Capitolo 1 | Convivenza

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Era un'ordinaria mattinata di inizio inverno quando ricevetti quella telefonata. Il mio agente aveva trovato un posto temporaneo in cui soggiornare durante la mia permanenza in città, per una competizione imminente. Fu così che mi ritrovai ad abitare in un appartamentino della zona Est di Londra, al terzo ed ultimo piano di una palazzina pittoresca, in pietra scura, parzialmente ricoperta d'edera, con grandi finestre bordate d'azzurro.

Trovai l'alloggio particolarmente accogliente, composto da un ampio soggiorno, una cucina, un bagno e due stanze. Un grande divano in tessuto rosso stazionava a ridosso di una delle pareti del salotto, finemente arredato e dalle tinte retrò, affiancato da una poltrona e da un tavolino basso. Sotto quest'ultimo, un tappeto dalle fantasie mediorientali. I mobili, in legno scuro, riprendevano i motivi e il colore delle travi che componevano il soffitto, donando all'ambiente un aspetto rustico e accogliente. Le grandi finestre permettevano alla luce naturale di riversarsi nell'appartamento, creando un'atmosfera luminosa e vivace.

Le camere e il bagno erano posizionati lungo il corridoio laterale, mentre un piccolo balcone, accessibile dalla cucina, rappresentava la postazione perfetta da cui ammirare buona parte del quartiere circostante.

Lasciai i bagagli in quella che era stata indicata come la mia stanza e feci per sistemarmi. Dal letto, osservai i raggi che dalla finestra colpivano il materasso: piccoli granelli di polvere vi fluttuavano all'interno, nell'aria un lieve odore resinoso. In lontananza, il vociare dei bambini alludeva alla presenza di un parco nelle immediate vicinanze. Era un'atmosfera particolare, quella che si respirava, mentre il mondo fuori sembrava essere sospeso in un'aspettativa silenziosa.

Verso ora di cena, il suono delle chiavi nella serratura mi fece drizzare le orecchie. Dal divano guardai in direzione dell'ingresso, con spiccata curiosità. La porta si spalancò, rivelando una ragazza dallo sguardo arcano. Era alta, i capelli raccolti in una coda disordinata, portava un cappotto lungo, alle caviglie, una sciarpa di lana blu la avvolgeva quasi per intero.

Mi alzai: "Ciao. Sono Yuri. Tu devi essere Daphne" dissi con un sorriso.

Lei irrigidì, senza parlare.

"Sono arrivato stamattina. Ho già sistemato le mie cose di là. Mmm, lieto di conoscerti!".

Allungai la mano verso di lei, cercando di apparire amichevole, nonostante il senso di tensione nell'aria. Lei in risposta, chiusa la porta, mi sfiorò appena le dita.

Compresi così la sua natura riservata: con il suo sguardo basso, quasi assente, sembrava desiderosa di ritirarsi in un posto lontano da lì, in completa solitudine.

Ritrasse il braccio, iniziando a spogliarsi dei suoi soprabiti. Alzò il viso, guardandomi, forse per la prima volta, negli occhi. Le sue iridi erano di un verde talmente intenso da far perdere inesorabilmente chi le osservava. Sembrò meravigliarsi.

"Che maleducata. Il piacere è anche mio" disse.

Il suono della sua voce mi tolse un po' di tensione dalle spalle: "Vivremo insieme per un po'. Non sarà tanto male...".

Sembrò sciogliersi lievemente, per quanto la sensazione di nervosismo rimase ancora ben ancorata tra di noi. Pur nascondendolo, era chiaro che l'idea di vivere insieme non le andava giù più di tanto. Ed io non potevo biasimarla. Eravamo in due ad avere pensieri contrastanti, a riguardo. Convivere con una completa estranea sarebbe stato complicato. Tralasciando l'infanzia e il periodo universitario, non avevo mai vissuto con altre persone. Non che avessi mai voluto dei coinquilini. Ma quella in cui mi ritrovavo allora era una circostanza particolare ed ero determinato a farla funzionare. Dovevo far sì che il periodo che avrei passato assieme a Daphne fosse il più possibile piacevole.

In linea con i miei pensieri, notai che la sua espressione controbilanciava un misto di inquietudine e preoccupazione, forse assieme ad un guizzo di curiosità.

Feci un passo indietro. "Sto per ordinare d'asporto. Vuoi unirti a me?" offrii.

"No, ho già mangiato qualcosa fuori. Vado in camera".

Fece per entrare nel buio del corridoio, quando la fermai: "Ascolta, so che può essere strano condividere lo spazio in cui vivi con uno sconosciuto, immagino che la pensiamo allo stesso modo... e, credimi, non ti avrei disturbata, se le cose si fossero messe diversamente. Ma adesso sono qui e farò del mio meglio per rendere questa convivenza il più confortevole possibile. Ti chiedo soltanto un po' di tolleranza".

Lei annuì, gli occhi sorpresi. Mi osservò un'ultima volta, prima di congedarsi definitivamente.

Con un respiro profondo, caddi nuovamente sul divano, il telefono in mano, pronto a chiamare il primo ristorante cinese disponibile, sperando che il tempo ammorbidisse la tensione che era venuta a crearsi tra noi.

Allo sciogliersi della neveWhere stories live. Discover now