Capitolo 13 | Sentimenti

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"Credo che tu mi piaccia".

Furono quelle le parole che rivolsi a Daphne.

Parole sincere, pronunciate con impulso, emesse dal profondo, che uscirono dalle mie labbra come un sussurro appena distinguibile, quasi timide, ma decise a voler comunicare un sentimento che provavo, che stavo ancora imparando a conoscere.

I miei occhi rimasero fissi nei suoi, speranzosi di coglierne anche il più piccolo, impercettibile, dei movimenti. Eppure, non c'era nulla che potessi leggervi con sicurezza, solo un vago, larvale, senso di incertezza; l'espressione che mostrava era un mosaico di emozioni sottili, difficili da interpretare.

Il mio cuore aveva preso a battere forte, nell' attesa di un qualche tipo di reazione che, a quel punto, avrebbe definito il nostro rapporto. Avrei voluto leggere ogni sfumatura del suo sguardo, decifrare ogni minimo cambiamento delle sue iridi, nella speranza di comprendere ciò che lei non voleva, o non poteva, dire a parole. Avrei dato qualsiasi cosa per leggerne i pensieri ma, allo stesso tempo, temevo di scoprire qualcosa che avrebbe potuto... abbattermi.

La sola impressione che su tutte risaltava e che, quindi, riuscii ad individuare, era la sorpresa. I lineamenti del suo volto, infatti, risultavano lievemente tirati, tesi, gli occhi resi gemme lucenti dall'emozione.

Daphne si prese un lungo momento di riflessione, in cui osservò con attenzione prima il mio viso, poi le mie mani e, infine, la parete alle mie spalle.

La vidi ritrarsi, per poggiare la schiena al muro, a sostegno del suo corpo.

Quando finalmente il suo sguardo incontrò nuovamente il mio, fui in grado di intravedervi una punta di sfiducia. Le sue labbra si curvarono in un sorriso leggero, adombrato da una sfumatura di incertezza.

"Yuri..." iniziò, la voce lieve come una carezza "io non so cosa dire...".

Fece una breve pausa, cercando di trovare le giuste parole per esprimere i suoi pensieri.

Restio a vederne la reazione, conscio del suo stato d'animo, la precedetti: "Non devi dire nulla, non devi rispondermi".

Lei rimase in silenzio, gli occhi puntati ai miei, nel tentativo di comprendere le parole che le avevo appena rivolto.

Ed io la osservai per un momento che sembrò durare infinito.

Percorsi con lo sguardo i contorni del suo corpo: la luce opalescente del mattino, che filtrava attraverso la finestra, donava alla sua figura un fascino etereo. I lunghi capelli neri che le incorniciavano il volto, le iridi verde foresta, le labbra rosee. Il collo lungo, le spalle sottili, le dita affusolate.

Ripetei a mente il suo nome decine di volte: Daphne, Daphne, Daphne.

Una manciata di sillabe che riecheggiava incessantemente nella mia testa, mentre i ricordi dei momenti trascorsi insieme risalivano a galla.

Trovai un'indefinibile bellezza nell'esplorare tali sensazioni, nel sentire emozioni tanto intense.

Memorie sfumate iniziarono a fluire come un fiume in piena: il suo sorriso, il suono della sua risata, il modo in cui la luce danzava nei suoi occhi, quando attentamente ascoltava i miei racconti.

Il calore della sua vicinanza sembrava risvegliare in me emozioni sopite, aprendo varchi nei miei pensieri e nel mio cuore. Questo aveva preso a battere ad un ritmo diverso quando ero vicino a lei, come se il semplice fatto di essere in sua presenza riempisse ogni momento di un'intensità inaspettata.

Era man mano diventato sempre più difficile ignorare le sensazioni che mi assalivano quando parlavamo, scherzavamo o, semplicemente, condividevamo la stessa stanza.

Il suo sorriso era diventato una delle cose più luminose che io conoscessi. Mi appagava, mi spingeva a cancellare tutto ciò che mi circondava, per guardare solo lui. Il suo modo di ridere, la sua gentilezza, la sua determinazione mi avevano profondamente colpito. Ogni momento trascorso insieme era diventato un ricordo prezioso, che mi aveva riempito di emozioni contrastanti, di gioia e confusione, di desiderio di avvicinarmi a lei, di paura di spingermi troppo oltre.

Il suono di un suo sospiro, emesso più forte del dovuto, mi destò dalla trance in cui mi ero immerso.

"Sai che non posso" la sentii pronunciare.

Un'affermazione che mi aspettavo, ma che fece comunque male, che mi colpì, ferendomi a fondo.

Strinsi i pugni, tentando di nascondere la delusione dietro una maschera ilare, con l'auspicio di apparirle spensierato.

La guardai in viso, mi sorrise: "Non adesso" concluse.

A quelle parole, avvertii una piccola fiamma di speranza riaccendersi. Il senso di delusione, di sconforto, si mischiò alla consapevolezza di avere, forse, un'opportunità, un po' di fiducia, un'aspettativa di qualcosa di diverso.

Mi sforzai di reprimere il groviglio di emozioni contrastanti che aveva preso ad ingarbugliare i miei pensieri e con gli occhi incontrai i suoi. L'ombra di tristezza che li velava mi percosse dal profondo.

"Non preoccuparti." dissi "Non è il momento giusto, lo capisco".

La vidi scostarsi dal muro, un'aria provata dipinta in viso: "Mi dispiace" esalò.

Scossi la testa e scambiai con lei un sorriso lieve, prima che si allontanasse, tornandosene in camera.

Il rumore che fece la sua porta, che si chiuse alle spalle, mi permise di tornare a respirare con regolarità.

Seduto sul tavolo, rimasi a fissare il punto che aveva lasciato vuoto, assalito da un senso di smarrimento e incertezza, domandandomi ancora e ancora cosa fosse successo, arrovellandomi nei pensieri, chiedendomi, forse per la prima volta, cosa avrebbe portato il futuro.

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⏰ Letzte Aktualisierung: Dec 06, 2023 ⏰

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