerazione per me non era così cresciuta come speravo.

Dunque non potevo evitarlo, ... dovevo parlare con Sica.

Attesi pazientemente la lezione del pomeriggio e prima della conclusione, sapendo che egli scappava via velocemente, avvisai che si trattenesse, perché avevo necessità di parlargli.

Gli allievi si allontanarono; anche Meoquanee, che aveva compreso le mie intenzioni, mi lasciò e fui sorpresa di questa sua fuga, dato che nelle situazioni difficili, ella mi restava sempre accanto per infondermi coraggio.

Questa volta no.

Capii che Dio desiderava che affrontassi da sola questa difficoltà ed esisteva sicuramente una precisa ragione, lo accettai nella fede e mi avvicinai risolutamente a passo rapido verso quell'indiano.

La lezione si svolgeva al limitare del villaggio, in una piccola radura, naturalmente costruita da alcune piante di quercia, disposte quasi in circolo, che si innalzavano molto in alto e si piegavano le une verso le altre quasi a formare un soffitto di rami. Egli si era adagiato al tronco di un albero, aveva le due palme delle mani sulla corteccia, e appoggiandosi su di esse, si dondolava leggermente con la schiena staccandosi e riaccostandosi all'albero. Si irrigidì come mi vide arrivare, il viso era teso e lo sguardo sfuggente, il che non mi aiutò affatto.

- Vorrei chiederti un favore - cominciai e finalmente egli mi guardò; in quell'istante vidi i suoi occhi piccoli e scuri, timorosi, ed ebbi l'impressione che quel giovane fosse molto timido.

- Wanapeya avere detto - rispose.

Wanapeya! Gli aveva parlato a mia insaputa, perché? Forse voleva aiutarmi?

- Porto te da lei - disse.

Sì, decisamente Wanapeya mi aveva spianato la strada e segretamente ringraziai il Signore per questo gesto di gentilezza del giovane capo che evidentemente aveva parlato col fratello a mio favore.

S'incamminò e lo seguii; entrò tra le piante deciso e s'inoltrò lungo una sorta di sentiero che si sviluppava all'interno di intricati cespugli; lo vedevo avanzare spedito e mi parve meno ripugnante del solito, si muoveva senza dondolare e più che un avvoltoio - dovetti riconoscere - assomigliava ad un giovane puma. Le piante alte e frondose schermavano la luce del sole, finché cominciarono a diradarsi e apparve dinnanzi a noi una larga radura, coperta di erba color verde brillante e su di essa scorsi almeno una quindicina di trespoli, alti più di un uomo, a distanza di pochi metri l'uno dall'altro; ciascuno era formato di quattro pertiche e sorreggeva una pelle di bisonte sulla quale erano collocate le spoglie di un morto; alla sommità di quelle gambe di legno pendevano oggetti appartenuti al guerriero defunto, vidi delle piume d'uccello, dei wampum[4], delle armi ... quello era il cimitero indiano, ... possibile che il corpo della sorella di Alice fosse stato trascinato sin lì, in quel posto sacro per i pellerossa? Sica percorse i corridoi obbligati dalla posizione delle tombe e si fermò presso uno dei trespoli, che era diverso dagli altri perché era spoglio di accessori o decorazioni; da una delle pertiche penzolava una collanina di perle luccicanti al sole: la collana di Mary Jane!

Sica mi fece cenno col viso che ero proprio arrivata, le spoglie della mia amica stavano là, in una tomba indiana! Ero sbalordita. Mi aspettavo di trovare un cadavere in decomposizione abbandonato nel bosco, buttato in mezzo all'erba con la stessa insensibilità e ferocia, che ne avevano causato la morte, e invece ... era stato sepolto, con rispetto, secondo le usanze dei Lakota.

Quando poteva esser accaduto? Non il giorno prima, poiché il terreno non era smosso e c'erano tracce vecchie intorno alla tomba; né quando era stata uccisa. Ma io lo sapevo ... sapevo quando era successo, ne ero certa e adesso avevo la conferma dell'intuizione avuta quando gli avevo consegnato la tunica. Mentre lo rimproveravo egli aveva compreso a fondo la viltà del suo gesto: era stata la Grazia Divina?

Caddi in ginocchio davanti a quella struttura semplice che raccoglieva i resti della mia amica e recitai una breve preghiera spontanea per lei pregando Dio di accogliere la sua anima in paradiso. Sica si era allontanato e poiché ero sola, mi lasciai andare al pianto e pregai ad alta voce finché un morbido braccio mi avvolse la schiena; Meoquanee mi aveva raggiunto e accolse la mia testa sul petto, bagnando i miei capelli con le sue lacrime.

WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANOWhere stories live. Discover now