Capitolo 2 | Differenze

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Passai i primi giorni di convivenza con Daphne condividendo una sorta di danza sottile con lei, una danza in cui, in presenza l'uno dell'altra, ci sforzavamo di muoverci in punta di piedi. Nonostante io cercassi di essere il più gentile e rispettoso possibile, sembrava che lei evitasse deliberatamente il contatto con me. Era come se ci fosse una barriera invisibile tra di noi, un muro possente, uno sbarramento che ci divideva e che, inizialmente, provai ad abbattere.

Tra i problemi principali spiccavano i nostri ritmi di vita: mentre io ero solito alzarmi presto la mattina, pronto ad affrontare la mia sessione di allenamento quotidiana, Daphne, nottambula, era spesso impegnata a lavorare fino a tardi. La mia carica mattutina sembrava irritarla e le sue rumorose notti attive mi rendevano difficile il sonno. Il risultato era che i nostri incontri erano limitati esclusivamente al mattino o alla sera, in concomitanza con i pasti quotidiani, con i visi imbronciati e senza quasi mai scambiarci una parola.

Le differenze, naturalmente, non si limitavano soltanto agli orari. La mia disorganizzazione in casa, con gli abiti sparsi qua e là e le scarpe da ginnastica abbandonate ovunque, lo so, era quasi insostenibile. Ma la precisione e l'ordine di Daphne, al contrario, erano, oserei, detestabili: ogni volta che metteva piede in salotto o in cucina, iniziava a ripulire e a riorganizzare le superfici, come fosse un tic; il mio disordine la infastidiva profondamente, cosa che non si sforzava affatto di nascondere.

Era evidente, inoltre, che in mia presenza cercava di mantenere una certa distanza, come se temesse di aprirsi con me. Questa sua quiete, però, mi permise di osservarla con discrezione: riservata e tranquilla, sembrava preferire la solitudine, immergendosi spesso nel suo mondo fatto di libri; i suoi silenzi erano spesso interrotti soltanto dal suono dei tasti del suo computer mentre lavorava, dallo sfogliare delle pagine di un romanzo oppure dal suono di una melodia malinconica che risuonava tra le pareti della sua stanza; ne risultava quindi una creatura prevalentemente notturna, spesso immersa nei suoi pensieri, schietta e profondamente emotiva.

La sua freddezza, però, iniziò presto ad infastidirmi. Da parte mia, desideravo soltanto un contatto umano, un sorriso, un'apertura, ma lei si mostrava ostinata a starmi lontano, quasi a proteggersi... non so da cosa, non so da chi.

Nel tentativo di trovare un po' di serenità, cercai di coinvolgerla in alcune delle mie solite attività: "Daphne, vuoi vedere un film?" le chiesi una sera, sperando che il mio stratagemma si trasformasse in una buona occasione per condividere un momento di socialità.

Dalla cucina, lei alzò gli occhi dalle stoviglie che stava asciugando, lo sguardo sottile, e in tono disinteressato rifiutò. Fine.

Nei giorni seguenti avanzai altre proposte, ma ogni mio tentativo di avvicinamento sembrava infrangersi contro una barriera invisibile, che Daphne continuava a mantenere alzata con fermezza.

Le tensioni si stavano accumulando. La mia energia cominciava a vacillare, sopraffatta dall'impassibilità della mia coinquilina.

Una sera, dopo l'ennesima cena silenziosa, decisi di affrontarla: "Posso chiederti una cosa?" avanzai.

Lei alzò lo sguardo, sorpresa da quella richiesta improvvisa. "Dimmi"

"Perché sei così distante?".

Esitò, prima di rispondere. "Senti, non è nulla di personale. Ho solo bisogno dei miei spazi"

"E allora, perché hai deciso di condividere casa?".

Fui glaciale, troppo. Daphne ammutolì. A stento respirò. Sentivo i suoi occhi puntati addosso, due lance affilate che mi trafiggevano il cranio. Poi la sedia stridì e la sentii allontanarsi dal tavolo. Prese le stoviglie che stava usando e le lasciò nel lavandino.

"Torno al lavoro" disse, uscendo dalla cucina.

Il suono dei suoi passi, volutamente pesante, venne interrotto soltanto dal frastuono che fece la porta della sua stanza, che venne sbattuta con forza.

Soltanto in quel momento mi accorsi che per tutto il tempo, durante il nostro breve scambio di battute, non l'avevo mai guardata... mi ero rifiutato di farlo. Ero amareggiato, afflitto dalla situazione che si era creata e che io, con quella singola domanda, avevo peggiorato inesorabilmente.

La nostra convivenza, già difficile dal principio, era diventata problematica.

Allo sciogliersi della neveOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz