Capitolo 11 ... Un ospite nel villaggio

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- La parola ORSO si scrive così - spiegai dolcemente mostrando con il lento movimento della mano come la punta della matita di grafite tracciava sul foglio di carta i grafemi corrispondenti - è formata da quattro lettere: O R S O, guarda ... te le scrivo separate una per una ...

Wanapeya ascoltava molto interessato la lezione di lingua e voleva immediatamente verificare la comprensione dell'argomento e imparare a scrivere da solo. Gli presi titubante la mano per guidarlo nella riproduzione dei simboli dell'alfabeto e docilmente mi lasciò fare, scrutandomi con occhi attenti e curiosi. Osservai quella mano grande con dita lunghe, forti, che si abbandonava sotto la mia con fiducia: una tenera emozione mi ferì il cuore.

La mia prima lezione nel villaggio era cominciata a pomeriggio inoltrato e terminata molto presto poiché si erano presentati solo tre alunni: Meoquanee, Taopi e Manišni. Fatta una breve introduzione, avevo iniziato a parlare dell'alfabeto inglese e a far vedere come si rappresentavano graficamente i vari fonemi, poi insieme avevamo fatto un confronto con i fonemi presenti nella lingua lakota e avevo cominciato a scrivere qualche parola semplice riferita a concetti conosciuti: animali come orso, lupo, alce ... il piccolo Manišni era stato coinvolto nella costruzione delle lettere sulla terra con il ditino, come in un gioco, poiché non riusciva ad impugnare la matita!

A sera inoltrata ripetei la lezione per Wanapeya: egli, insieme a Meoquanee, era l'alunno più diligente ma, mentre la mia amica cheyenne trovava alcune difficoltà a comprendere le mie spiegazioni, Wanapeya aveva un cervello brillante, faceva domande su tutto, voleva sempre andare oltre e imparava in fretta.

Passò il primo e il secondo giorno con gli stessi alunni, il terzo giorno si inserirono due donne, una delle quali era Tacicala e il quarto giorno due bambini, parenti di Taopi. Il quinto giorno fu deciso di tener chiusa la scuola perché nel villaggio arrivò un gradito ospite ... Aseške, il padre di Meoquanee.

La mia cara amica scoppiava di gioia, finalmente aveva la possibilità di lasciare il campo e rivedere il suo amato sposo! In realtà la sua attesa si prolungò di due settimane perché Wanapeya invitò il capo cheyenne a trattenersi per qualche giorno al villaggio per onorare la sua ospitalità. Aseške accettò volentieri, era stanco, il viaggio era stato lungo e faticoso ed inoltre la sua amicizia con Wanapeya era tale che lo rivedeva con grande piacere dopo tanti anni; la sosta gli consentiva di rafforzare questo rapporto amicale oltreché di rivedere molti compagni di lotta. Il capo cheyenne non era venuto solo, si erano uniti nel viaggio una delle tre sorelle della mia amica, più vecchia di lei di qualche anno, due cugini e uno zio anziano "molto saggio".

La cordialità con cui mi accolsero mi commosse; ella mi presentò con calore e mi descrisse in termini lusinghieri decantando le mie qualità umane e artistiche, tanto che dovetti denigrarmi da sola per riportare la mia immagine con i piedi per terra.

Aseške era sulla cinquantina, un uomo dal volto segnato dal tempo e dalle preoccupazioni, l'atteggiamento fiero ma gentile, non alto come statura ma dritto e imponente come un albero: una persona splendida che mi mise subito a mio agio. Conosceva a malapena l'inglese e poiché non potevamo comunicare in lingua cheyenne (molto difficile!), parlavamo un po' con parole inglesi, un po' con parole in lakota (che già conoscevo abbastanza) e per di più Meoquanee traduceva.

Grazie alla loro presenza, incontravo più volte Wanapeya durante la giornata ed egli era molto cordiale con me; a volte sopraggiungeva e ci trovava tutti intorno al fuoco a conversare (io e Meoquanee preparavamo l'arrosto); allora spesso si accoccolava vicino a me e alla mia amica, si informava presso di noi sulle necessità dei suoi graditi ospiti e conversava piacevolmente con il vecchio capo.

***

- Oggi abbiamo imparato la canzoncina dell'alfabeto e come si scrive ciascun suono - dissi sorridendo rivolta alla classe formata dai miei eterogenei alunni - Domani cominceremo a studiare alcune parole che rappresentano degli animali, in particolare vedremo il cavallo, shunka wakan e impareremo come disegnarlo. Questo ci richiederà un po' di tempo.

Congedai gli allievi entusiasti che si dispersero chiacchierando e commentando ciò che avevamo trattato nella lezione. Anche i parenti di Meoquanee avevano partecipato volentieri, c'erano Manišni e altri tre bambini più grandicelli e per ultimo, s'era affacciato per curiosare il perfido Sica, che dopo aver dato delle timide occhiate, aveva deciso di trattenersi ad ascoltare.

Appena restai sola, Meoquanee mi comunicò buone notizie: Ben aveva contattato Aseške e appreso da lui che la moglie e una delle donne bianche prigioniere erano in buona salute; egli aveva affidato al capo cheyenne un messaggio per Wanapeya, cioè informarsi sulla possibilità di pagare un riscatto per la mia liberazione. Meoquanee mi disse che Ben aveva subito avvisato Peter della morte di Mary Jane e che il matrimonio di Alice era stato rimandato. Le chiesi sorpresa perché non mi avesse immediatamente informato (i cheyenne erano arrivati al villaggio Lakota già da quattro giorni) e la mia amica spiegò che suo padre aveva ritenuto di non parlarne subito neppure con lei.

Aseške aveva comunicato a Wanapeya il desiderio dei miei familiari di pagare un riscatto per la donna bianca prigioniera, ma il giovane capo non aveva dato ancora risposta. Perché? Avevo l'occasione di ritornare viva tra i miei cari e Wanapeya me la negava? Forse voleva del tempo per pensare ad un contraccambio adeguato? Perché avrebbe dovuto negarmi la libertà?

Avevo il forte desiderio d'informarmi personalmente sulla questione, ma ci ragionai e ritenni l'idea pericolosa: Wanapeya era in trattativa con il capo cheyenne al quale era legato da buona amicizia; sicuramente quest'ultimo era il più adatto a discutere del mio rilascio.

La sera, dopo la lezione privata, non accennai nulla; il capo era sereno e soddisfatto e andò a dormire immediatamente, io restai a rimuginare a lungo col mio Dio su tutte le perplessità che disturbavano la mia mente ed a pregare per il mio carceriere. Chiesi a Colui, al quale tutto è possibile, di muovere il cuore del capo lakota perché si intenerisse sulla mia sorte.

WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANOWhere stories live. Discover now