Capitolo 10 | Ombre

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Mi ritrovai, così, quasi d'improvviso, a guardarla, a seguirne i movimenti, anche i più impercettibili, quasi a voler assorbirne ogni dettaglio: ogni suo piccolo sorriso, ogni suo sguardo, ogni suo gesto erano per me una sorta di scossa, un sussulto che mi partiva dal cuore, che poi si propagava in tutto il corpo. Nella luce soffusa delle lampade, nel calore dell'appartamento, nei piccoli momenti condivisi, stavo pian piano scoprendo un sentimento speciale, un'affettività diversa da tutto ciò che avevo mai sperimentato prima: più matura, più consapevole, era un'emozione che mi portava ad avvicinarmi a Daphne in maniera quasi impulsiva. In ogni istante passato insieme, in ogni risata scambiata, c'era un legame che cresceva, un'intimità che andava al di là delle sole, semplici, parole.

Nel tempo che avevamo condiviso, avevo imparato a conoscerla. Sapevo quale fosse il suo libro preferito, il suo autore del cuore, il genere letterario che più amava; conoscevo il profumo che la sua pelle emanava al mattino, quando usava la piccola saponetta al gelsomino che stazionava in bagno, su un lato del lavandino; avevo memorizzato i piccoli rituali che le permettevano di staccare dal mondo esterno: sapevo, ad esempio, che, alla sera, era solita preparare il tè alle erbe orientali, il cui profumo aromatico riempiva le pareti della cucina, mentre, al pomeriggio, optava per infusi contenenti ingredienti di stagione. Mi incantavo quando, immersa nel lavoro, arricciava con distrazione un ciuffo di capelli al dito; restavo attonito quando la sorprendevo ad arrossire lievemente, abitudine che aveva adottato in risposta alle mie solite, importune, battute. Non solo, feci di alcune sue peculiarità fisiche dei segreti solo miei. Ogni volta che mi volgeva lo sguardo, la prima cosa che notavo era la piccola voglia sulla sua mandibola, un segno impercettibile che ai miei occhi la rendeva unica. Avevo imparato a riconoscere la sfumatura esatta del suo sorriso quando era veramente felice, quella che appariva solo nei suoi momenti più autentici. Ma, più importante di tutto, avevo appreso i silenzi, i momenti in cui il suo sguardo si perdeva nell'orizzonte, lontano, silenzi che raccontavano di pensieri profondi, di ricordi dolorosi. Avevo imparato a rispettarli, a darle lo spazio di cui aveva bisogno, ma anche ad intervenire, qualora ne venisse completamente assorbita.

Mi riscoprii, in tal modo, sempre più premuroso nei suoi confronti: desideravo starle vicino, desideravo vederla, desideravo avvertire la sua presenza; questa mia cospicua attenzione, contornata dalla situazione in cui eravamo costretti a vivere, stava mettendo in risalto una gentilezza e una dolcezza in me che forse neanche sapevo di possedere. Era come se lei avesse risvegliato una parte nascosta del mio animo, una parte che premeva con forza per emergere.

Alla premura che le riservavo, diventata quindi parte naturale del mio quotidiano, Daphne iniziò ben presto, con mia grande sorpresa, a rispondere affermativamente. In pochi giorni che seguirono la sua apertura sul passato, la sua voglia di avvicinarsi, di legarsi, divenne via via sempre più evidente, cosa che rese chiara la sua tenacia, il suo sforzo immenso, di aprirsi al mondo. A poco a poco, arrivò a condividere le sue emozioni, senza essere interpellata, ad avanzare domande e a richiedere pareri. Ed io, dal canto mio, non potevo fare altro che esserne entusiasta: Daphne stava finalmente iniziando ad emergere dal suo guscio protettivo.

Vidi così nascere, formarsi, concretizzarsi tra noi una connessione speciale: il nostro legame stava crescendo, come una farfalla che silenziosa affiora dal suo bozzolo di seta, sotto il caldo sole di agosto.

Tuttavia, ero più che consapevole che dietro quei sorrisi, dietro quello sforzo di relazionarsi, si nascondeva una profonda ombra: il timore di voler bene a qualcuno, di affezionarsi, una paura che la tormentava a fondo, che le aveva negato la facoltà di vivere serenamente. Il peso di questa paura stazionava nei suoi occhi, nei momenti di silenzio in cui rifletteva sul dolore che aveva vissuto. Non potevo fare a meno di sentire una profonda empatia per lei, per tutto ciò che aveva attraversato e per il coraggio che stava dimostrando: la sua determinazione mi toccava profondamente.

E fu così che, nel processo in divenire, nel cammino che entrambi ci trovammo a percorrere, nel percorso di crescita che ci si stendeva dinanzi, inevitabilmente, finimmo per avvicinarci.

Allo sciogliersi della neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora