Capitolo 9.3 ... Le tre tuniche

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La terza tunica

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La terza tunica

- Fa anche a me una veste! - mi ordinò con arroganza Sica, mentre legavo al telaio l'ennesima pelle da conciare. Si era avvicinato di soppiatto, quasi timoroso, come se si vergognasse, aveva girato intorno per spiare cosa facessi con la sua andatura curva da avvoltoio e poi d'improvviso mi si era piantato davanti.

-No! - risposi impulsivamente. Quell'uomo mi faceva paura poiché l'avevo classificato un essere malvagio senza speranza alcuna, un demone su cui si stavano ammassando "carboni ardenti" come predicava l'apostolo delle genti. Allo stesso tempo, i suoi atteggiamenti e il suo modo di fare, mi suscitavano un'invincibile repulsione. Fu quest'ultimo sentimento a prevalere sulla paura e provocò la mia risposta immediata. Egli si alterò subito, ma non osò farmi del male perché appartenevo a Wanapeya e, inoltre, non ero più una donna "inutile" nel villaggio da quando tutti avevano apprezzato la mia abilità come sarta e come pittrice.

- Dire a Wanapeya che costringa te! - gridò. Lo guardai di sottecchi, non in faccia, perché non volevo provocarlo e perché comunque lo ritenevo una persona violenta dalle reazioni imprevedibili.

Era più giovane di Wanapeya di un paio d'anni, ma sembrava molto più vecchio forse perché era quasi sempre scontento e lamentoso, con quell'andatura curva oscillante; come lineamenti aveva una vaga somiglianza col fratello e a guardarlo bene non era brutto, ma se qualcuno mi avesse domandato di descriverlo non avrei potuto rispondere che: è bruttissimo! Perché nel suo volto vedevo riflessa la malvagità del suo cuore. Così lo giudicavo io, un essere puramente cattivo.

- Bene! - gli replicai - Fammelo ordinare da Wanapeya!

Se ne andò adirato, ma non fece nulla, come immaginavo in quanto, dopo aver preso in giro varie volte il fratello per non avermi ucciso subito come persona inutile, si vergognava adesso di riconoscere che Wanapeya aveva trovato una schiava brava come me. Nel mio cuore gongolavo per questa piccola rivalsa, che mi sembrava una sorta di vendetta di Mary Jane. Questo finché non mi resi conto che nel mio modo di ragionare non c'era nulla di evangelico ...

Dio iniziò a mettere in discussione il mio modo di pensare e agire con una serie di eventi che all'inizio evitai inconsapevolmente di considerare, ma in seguito mi fu impossibile non rifletterci sopra senza vederci un segno della volontà divina.

Il giorno dopo l'incontro con Sica, mi svegliai con una strana impressione; mi sembrava di uscire da un sogno angosciante - di cui però non ricordavo assolutamente nulla - e dentro di me percepivo un'intensa emozione, che mi ricordava i momenti della mia gioventù in cui avevo versato molte lacrime di pentimento, dopo una revisione profonda o un'illuminazione improvvisa della Grazia sul mio cammino cristiano. C'era poi una frase stampata nella mia mente, di cui divenni consapevole lentamente, man mano che continuava a riaccendersi e ripetersi nel tempo come una dolce nenia lontana, una frase che conoscevo bene per averla più volte meditata con perplessità:

"Amate i vostri nemici ... benedite coloro che vi maledicono ... pregate per i vostri persecutori".

Quando apparve per intero alla mia coscienza, si associò immediatamente al pensiero di Sica e istintivamente la cacciai con decisione. Non era possibile che mi si chiedesse di pregare per l'uomo che aveva brutalmente assassinato Mary Jane davanti ai miei occhi, c'è un limite al "nemico", le parole del Vangelo sono sicuramente riferite a chi ancora è recuperabile, non ad un selvaggio come Sica, un mostro privo di sentimenti umani. Eppure, mentre ragionavo tra me elencando nella mia mente tutte le ragioni del mio severo giudizio, avevo la sensazione di voler convincere me stessa di qualcosa in cui in effetti non credevo affatto. Sino ad allora quel mio incarnare il versetto di San Luca nella mia vita spirituale, si era limitato a sopportare (e con fatica!) qualche sgarbo, giustificandolo con l'età, l'ottusità, la mancanza di cultura religiosa, di un cammino cristiano, della persona che mi offendeva. Forse Dio mi stava chiedendo di fare un passo avanti? No, non con Sica!

WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANOWhere stories live. Discover now