Coraggio

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Notte del 27 aprile, 1951. Grande Casa. Unione Sovietica.

Erano le dieci. Ovvero quando loro "padre" spegneva tutte le luci e i membri della casa dovevano essere rintanati nelle loro stanze. In silenzio. Solo poche ore dopo, sarebbero tornati a lavorare.
Tre bambini, circa sui 12 anni, erano però ancora svegli. Seduti sul letto di una di loro, vestiti, guardavano la porta con occhi sgranati. Ascoltavano ogni minimo suono. Ogni sibilio. Il rumore degli scarponi del loro padrone mentre andava nella sua camera seguito dalla moglie.
<< Ora? >> chiese Estonia, e fece per scendere dal materasso.
Lituania l'ammonì: << No, non ancora. Dobbiamo aspettare ancora una mezz'ora. Assicurarci che stia dormendo o per lo meno sia distratto. >>
<< O non c'è la faremo mai. >> aggiunse Lettonia, con la voce spezzata per il timore.
E i loro pensieri andarono simultaneamente a Ucraina e Bielorussia: Avevano cercato di fuggire da bambine da quella dimora, anni e anni prima, aiutate da uno dei fratelli Coreani, ma erano state riprese solo dopo poche ore. Urss si era infuriato con Ucraina, accusandola di aver trascinato con sé e messo in pericolo Bielorussia - che all'epoca non aveva nemmeno cinque anni - e di aver patteggiato con uno dei loro nemici: Ora I polsi della ragazza erano segnati. No, non da ferite auto-inflitte, ma da una bacchetta di ferro datele talmente tante volte sulla pelle a tal punto da logolarla. L'aveva poi chiusa nella sua stanza, al buio, senza cibo, per quattro giorni. Ucraina odiava il buio.
Rabbrividirono, nessuno di loro voleva fare quella fine.
Attesero e attesero. Poi, quando guardando l'orologio si accorsero che era quasi passata più di un'ora, a passettini, andarono alla porta. Avevano chiesto a Uzbekistan di abbondare con l'olio sui meccanismi apposta, così non fece nemmeno un cigolio quando la aprirono per passare tutti e tre o quando la richiusero. Con cautela, attraversarono i corridoi di stanze fino a quella dei due signori della casa.
Li, nascosti dietro un mobiletto, indulgiarono.
A voce bassissima, Lettonia disse: << Vado prima io.>> E gli altri due le annuirono.
Raggiunse il battente della camera, e lo aprì più lentamente possibile. Entrò, il cuore martellante in gola.
Urss e sua moglie, Ilene, erano profondamente addormentati. Sotto le coperte, nell'oscurità, erano come due sagome irriconoscibili. Lettonia raggiunse, senza respirare, l'armadio. Li in cima, Urss teneva sia la scatola con il cibo, che la chiave delle porte della casa, la stessa per quella di servizione che d'ingresso. Solo lui poteva arrivarci, normalmente.
Ma loro erano stati ancora furbi: La ragazzina infatti estrasse dalla tasca della giacca una calamita, che avevano rubato dalla collezione di Georgia quella sera stessa, e si alzò sulla punta dei piedi più che poteva.
Un'attimo dopo, vide la chiave cadere verso di lei.
Per un pelo la prese.
Tornò indietro, si chiuse la porta alle spalle, e sorridendo trionfante ai compagni, levò la chiave attaccata alla calamita.
Estonia soffocó un urlo di gioia in gola.
Diedero la calamita a Lituania, che la riporto nella stanza di Georgia, in mezzo alle altre sul comodino. Per fortuna, il ragazzo aveva il sonno pesante.
Una volta scese le scale e arrivati nella lavanderia, aprirono la porta che dava sui recinti degli animali. Abbandonarono la chiave sul tappeto, misero gli stivali, e uscirono. A quel punto non gli serviva più averla. Era fatta.
Falciarono l'oscurità con la torcia che si erano portati dietro, retta da Estonia, mentre attraversavano tutto il giardino fino alla staccionata.
Ma prima di arrivarci, i loro occhi incrociarono il recinto delle pecore, e un ricordo tornò a galla:

<< Dovete imparare il vostro dovere.>> Gli aveva detto mentre li trascinava tenendogli forte, troppo forte, per un braccio, fino a quel maledetto recinto.
<< Così, mi assicurerò che le terrete d'occhio, questa volta. >>
Pensavano che fosse finita. Che fosse bastato averli bastonati come cani due giorni prima, per poi tenerli chiusi nelle loro stanze per tutto quel lungo lasso di tempo. Da soli. Senza nessuno. Senza nemmeno un vivero.
E quando finalmente Albania aveva riaperto le loro camere, pensavano che il signore si fosse calmato, che li avesse perdonati. Aveva anche comprato un gregge nuovo. Ma non era bastato.
E adesso erano lì, legati contro il recinto, talmente stretto che le corde gli faticavano respirare.
<< Ci dispiace tanto! >> singhiozzò Estonia, mentre lui estraeva dalla giacca tre pezzi di stoffa.
<< Non lo faremo più, ma per favore, non ci lasci qui! >> insistette Lettonia, e Lituania cercò di dare manforte a tutte e due: << Hanno ragione, la prego! Abbiamo imparato! Non le perderemo più! Non...>>
Ma lui si era inginocchiato davanti a loro e gli aveva avvolto, uno per uno, quei pezzi attorno alla bocca. Ora non riuscivano più a parlare, o urlare.
Urss se n'era andato senza degnargli di uno sguardo.
Li aveva abbandonati , per tutta la notte. Il mattino dopo Ucraina era tornata a prenderli.

Fino a qualche mese prima non osavano nemmeno avvicinarsi proprio per quello, ma dopo che Mongolia era andata via, la situazione era diventata insostenibile: Nessuno li difendeva più da Urss, nessuno li consolava dopo che li aveva picchiati o gli aveva urlato addosso, nessuno era lì a fasciargli le ferite con tanta cura. Non potevano continuare a vivere così.
Senza nemmeno un ripensamento, si issarono in cima e saltarono dall'altra parte.
Fondamentalmente, scappare era quasi facile.
Ma ci voleva il coraggio. Molto coraggio. E nessuno, apparte loro, aveva dimostrato di avercelo in quegli anni mentre la situazione peggiorava.
Si addentrarono nel bosco, e il fascio di luce si perse sempre di più nelle tenebre.

  •♡◇  𝕮𝖔𝖚𝖓𝖙𝖗𝖞𝖍𝖚𝖒𝖆𝖓𝖘 ♧ 𝖔𝖓𝖊-𝖘𝖍𝖔𝖙 ♡◇• Onde histórias criam vida. Descubra agora