❀ 𝚂𝚝𝚛𝚒𝚗𝚐 ❀

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Jungkook

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Jungkook

Dopo essere riuscito a calmare Taehyung almeno un minimo, pensando che non fosse proprio la cosa migliore rimanere nel corridoio — non volendo che qualcuno lo vedesse in quelle condizioni tanto fragili — lo condussi nuovamente verso la stanza, tenendolo, però, sempre legato a me dal braccio che gli avevo avvolto attorno alla vita.

Quei giorni erano stati un incubo.

Sapevo che il corvino avesse bisogno di me, che mi stesse aspettando, ma il terrore mi aveva paralizzato, impedendomi di correre da lui.

Nella mia testa, non appena avevo letto quei messaggi sul gruppo, si era ripetuta la scena di lui nella neve, solo, lontano, pronto a cadere.
Spaventato, mentre chiamava il mio nome ancora e ancora.

Avevo avuto paura di non riuscire a raggiungerlo, stavolta e questo mi aveva reso un codardo; perché finché non lo vedevo, finché facevo finta che stesse bene e che non stesse sacrificando ogni ora del suo tempo su un blocco da disegno, il mio cuore era in pace.

Ma non lo era mai stato davvero.

Quei giorni erano stati una tortura.
Perché senza Taehyung non mi sembrava di star respirando.
Avevo vissuto in apnea per paura e, a quel punto, avevo capito che era meglio crollare insieme a lui, invece che rimanere in piedi da solo. Anche perché non ci sarei riuscito per molto.

Ero sicuro che pensasse di non fare niente per me, che fossi io l'unico a dare in questo nostro rapporto; ciò che non aveva capito era che il solo vederlo sorridere, il solo sapere che stava bene, che era felice, che i suoi occhi scintillassero, mi permetteva di affrontare ogni giornata.

Ormai, mi bastava sapere di poterlo vedere ogni giorno per mettermi un sorriso sulle labbra. Avrei voluto che lo capisse.
Avrei voluto essere in grado di dirglielo.

Il problema era che avessi la sensazione che lui non avrebbe voluto sentirlo.
Il filo che ci legava si stava assottigliando e avevo paura che se lo avessi strattonato, per farlo avvicinare di più a me, Taehyung lo avrebbe reciso, per non vederlo spezzarsi da solo.
Non potevo permetterlo.

«Stai attento» mi avvisò, riscuotendomi da quei pensieri, quando fummo in camera, ricordandomi dei pezzi del vaso ancora a terra.

In quel casino, notai la margherita.

Non gli avevo fatto nessuna domanda, quella sera, alla festa.
Sapevo troppo bene da dove era arrivato quel fiore, ma non era compito mio discuterne.
Per quanto fossimo alleati, non credevo fosse affare mio.
Non volevo che lo fosse.

I miei occhi si spostarono, di nascosto, sulla rosa che, invece, teneva ancora stretta in mano, sentendo un sospiro pressarmi lo sterno per poter uscire.
Lo trattenni, rivolgendo, invece, un sorriso al corvino.

«Qui ci penso io»

«No, sono stato io a farlo cadere quindi-»

«Taehyung»

Partners in Crime // KooktaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora