Capitolo 12 ... La mia dura battaglia

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La sera successiva insegnai al giovane capo la trascrizione di frasi semplici in inglese: egli non incontrò nessuna difficoltà poiché aveva memorizzato rapidamente i grafemi dell'alfabeto e sapeva già scrivere molte parole

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La sera successiva insegnai al giovane capo la trascrizione di frasi semplici in inglese: egli non incontrò nessuna difficoltà poiché aveva memorizzato rapidamente i grafemi dell'alfabeto e sapeva già scrivere molte parole. Tuttavia notai che non era del solito umore, ma non ebbi l'ardire d'indagare; forse - meditavo - la mia partenza, privandolo di un'istruzione preziosa, gli dispiaceva. Nel profondo del cuore speravo che questo cruccio nascesse da un sentimento nobile e cioè dalla stima (e dall'affetto!) che aveva cominciato a nutrire per me. Io al contrario ero ansiosa di andar via e, nonostante le apparenze lasciassero trasparire un grande desiderio di rivedere la mia famiglia, il motivo autentico in realtà era un altro. Mi ero resa conto che frequentare assiduamente il giovane capo aveva accresciuto in me la considerazione e l'affetto che già sentivo per lui; l'ansia con cui attendevo l'inizio della lezione individuale nel tepee, il desiderio di vederlo e di parlargli, ... mi rivelavano una situazione d'imminente pericolo. La vicinanza fisica mi scatenava timori e desideri. Dal momento in cui ero diventata consapevole di queste nuove e inedite sensazioni, avevo cominciato a stare sul chi vive, ad intensificare la preghiera e ad evitare ogni incontro che non fosse necessario. Eppure mi appariva manifesto che mi stavo innamorando di lui come una scolaretta! Nel mio colloquio con Dio chiedevo aiuto perché non trapelassero i sentimenti che provavo, nel timore di rendermi ridicola, non volevo che ridesse di me! E non volevo che il nostro rapporto amichevole fosse influenzato dal fatto che non riuscivo più a comportarmi spontaneamente come prima!

Allo stesso tempo pregavo per il suo bene, che egli si ricongiungesse alla moglie e offrivo la sofferenza interiore del mio amore non corrisposto, per la salvezza della sua anima. Che battaglia iniziò! Senza l'aiuto della Grazia divina ne sarei uscita sconfitta e devastata: quando ero con lui dovevo lottare per comportarmi come se dentro di me nulla fosse accaduto e quando non ero con lui la guerra proseguiva con maggiore irruenza. Dovevo combattere per scacciare quei pensieri dolci e insidiosi che ti riportano alla mente la persona amata e in questo modo la insinuano sempre più profondamente nel cuore!

Quella sera riflettevo e speravo che la mia liberazione fosse ormai prossima e questo se mi rallegrava da un lato, mi rattristava dall'altro, per i motivi già detti; ma, come accennavo, anche lui si comportava diversamente dal solito e ciò non mi aiutò nello sforzo di apparire distaccata e tranquilla allo stesso tempo. Quando si coricò tirai un sospiro di sollievo, non vedevo l'ora di rilassarmi; questa battaglia contro me stessa era snervante: come poteva non essersi accorto di nulla? Ero così scostante e brusca per difendermi! Faticai a prendere sonno ma alla fine mi addormentai profondamente.

La mattina mi destai più serena, persuasa di essere come di solito sola; Wanapeya usciva sempre molto presto ed in questo periodo usciva per la caccia con Aseške ed i cugini di Meoquanee.

Quando vidi il giovane capo vicino al fuoco, accoccolato, che mi fissava intensamente, ebbi un sussulto e coprendomi il petto con la coperta di bisonte mi drizzai seduta.

- Che succede? - domandai ansiosa.

- Tu contenta di andare via? - disse senza rispondere alla mia domanda. Il mio sguardo s'addolcì, osservai il suo bel viso con occhi da innamorata e la mia voce tremò quando risposi:

WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANOWhere stories live. Discover now